Con un semplice fax, lo scorso 5 agosto, Giancarlo Cimoli revocava al Sult i diritti sindacali (e si parla del sindacato più rappresentativo per gli assistenti di volo). Ora il Sult sceglie le vie legali, presentando un esposto alla magistratura in cui si denuncia un presunto accordo tra la società di gestione dell’aereoporto di Alghero e la Ryanair. E una seconda denuncia, contro Alitalia, per l’utilizzo di personale precario. «Due facce della stessa medaglia», dicono dal quartier generale del Sult. Il primo esposto, indirizzato alla Procura di Sassari, prende il via da quanto denunciato pochi giorni fa dal quotidiano Il Sole 24Ore: tra la società di gestione dell’aereoporto di Alghero e la Ryanair esisterebbe un accordo che prevede sostanziosi contributi alla compagnia low cost. Si tratterebbe di una serie di «facilitazioni» sui servizi di terra, come la tassa sugli atterraggi, le pulizie o il carico e scarico bagagli. «Sconti» per aumentare il traffico, che potrebbero essere utilizzati da molti altri piccoli aereoporti del nostro paese. Di fatto, spiega Vincenzo Siniscalchi del Sult, «una sovvenzione alle low cost che falsa la concorrenza e contribuisce a destrutturare il sistema di trasporto aereo del nostro paese». Con tutta una serie di corollari. In primo luogo, il fatto che queste società aereoportuali sono in gran parte di proprietà pubblica e dunque lo Stato finanzierebbe compagnie che fanno concorrenza sleale alla compagnia di bandiera di cui quello stesso Stato è proprietario. E poi il fatto che per un piccolo aereoporto, aumentare il traffico e superare ad esempio i due milioni di passeggeri all’anno, significa ricevere moneta sonante dallo Stato. La compagnia irlandese Ryanair ha confermato l’esistenza di «contratti ufficiali». «Ma allora – chiedono dal Sult – perché ad Alitalia no?». La compagnia di bandiera italiana si è limitata a riconoscere, la settimana scorsa, l’esistenza di favoritismi alle compagnie low cost. «Follia o che cos’altro?» domanda di nuovo il Sult.
Con il secondo esposto invece, indirizzato ad Alitalia, si chiede alla magistratura di indagare sull’uso che la compagnia fa del personale precario. Si tratta degli assistenti di volo con contratto a tempo determinato, quelli che un tempo – spiega Francesco Staccioli del Sult – erano «lavoratori stagionali», assunti cioè per coprire periodi ad alta intensità di lavoro. In genere però, dopo tre o quattro stagioni, venivano assunti. Adesso non accade più. Sono quasi mille, un quarto della forza lavoro (se si considera quella «a libro matricola»), che corrisponde al 35%-40% (secondo il Sult) della forza lavoro effettiva. La maggior parte va avanti a suon di rinnovi da sette o otto anni. Ma quello su cui il Sult chiede alla magistratura di indagare, oltre al numero di questi contratti che sarebbe superiore a quanto consentito dalla legge e dal contratto, riguarda il negato accesso per questi lavoratori alla parità di trattamento.
Staccioli aggiunge che non possono chiamarsi «stagionali» dipendenti che lavorano dai 6 ai 10 mesi all’anno. Le ultime assunzioni corpose per il comparto degli assistenti di volo sono state fatte nel 2000, e la carenza di organico viene coperta utilizzando (storia nota) questa sacca di precarietà. Per gli «stagionali» l’orario di lavoro supera spesso il tetto delle 14 ore giornaliere previste; il riconoscimento di anzianità è quasi un miraggio; ferie, licenze matrimoniali, congedi parentali esenzione dal lavoro notturno, anche. E non perché sono sottoposti ad una forma contrattuale differente. Semplicemente perché sono estremamente ricattabili, e dunque la domanda è sempre una sola: «Ma se dico di no, poi il contratto mi sarà rinnovato?».
Per quanto riguarda i entrambi gli esposti bisognerà comunque aspettare la decisione dei magistrati. Negativo resta peraltro il giudizio sulle prospettive di Alitalia all’indomani della ricapitalizzazione. Non solo da parte del Sult, ma anche da quella dei sindacati confederali, che in merito si pronunceranno oggi.