«Il testo concordato dall’Unione va ripristinato»

Riprendiamo l’intervista concessa al manifesto da Cesare Damiano, responsabile lavoro dei Ds, non certo perché ne condividiamo le idee ed i progetti in materia di lavoro. Conosciamo bene a cosa corrisponde, nei fatti, la “buona flessibilità” di cui si fa spesso paladino: una precarietà insostenibile di condizione e di diritti e dunque una precarietà di vita.
È a maggior ragione significativa, dunque, l’asprezza dei toni con cui Damiano giudica la bozza di Prodi proprio in relazione a questioni dirimenti come la legislazione sul lavoro.
Una bozza che, rispetto al testo originario, ha subito notevoli peggioramenti.
Si arretra – dice Damiano – rispetto ad un testo da cui – diciamo noi – era già assente qualsiasi volontà di abrogare la legge 30 e di cancellare le figure dei co.co.pro e del lavoratore interinale.
Nella riscrittura della bozza è stato tolto anche il credito d’imposta destinato a chi assume a tempo indeterminato.
Non ci pare proprio la direzione giusta.
S.O.

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«Gli elementi fondamentali dell’accordo che avevamo raggiunto a quel tavolo vanno mantenuti, sono il frutto di mesi di confronto, se non di anni». Il coordinatore sui temi del lavoro per il programma dell’Unione, Cesare Damiano (Ds), ha inviato nei giorni scorsi una lettera ufficiale a Paolo Onofri e dunque a Romano Prodi, per chiedere il ripristino del testo stravolto rispetto alla sua originaria scrittura (vedi anche il manifesto di martedì 17 gennaio, che denunciava la manipolazione operata dai «prodiani»). Un testo, quello originario, già tiepido rispetto alla legge 30 (di cui non chiede l’abrogazione), ma che nella riscrittura ha subito dei notevoli peggioramenti. Ne abbiamo parlato con Damiano.

Dunque concordate sul fatto che il testo sia stato rimaneggiato, e quali punti, in questo caso, chiedete che vengano ripristinati?

La riscrittura del testo tralascia punti che ritengo fondamentali: riattivare il credito di imposta destinato a chi fa assunzioni a tempo indeterminato, innanzitutto, che fa la differenza tra l’impostazione dell’attuale governo e quella del precedente. E poi non c’è più la contrarietà che avevamo espresso al decreto 276, applicativo della legge 30, e al decreto 368 sui contratti a termine. Sul pubblico impiego, poi, avevamo affermato che i servizi tutelati costituzionalmente devono essere parte integrante dell’intervento pubblico e che non debbano essere esternalizzabili. Altro tema importante, quello sulla rappresentatività sindacale: avevamo fatto riferimento alla legge Bassanini per il pubblico impiego e alla possibilità di estenderla al privato, oltre all’esigenza di fornire un quadro legislativo di sostegno al tema. Punti che il testo deve assolutamente ripristinare.

Restando alla legge sulla rappresentanza, la fareste anche se non si raggiungesse un accordo tra i sindacati?

L’accordo sindacale fa sempre premio per temi delicati come questi, ma ritengo comunque possibile arrivare a una legge.

Gli altri partiti hanno denunciato che con il «rimaneggiamento» è stata cancellata anche la contrarietà alla direttiva Bolkestein.

A dire il vero già nel testo concordato non c’era riferimento alla Bolkestein. Personalmente sono contrario alla «clausola del paese di origine» (applicare in tutta Europa i contratti del paese di provenienza del lavoratore, ovunque presti la propria opera, ndr), ma nel programma il tema non c’è perché non abbiamo mai raggiunto un accordo.

Quanto ai contratti a termine, si parla solo di percentuali e causali, ma non di un limite alla reiterazione. Non dovreste inserirlo? Altrimenti uno stesso lavoratore può soddisfare la causale di utilizzo e stare formalmente nella percentuale consentita, ma magari ripeterà il contratto precario per venti o più anni.

Sui contratti a termine abbiamo chiarito due principi chiave: non devono costare meno di quelli stabili, e devono raggiungere una soglia massima rispetto al totale dell’occupazione dell’impresa. Ma certo, osservando alcuni dati recenti si vedono fenomeni inaccettabili. In Emilia Romagna, ad esempio, lo stock degli occupati presenta l’80% di stabili e il 20% di precari, ben 400 mila persone, con la durata media procapite di permanenza nel lavoro precario di 6 anni. E’ un dato inaccettabile.

Dunque nel programma inserirete un limite alla ripetizione dei contratti a termine.

Un programma non può risolvere tutto, ma certo quel dato – 6 anni di permanenza media nella precarietà – è inaccettabile.

Il vostro passato governo viene criticato per il «pacchetto Treu», prima forma di flessibilizzazione del lavoro. Nel programma «rimaneggiato» c’è scritto che è «opportuno recuperare l’originaria impostazione definita dal governo di centrosinistra». E’ una convinta riproposizione del «pacchetto», che era assente nell’accordo raggiunto al tavolo. In questo caso non chiedete un ripristino della versione originaria?

Nel programma che tutti abbiamo concordato il pacchetto Treu non viene né criticato né confermato, si parla delle cose che si faranno in futuro. Io credo comunque che quella impostazione fosse buona, ma solo se unita ad alcuni correttivi di cui ho già parlato, e soprattutto con il credito di imposta e il prestito d’onore che l’attuale governo ha eliminato. Nel 2005, per la prima volta, ben il 51% delle nuove assunzioni in Italia sono flessibili, contro il 49% stabili. A Milano siamo già a un rapporto di 65% flessibili-35% stabili. E la media delle missioni è di 91 giorni: lo ripeto, numeri come questi sono inaccettabili.

Un altro tema che spesso viene criticato al centrosinistra è l’aver aperto alla proliferazione dei cococò, oggi cocoprò. La sinistra Ds, Rodotà e altri autorevoli personaggi con la campagna «Precariare stanca», Rifondazione comunista, la stessa Cgil ritengono opportuno eliminare questa tipologia di lavoro riformando l’articolo 2094 del Codice civile: rimarrebbero in piedi solo il lavoro dipendente e quello autonomo, facendo finalmente pulizia di quell’«area grigia» che lascia spazio a tanti abusi. La maggioranza Ds come la vede?

Non sono d’accordo con questa impostazione, che peraltro non è neppure coerente con il testo che tutta l’Unione ha concordato. Credo che quelle due figure siano insufficienti a rappresentare la complessità del mercato del lavoro attuale, e che dunque i cocoprò, o lavori a progetto, vadano mantenuti. Certo, con dei correttivi: riportandoli ai contratti nazionali, quanto alle percentuali e ai livelli retributivi, e armonizzando gradualmente i contributi. Abbiamo concordato che il lavoro flessibile non deve costare meno di quello stabile. Voglio restare nel solco dell’accordo raggiunto al tavolo dell’Unione, e non cambiarlo né in una direzione, né nell’altra.