Imam allarmati. E c’è chi invita a pregare per le «vittime innocenti» afghane

ROMA – Il sentimento che domina è l’incertezza. Non tanto per quello che potrebbe succedere oggi ai musulmani residenti nel nostro Paese: «Il popolo italiano ci rispetta e non ci farà del male: sanno bene che non siamo dalla parte dei terroristi». Ne sono convinti gli imam d’Italia e lo ripetono in coro. Il pericolo lo vedono piuttosto nel futuro: «Questa guerra ha un obiettivo preciso, quello di minare le radici della convivenza, di costringerci a uno scontro fra civiltà». Con una conseguenza indesiderata: «Gli attacchi americani finiranno per fare di Bin Laden un simbolo per una parte dell’Islam, quando prima non lo era». Mohamed Anour Dachan spiega subito come la pensa: «Venerdì pregherò per le vittime innocenti dell’Afghanistan, così come ho pregato un mese fa per le vittime americane del World Trade Center». Lo farà nella moschea che dirige ad Ancona, ma Mohamed è anche il presidente dell’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia, un’associazione che raccoglie 130 sigle di musulmani presenti sul nostro territorio: «Siamo contro il terrorismo, ma non possiamo appoggiare l’intervento americano. Esiste una giustizia, ci sono anche i tribunali internazionali: portino Bin Laden a un processo così come hanno fatto con Milosevic e poi se ne riparla. Ma io non credo che abbia agito da solo. Bisogna capire meglio quali sono i veri mandanti. E comunque non si può condividere l’uso della forza contro la popolazione innocente dell’Afghanistan: sarebbe come bombardare l’Italia dopo aver scoperto che un mafioso americano è originario di questo Paese».
Abdel Aziz, invece, è l’imam della «moschea della pace» che sorge in corso Giulio Cesare a Torino, oltre 600 persone alla preghiera del venerdì: «Siamo molto tristi perché convinti che gli attacchi americani colpiranno anche la popolazione civile. Così com’è successo dieci anni fa in Iraq portando quel popolo alla fame. La verità è che dietro a questa guerra ci sono interessi strategici. Agli Stati Uniti interessa quel Paese per controllare la regione. È giusto colpire i terroristi, ma le colpe non possono ricadere sui popoli». E qui tira fuori il discorso sulle prove: «Dicono di essere sicuri della colpevolezza di Bin Laden: perché non le rendono note a tutti? Allora sarebbe giusto colpirlo come è giusto colpire tutti i terroristi. Altrimenti una parte dei musulmani comincerà a dire che ha ragione lui. E da colpevole diventerà un vero e proprio simbolo creando tantissimi problemi in tutti i Paesi a maggioranza islamica». Insomma, i bombardamenti su Kabul sarebbero «controproducenti» perché Bin Laden «prima non aveva tanta forza mentre ora tanta gente comincia a rivolgersi a lui».
Sempre a Torino, l’imam della moschea di Porta Palazzo, Bouriq Boutcha, ragiona allo stesso modo: «I musulmani condannano il terrorismo contro gli americani così come l’attacco contro il popolo afghano». E decide di partecipare, con una cinquantina di fedeli, al corteo «per la pace e contro la guerra» del Torino Social Forum mentre l’Unione delle comunità arabe di Hamoud Khalil sceglie di non scendere in piazza preferendo convocare un’assemblea per discutere del problema: «Vista la confusione che si sta facendo non vogliamo mischiarci con tutte le manifestazioni».
A Roma, nella grande moschea di Monte Antenne, il segretario del centro islamico Abdellah Redouane preferisce il silenzio e l’imam Mahmoud Sheweita annuncia che esporrà il suo pensiero durante la preghiera del venerdì. Parla invece il rappresentante in Italia della Lega musulmana mondiale, Mario Scialoja. E affronta direttamente la questione palestinese: «Per sconfiggere il terrorismo bisogna risolvere i problemi politici che sono alla base dei maggiori conflitti: Israele deve mettere in pratica gli accordi che erano stati raggiunti. Perché se è vero che Bin Laden non può unificare l’Islam, né proporsi come la sua guida unica, è altrettanto vero che si deve risolvere la causa sulla quale punta per ottenere il consenso dei musulmani».
Ma a Roma non c’è solo Monte Antenne. Di quel che sta succedendo in Afghanistan si parla in tutti i luoghi di preghiera, numerosi nella grande periferia. Insiste Samir Khaldi, l’imam di Centocelle: «Come tutto il mondo civile noi musulmani ripudiamo il terrorismo. Ma siamo anche contro la guerra, perché un atto di violenza porta sempre nuova violenza». Conclusione: «Invece di bombardare Kabul e le altre città afghane si doveva e si poteva isolare i terroristi. Invece con gli attacchi angloamericani si rischia di scatenare una reazione opposta perché non si fa altro che aumentare l’odio nei confronti dell’Occidente».