Il voto è mobile

Sei milioni di elettori in più rispetto alle europee del ’99, ma nei confronti delle politiche del ’96 la partecipazione al voto non è aumentata come tutti pensavano domenica osservando le file ai seggi. O come lasciavano presagire le rilevazioni delle 12, delle 19 e l’affermazione di Bianco: alle 21,30 ha già votato il 78-80 per cento degli elettori. Tre ore dopo la dichiarazione del ministro, si è saputo che la percentuale alle 21,30 era di poco superiore al 75%. Visti i dati finali, nell’ultima mezzora (teorica) di voto, hanno infilato nell’urna le loro schede un altro 6% di votanti, all’incirca 3 milioni.
Sia alla camera che al senato i votanti hanno superato l’80%, ma la percentuale, elevata, è inferiore a quella delle precedenti politiche: al senato è scesa dall’82,2 all’81,3%, mentre per la camera si è passati dall’82,9 all’81,2% per cento, un segnale che i giovani sembrano meno interessati alla politica. Le elezioni politiche, però, hanno contribuito a far alzare la media dei partecipanti al voto delle amministrative che hanno interessato in varie forme quasi tutte le regioni, con l’esclusione, tra le grandi, della Sicilia: rispetto alle precedenti amministrative la percentuale dei votanti è salita dal 76,2 all’81,2%.
L’analisi disaggregata mostra che la partecipazione al voto, come al solito, non è stata omogenea. Con riferimento alle percentuali della camera, ancora una volta la regione a maggior partecipazione è risultata l’Emilia Romagna: l’88,8% dei cittadini sono andati a votare, ma nel ’96 erano stati il 91,3%. La regione nella quale si è votato di meno questa volta è stato il Molise con il 69,7%. Però l’effetto Di Pietro si è fatto sentire: nel ’96 aveva votato solo il 68%, la percentuale più bassa dopo quella della Calabria. Questa volta la Calabria ha fatto uno scatto in avanti di oltre 3 punti e la partecipazione al voto è salita al 70,7%. Più in generale, in tutte le regioni dell’Italia meridionale la partecipazione al voto è aumentata, salendo dal 75,1 al 76,2 per cento. In tutte le altre grandi aree, invece, c’è stato meno afflusso. Nell’Italia settentrionale la quota è scesa dall’88,3 all’85,1% (è precipitata nel Friuli-venezia Giulia scendendo dall’86,2 all’82,1 per cento). Nel centro la percentuale è diminuita dall’86,8 all’84 per cento; mentre nelle isole è scesa di mezzo punto dal 72,5 al 72 per cento.
La relativa mobilità nella partecipazione al voto è stata accompagnata da una mobilità decisamente superiore nella destinazione dei voti. Nei prossimi giorni gli esperti forniranno analisi approfondite dei flussi: però, già da una analisi superficiale sui risultati nelle quattro grandi circoscrizioni, emerge l’estrema fluidità dell’elettorato con comportamenti contraddittori e spesso antitetici. Prendendo i dati del senato (e limitandoci ai partiti o aggregazioni maggiori) dalle 27.105 sezioni del Nord Italia emerge una forte flessione dei partiti che fanno riferimento alla Casa delle libertà. Domenica Polo più Lega hanno conquistato, infatti, il 42,2% delle preferenze, mentre nel ’96 la somma dei voti era del 53,2% (32,6% il Polo; 20,6% la Lega). L’Ulivo nel ’96 era al 37,7%, percentuale alla quale va agggiunto il 2,3% dei progressisti (il simbolo con il quale si presentava Rifondazione). In totale, quindi l’area Prodi conquistò il 40%. Domenica l’Ulivo da solo ha raggiunto 37,3%; lo 0,8% è andato alla Svp; il 4,9% a Rifondazione. Sommando, si arriva al 43%, più di quanto raccolto dalla Cdl.
I dati proporzionali della camera (non ancora definitivi) ci consentono di capire i flussi all’interno delle coalizioni (attuali o ex). All’interno della Cdl c’è stato il crollo della Lega: dal 20,5% a poco più dell’8%. Trionfa, invece, Forza Italia che sale dal 20 al 29,9%; si dimezza il biancofiore (dal 4,8% al 2,4%, con l’attenuante che l’Udeur ha preso un’altra strada); perde un paio di punti An che scende dall’11 al 9 per cento.
Sul versante centro-sinistra i Ds (nel ’96 Pds) perdono tre punti e conquistano il 15,6%, Rifondazione scende dal 7,5 al 5% (6,5% aggiungendo per omogeneità i voti dei Comunisti italiani); i verdi che da soli avevano il 2,6% scendono (con lo Sdi) al 2%; la Margherita conquista il 15% rispetto a un 12% dell’area che faceva riferimento a Prodi.
Nel Centro Italia la Cdl (sempre al senato) ha ricevuto il 40,2% dei voti. Nel ’96 Polo più Lega avevano il 41,2%. L’Ulivo ha conquistato il 45,3% che sale al 51% sommando i voti di Rifondazione. Nel ’95 aveva il 49,3%, (52,5% con il 3,2% dei Progressisti). Dai dati del proporzionale della camera emerge che Fi ha conquistato 8 punti in più del ’96, massacrando i suoi alleati. All’interno dell’Ulivo, i Ds perdono quasi 5 punti rispetto al Pds, mentre Bertinotti lascia per strada 5 punti, non bilanciati dallo striminzito 1,9% di Cossutta. La Margherita, invece conquista il 15%.
Nel Sud l’Ulivo (aggiungendo Rifondazione) prende il 43,4%, rispetto al ’96 la perdita è secca, visto che allora sfiorarono il 46%. Leggera discesa anche per la Cdl che fatica a raggiungere il 43% abbondantemente superato nel ’96. Anche al Sud Fi fa il pieno e supera il 30%, otto punti in più, all’incirca quanti ne perde Fini. Si dimezza il biancofiore. I dati del Sud evidenziano una tendenza a differenziare il voto tra camera e senato, tra maggioritario e proporzionale.
Infine le isole. Il Polo ha fatto il pieno in Sicilia, conquistando tutti i collegi del maggioritario sia al senato che alla camera. Al senato la Cdl sale dal 43% a oltre il 48%, una percentuale che premia ancora ua volta Fi che supera il 35% (come la vecchia Dc), penalizza An, mentre il biancofiore conserva le posizioni e si attesta attorno al 7%. L’Ulivo, invece, si ferma al 33%, contro il 43% che aveva conquistato assieme al Partito sardo d’azione nel ’96. Per i ds la perdita è netta (quasi 6 punti, fino a poco più dell’11%), Rifondazione si dimezza (è sotto il 4%) mentre la Margherita supera il 13% nonostante la concorrenza di D’Antoni e Zecchino.