Immigrazione, il governo passi dalle petizioni di principio all’ascolto degli interessati

Il programma elettorale dell’Unione, rispetto al capitolo immigrazione, ha rappresentato un punto alto di elaborazione sia nel metodo che nel merito ed in esso si addensano ovviamente molte aspettative che non possono e non devono essere frustrate.
Certo che la prima stranezza è che i protagonisti di oggi negli incarichi di Governo sono totalmente diversi dai protagonisti della stesura del programma e addirittura, i protagonisti di oggi, spesso ostentano la loro non conoscenza del programma.

Ma veniamo ai fatti, che ci siano dei segnali molto forti di discontinuità con il passato governo è evidente, ma il punto è che siamo ancora ad affermazioni di principio, ad una scarsezza di atti e risultati concreti, e soprattutto in una situazione di idee e proposte scoordinate senza che si sia impostato un tavolo di confronto, un cantiere di lavoro credibile, con tutti i soggetti interessati.

Quando dico “soggetti interessati” mi riferisco ovviamente a un vasto mondo dell’associazionismo e del volontariato che ha scelto da anni di dedicare la propria “mission” a assistere e alleviare le sofferenze dei migranti, ma vorrei che si riflettesse sulla differenza che c’è fra l’utilità per il Governo di farsi consigliare da persone esperte, competenti e sensibili, e la necessità di dar luogo ad un confronto concertativo con la rappresentanza sociale dei lavoratori immigrati e quindi con il sindacato confederale che organizza oltre mezzo milione di lavoratori immigrati.

Se questo confronto non c’è, dubito che si possa arrivare ad una seria e condivisa riforma della legislazione sull’immigrazione.

Sento spesso parlare di tempi e modi e di priorità, ma credo che anche questo debba essere oggetto di un tavolo di confronto.

Infatti se l’idea è quella di dire, prima ci sono le emergenze e poi c’è la riforma della Bossi-Fini, io non sono d’accordo, perché credo che l’emergenza sia proprio la Bossi-Fini e che da essa derivano gran parte dei fenomeni più acuti di irregolarità, irrazionalità, intoppo e paradosso.

Se poi si accantona la discussione sulla Bossi-Fini e si affronta fra le emergenze la cittadinanza, affidata ad un disegno di legge che percorre un iter parlamentare che, Dio solo sa, quanto arriverà in porto, allora, mi pare che non ci siamo.

Per altro sulla riforma della cittadinanza che, come Cgil, consideriamo un asse strategico, l’unica consultazione ha riguardato la consulta islamica che, oltre ad essere assolutamente insufficiente, ci pare anche un interlocutore improprio. Una consulta islamica, nominata dal vecchio ministro dell’Interno con il criterio della scelta di persone di sua fiducia.

Mi pare francamente che le priorità, siano altre. La prima è senz’altro quella della regolarizzare i 520mila lavoratori del decreto flussi di quest’anno che fra l’altro consentirebbero di far emergere circa l’1,5% del Pil e garantirebbero entrate fiscali e contributive importanti ai fini della stessa manovra finanziaria.

Purtroppo con le procedure burocratiche previste dalla Bossi-Fini e le carenze spaventose degli sportelli unici per l’immigrazione e dei consolati questa regolarizzazione rischia di trascinarsi per i prossimi 2 anni con il rischio di vanificare la sua stessa efficacia.

Per affrontare questa emergenza burocratica è bene chiamare a raccolta tutte le energie e i sindacati e le associazioni datoriali hanno dato una disponibilità attraverso i loro patronati, a patto che non si snaturi il ruolo e la funzione dei patronati stessi che sono istituti di assistenza e tutela degli utenti, ma non si può pensare di risolvere i problemi strutturali senza interventi altrettanto strutturali.

La finanziaria, per esempio dovrebbe trovare, risorse e strumenti per intervenire su questo punto e invece, da una prima lettura, mi sembra che questo tema sia assolutamente trascurato.

L’ nico punto di rilievo è il ripristino del fondo per l’inclusione degli immigrati introdotto dalla Turco-Napolitano e poi azzerato dal governo Berlusconi, ma la posta è di appena 50 milioni di euro (quando è stato istituito nel 1998, 8 anni fa, quando l’immigrazione era meno di un terzo rispetto ad oggi la posta era più alta: 124 miliardi delle vecchie lire).

Non c’è nulla per potenziare gli sportelli unici, nulla per ovviare il trasferimento di competenze agli enti locali, nulla per defiscalizzare gli oneri del lavoro di assistenza familiare e nulla per risolvere la discriminazione sul “bonus bebé”, al contrario la finanziaria aumenta di 25 euro la tariffa per il visto d’ingresso degli immigrati a fronte di un servizio scandalosamente inefficiente dei nostri consolati.

E’ quindi assolutamente irrinviabile la necessità che si apra un tavolo di confronto e che si avvii un percorso trasparente e partecipato.

A questo fine occorre far sentire la nostra voce e quella dei lavoratori immigrati come è già stato fatto con l’iniziativa di sabato 7 ottobre, a seguire con la manifestazione del 21 ottobre a Foggia e infine con la manifestazione nazionale il 16 dicembre in occasione della giornata internazionale dei lavoratori migranti.

*responsabile immigrazione Cgil