«Immigrati, 2 mila firme per il voto»

Anjana è nata a Calcutta ma vive a Bologna dal 1980, ha due figli, di 15 e 24 anni, entrambi nati in Italia. «Sono stata tra le prime immigrate bolognesi, avevo poco più di ventuno anni; mi ricordo che, appena arrivata, venne da me per intervistarmi una laureanda che faceva una tesi sul primo flusso immigratorio femminile indiano». Da ventisei anni Anjana contribuisce alla vita sociale, economica (e fiscale) italiana ma, come quasi tre milioni di immigrati in Italia, la sua partecipazione politica è menomata. Anjana non ha mai votato: né in India, dove è possibile solo dai ventuno anni in su, né in Italia, fino a che non le verrà dato il permesso. «Io vorrei votare, pago le tasse in India, dove ho una casa, e le pago qui. Non è giusto che si facciano leggi che riguardano anche noi senza avere la possibilità di esprimere un parere. Io sono una cittadina bolognese, no?».
Lo scorso primo maggio «Siamo tutti cittadini», un comitato di cittadini italiani e stranieri, ha lanciato una campagna per estendere il diritto di voto attivo e passivo alle elezioni amministrative per le donne e gli uomini migranti residenti a Bologna. L’obiettivo è una raccolta di duemila firme entro fine luglio per una delibera comunale di iniziativa popolare e altrettante, ma per il 30 luglio, per indire un’istruttoria pubblica sulle condizioni di vita dei migranti in città. Ad ormai vent’anni dal loro apparire, i flussi migratori verso Bologna non possono più essere considerati un fenomeno eccezionale. Nel comune di Bologna risiedono circa 30 mila immigrati regolari – il 7,2 per cento della popolazione – che lavorano, studiano, adempiono a tutti i loro doveri civili all’interno del comune. Per rendersi conto del loro peso nell’economia cittadina, basterebbe osservare quanti di loro riempiono i pullman e i treni che la mattina si dirigono verso i distretti industriali della cintura bolognese, oppure ascoltare le lingue che si parlano nei cantieri edili.
Il centro storico di Bologna è rinato, si è arricchito di colore e attività commerciali grazie alle decine di piccole botteghe aperte dai cittadini pakistani, indiani, bengalesi e sudamericani. Anjana potrà scegliere i suoi rappresentanti alle prossime lezioni locali? Domenica scorsa il comitato, che raccoglie decine di associazioni di immigrati del territorio, ha organizzato una giornata di dibattito a Villa Angeletti per fare il punto sulla campagna. In quell’occasione si è parlato anche dell’istruttoria pubblica sulle politiche per l’immigrazione, per la costruzione di una città multiculturale in cui siano rispettati i diritti alla casa e al lavoro, con l’obbiettivo di ipotizzare percorsi di reale partecipazione della popolazione migrante presente nel territorio bolognese. La consegna delle firme avverrà simbolicamente il 27 giugno, quando ci sarà una gran festa sotto Palazzo d’Accursio con musiche e balli da ogni parte del mondo. «Non vogliamo semplicemente la concessione di un diritto – dice Armando Quattrone, tra i promotori della campagna – abbiamo creato uno strumento attraverso il quale i migranti stessi autorivendicano i propri diritti negati. Ed è anche per questo che più della metà delle firme raccolte finora (1500 per ciascuna delle petizioni) sono firme di migranti, e della restante parte sono prevalenti quelle degli studenti fuorisede. C’è una Bologna che vuole prendersi il proprio spazio di espressione politica, che rifiuta la futile crociata sulla legalità e richiede con forza il riconoscimento di nuovi diritti e la predisposizione di nuove politiche». Se a fine giugno la campagna di «Siamo tutti cittadini» avrà dato i suoi frutti, il consiglio comunale di Bologna non sarà il primo a esprimersi sull’allargamento del diritto di voto ai migranti residenti, cosa già avvenuta in altre città come ad esempio Genova.
Sotto le Due Torri si seguiranno le tracce di Genova, Torino, Forlì, Ancona, della provincia di Pisa e di altre amministrazioni di piccoli comuni. In ognuno di questi casi, o quasi, le delibere sono state annullate dal Consiglio di Stato. Il governo Prodi ha l’opportunità di dare piena attuazione alla Carta Costituzionale che, all’articolo 48, individua nel cittadino il portatore del diritto di eleggere ed essere eletto. Si tratta di adeguare alla mutata situazione sociale italiana il concetto di cittadinanza.