«Il tesoretto alle spese sociali»

Tutti a caccia del «tesoretto», ma non è ancora chiaro a cosa verranno destinati gli 8-10 miliardi di surplus di gettito fiscale (grossa parte dei quali, circa 7 miliardi, dovrebbe comunque finire a ripianare il debito, e dunque sarebbe già fuori conteggio). Domani, d’altra parte, si aprono i famosi «tavoli» di concertazione con le parti sociali. La coperta è molto corta e i bisogni sono tanti, ma un messaggio ieri è stato inviato dai capigruppo dell’Unione al ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, che vorrebbe continuare (dopo la «prima puntata» della finanziaria) a premiare le imprese: «La prima priorità sono i cambiamenti climatici che impongono al nostro Paese di essere all’avanguardia – parla per tutti il capogruppo dell’Ulivo alla Camera Dario Franceschini – Dal momento che in finanziaria abbiamo fatto scelte molto forti e giuste a favore delle imprese, ora bisogna farle per le famiglie e le persone. Per quanto riguarda la spesa sociale, sono due gli assi principali sui quali si deve intervenire – continua Franceschini – la casa, dall’Ici alle misure relative agli affitti, e, contemporaneamente, nell’ambito dei tavoli che si stanno per aprire, le pensioni basse e gli ammortizzatori».
A fare da riferimento per l’Unione è il comma 4 della finanziaria che a grandi linee impegnava il governo, una volta ridotto il deficit, a utilizzare le maggiori entrate per gli incapienti e i redditi bassi. Franceschini aggiunge poi che sul surplus fiscale, il «tesoretto», i partiti aspettano «di avere quantificazioni più precise da parte del governo, sapendo ovviamente che una parte va destinata al risanamento del debito». Adesso la palla passa dunque al governo: si dovrà anche chiarire se le misure decise finiranno nel prossimo Dpef, dunque entro luglio, o se verranno ospitate da un provvedimento ad hoc: è chiaro che con le amministrative alle porte (il prossimo maggio) il problema dei tempi non è secondario. Se il provvedimento fosse ricco di «tagli» è difficile che venga licenziato entro maggio: al contrario, se puntasse sulle «elargizioni» sociali, potrebbe essere presentato per rinfrancare i consensi dell’Unione.
Il presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo chiede che l’extra-gettito venga destinato «a imprese e lavoratori», «riducendo il debito pubblico, costruendo infrastrutture, e diminuendo le tasse». Il capo degli industriali cita non a caso il «patto sulla produttività» proposto ai sindacati, come a suggerire che il «tesoretto» si potrebbe usare per defiscalizzare gli aumenti del secondo livello (il rischio, però, è che in questo modo si smonta la centralità del contratto nazionale); inoltre, le imprese chiedono un nuovo regime degli orari, che scavalchi la trattativa con le Rsu.
Intanto non si spengono le polemiche sull’articolo 18 e la proposta della Confindustria di rivedere le tutele sulla «flessibilità in uscita». Il comitato centrale della Fiom ha respinto all’unanimità il «Libro verde» della Ue sul mercato del lavoro, testo già criticato da Cgil, Cisl e Uil: per la Fiom è «inaccettabile l’affermazione secondo cui il modello tradizionale del rapporto di lavoro non può più essere applicato a tutti i lavoratori assunti». «C’è il rischio – conclude la Fiom – che attraverso l’assunzione come direttiva comunitaria di un’idea inaccettabile della flexsecurity, si smantellino leggi e contratti e che, in Italia, si riapra lo spazio per l’attacco all’articolo 18». La Fiom chiede «una posizione chiara al governo». Contrarietà alla proposta di Confindustria anche dal presidente della Commissione lavoro della Camera Gianni Pagliarini: «E’ un atto di irresponsabilità, che mira a creare tensione: o le imprese puntano di nuovo a dividere i sindacati, o mostrano di non volersi sedere al tavolo».