Il tempo della flessibilità

La flessibilità del lavoro è un mostro con molte facce: siamo abituati ad avere a che fare con quella contrattuale e con il mondo del lavoro precario. Si parla meno di orario e organizzazione del lavoro: cominciano però ad esserci parecchi dati anche su questo tema. In Italia ci sono poco più di 16 milioni di lavoratori dipendenti: la metà lavora abitualmente o saltuariamente in orari «atipici»: la sera, la notte, il sabato, nei giorni festivi. Poco più di uno su tre ha orari di lavoro flessibili. Uno su otto lavora part time. Uno su cinque lavora a turni. Uno su nove fa gli straordinari. Le elaborazioni sui dati della rilevazione sulle forze di lavoro, riferiti al secondo trimestre del 2004 e diffusi ieri dall’Istat, ci consegnano un panorama molto vario: abbondano le situazioni in cui organizzazione e orari sono confezionati a uso e consumo dei datori di lavoro, anche se qua e là si identificano dei casi in cui la flessibilità assume caratteri positivi, di conquista di spazi da dedicare a sé stessi.

La flessibilità dell’orario è in realtà limitata per lo più a situazioni in cui vi è qualche margine di libertà nell’orario di entrata, ma con una giornata lavorativa di durata fissa (l’ora di uscita dipende da quella di entrata). Solo l’1,4% dei lavoratori dipendenti (per lo più nei settori dei servizi sociali) opera con orari tipo «banca del tempo», con possibilità di accumulo e decumulo delle ore prestate in eccesso; meno del 3% gode della flessibilità completa dell’orario, e sono concentrati nel terziario. E’ più diffuso nel terziario anche il part time, che in tre quarti dei casi è di tipo orizzontale (meno ore tutti i giorni).

Il lavoro a turni è diffuso soprattutto nell’industria (20,2%), nel commercio (19,3%) e nei servizi sociali (25,8%): nell’industria oltre il 17% dei dipendenti lavora su due o tre turni. Il lavoro serale, che spesso è collegato all’orario a turni, coinvolge il 21% dei dipendenti; quello notturno oltre il 12%. Nella distribuzione commerciale poco meno del 60% dei dipendenti lavora il sabato e quasi il 20% la domenica. Gli orari atipici sono inoltre diffusissimi nei settori dei servizi sociali e alla persona. L’industria è il settore con una maggiore incidenza degli straordinari (13%): vale la pena di notare che un quarto dei lavoratori non sono retribuiti affatto, o solo in parte, per le ore prestate in eccesso.

La situazione è molto articolata anche sul fronte del lavoro autonomo. Sono 5,7 milioni di lavoratori, ma per un quinto di essi di autonomia ce ne è molto poca: non decidono quando o come (e spesso né quando né come) lavorare. Su 100 co.co.co. e simili, solo il 30% è padrone del suo tempo, gli altri sono «dipendenti».