Il vecchio Fatah gioca la carta del ricambio

La campagna elettorale palestinese ha vissuto le ore più colorate e intense ieri a Ramallah. Cortei con bande musicali e boy-scouts hanno attraversato la città per tutto il giorno, autocarri con gli altoparlanti hanno diffuso a tutto volume i discorsi dei candidati e canzoni patriottiche. I manifesti elettorali non hanno lasciato vuoto il più piccolo spazio sui muri del centro, mentre sui tetti sventolavano le bandiere dei (troppi per qualcuno) partiti presenti. Al-Fatah ha occupato con i suoi vessilli gialli piazza Manara; il movimento islamico Hamas invece ha issato le sue bandiere verdi su tutti gli edifici intorno alla moschea Abdel Nasser di Al-Bireh, uno dei comuni che ha conquistato alle amministrative. Si vota domani, in serata gli exit-poll diranno quale lista avrà conquistato la maggioranza relativa dei voti e, soprattutto, se al Fatah sarà riuscito a contenere l’incredibile crescita di Hamas che, secondo i sondaggi, si è ulteriormente rafforzato negli ultimi giorni. Che tempo farà? Si prevede una ondata di freddo in Cisgiordania e questo potrebbe favorire Hamas. «Gli elettori del movimento islamico sono molto motivati, andranno alle urne anche con temperature polari. al Fatah perciò dovrà impegnarsi per portare ai seggi i suoi sostenitori e sconfiggere il generale inverno», dice Hafez Barghuti, il direttore del quotidiano Al-Hayat Al-Jadida. Tutti o quasi dicono che al Fatah vincerà le elezioni, anche se nessuno è in grado di prevedere con quale differenza di voti rispetto ad Hamas: si parla di un minimo di due-tre punti percentuali ad un massimo di dieci.

Il sistema elettorale – 50% proporzionale e 50% maggioritario – potrebbe però assegnare ad Hamas un numero di seggi uguale se non addirittura superiore a quello di al Fatah. Gli islamisti sono molti forti in alcune città importanti come Gaza city, Nablus, Hebron. Al Fatah invece raccoglie ampi consensi nei centri rurali che assegnano un numero minore di seggi. In ogni caso se il partito del presidente Abu Mazen riuscirà a portare a casa la vittoria, dovrà ringraziare Marwan Barghuti. L’intervista al «comandante dell’Intifada» (in carcere in Israele) e trasmessa domenica dai canali satellitari arabi Al-Jazira e Al-Arabiya ha riscosso grande successo. «Ha ridato fiducia ai militanti di base, li ha convinti che la via della rinascita può essere intrapresa con successo», ha spiegato Hatem Abdel Qader, candidato di al Fatah a Gerusalemme est. Marwan Barghuti ha fatto riferimento alla lotta alla corruzione interna e all’alleanza futura tra tutte le forze palestinesi che non si arrendono all’occupazione israeliana. E soprattutto ha parlato di rilancio di al Fatah attraverso il congresso nazionale che verrà convocato quest’anno e che dovrà portare ai vertici del partito la nuova generazione.

«Le elezioni di domani rappresentano un punto di partenza per al Fatah che punta a riconquistare il potere e a limitare l’influenza di Hamas sulla politica nazionale», spiega Fares Abu Rish, 37 anni, un attivista del campo profughi di Al-Amari, alle porte di Ramallah. «Per anni Al-Fatah ha rappresentato le nostre aspirazioni, ha lavorato per migliorare la condizione dei palestinesi e per uno Stato indipendente. Poi ha perduto l’orientamento, si è lasciato conquistare dalla corruzione e ora deve fare i conti con Hamas. È il momento di tornare al passato per costruire il futuro», aggiunge. Mohammed Horani, uno dei principali esponenti della nuova generazione, è persuaso che «senza una rivoluzione ai vertici del partito», ovvero nel Comitato centrale e nel Consiglio rivoluzionario, non sarà possibile ottenere i risultati che tutti i militanti vogliono. «Dobbiamo cambiare, rinnovarci, la vittoria elettorale è l’occasione giusta per mettere ai posti di comando la generazione cresciuta tra la prima e la seconda Intifada». L’ombra di un passato torbido tuttavia continua a pesare come un macigno sulle possibilità di rilancio del partito. Grandi manifesti con il volto dell’ex ministro degli affari civili Jamil Tarifi dominano le facciate degli edifici più alti e dei centri commerciali di Ramallah.

«Tarifi è il simbolo della corruzione nell’Anp e in Al-Fatah e anche se a queste elezioni si presenta come indipendente, rischia ugualmente di danneggiarci. Quell’uomo va processato, condannato e sbattuto in prigione», protesta Maher Tahlami, un commerciante di via Giaffa, che dice di aver militato tutta la vita in Al-Fatah. Ma è possibile programmare una rinascita nel nome del «presidente martire» Yasser Arafat e di una storia gloriosa mentre Marwan Barghuti, il leader più prestigioso vive confinato in una cella di pochi metri quadrati? «È uno svantaggio notevole – sottolinea Horani – ma Marwan sarà sempre un faro per il popolo palestinese e quindi l’unico che può tenere in alto al Fatah».