Il tavolo dell’Unione

Il tavolo della concertazione è già pronto, a lanciarlo ieri è stato l’ex ministro del lavoro Tiziano Treu, rispondendo a un intervento del vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei, pubblicato sul Corriere della sera. Bombassei lamentava la mancanza di regole valide per le relazioni industriali e il conseguente «blocco» del sistema paese, poco competitivo a causa di un’alta conflittualità tra imprese e lavoro. La «nuova» Confindustria, quella che si affaccia al futuro governo dell’Unione, si augura invece di costruire «un nuovo modello di tipo partecipativo, dove la conflittualità non sia permanente, ma rappresenti solo l’extrema ratio». Per realizzare questo obiettivo, ci vuole un «tavolo» dove sedersi tutti insieme, e il messaggio è indirizzato prima di tutto alla Cgil, «che nel recente Congresso di Rimini ha bocciato le nostre proposte, soffermandosi solo sulle ipotesi di modello contrattuale». La richiesta del tavolo è raccolta da Treu, che afferma: «Chiameremo immediatamente imprese e sindacati, il metodo della concertazione vera per noi è fondamentale».
Se dunque l’Unione si prepara a riannodare i fili del dialogo, non è scontato che il dialogo sarà facile. La Cgil, infatti, attraverso il segretario confederale Carla Cantone, ha fatto sapere a Bombassei di «essere pronta a discutere di relazioni industriali, precarietà e competitività», ma ribadisce il proprio «no al confronto sul modello contrattuale in assenza di una proposta unitaria dei sindacati». Si riscalda anche il dibattito sulla legge 30: al segretario Cgil Guglielmo Epifani, che ne chiede l’abrogazione per riscrivere nuove norme sul lavoro, ieri la Cisl, con il leader designato Raffaele Bonanni, ha ribadito che «la legge non deve essere cancellata, ma può solo essere migliorata». Luigi Angeletti, numero uno Uil, ha mandato un messaggio all’Unione: «Sulla Biagi non accetti veti dalla Cgil».
Sulla legge 30 è intervenuto anche il giuslavorista Pietro Ichino, affermando che «Epifani pone un problema politico all’Unione» e che la sua posizione deriva «dal successo elettorale dell’ala sinistra della coalizione, che ha indotto l’ala sinistra della Cgil a premere sul tema». «Comunque – continua il professore – la concertazione non è a rischio, perché sottolineare una posizione differente rispetto a quella del programma di governo non implica che non si possa aprire un discorso su questo punto. Certo, la Cgil mostra in questo modo di non porre tra le proprie priorità un’unità d’azione con Cisl e Uil».
A dare man forte alla Cgil e a Epifani, scende in campo l’ala sinistra dell’Unione, che dice di essere d’accordo con «l’abolizione della legge 30» e cita il programma dell’Unione, che però parla solo di «superamento». «Ma – spiega Franco Giordano, di Rifondazione – il contrasto ai contratti a termine e gli incentivi ai tempi indeterminati, di fatto, vogliono dire colpire al cuore la legge Biagi». Dello stesso parere Natale Ripamonti, dei Verdi: «L’abrogazione della legge, come propone Epifani, sarebbe la cosa più utile, ma nei fatti quello che abbiamo scritto nel programma significa “abrogazione”: di forme di lavoro flessibile in entrata si può discutere, l’essenziale è che non si permetta alle aziende di rinnovare i contratti flessibili a tempo indeterminato». Più netta la dichiarazione di Marco Rizzo, del Pdci, che non fa riferimento al programma annacquato dell’Unione (per quanto anche il suo partito lo abbia sottoscritto), e sostiene in pieno la proposta di Epifani: «La legge Biagi va cancellata, non va modificata, si deve riscrivere da zero». Fedele al programma, invece, Cesare Damiano, dei Ds: «E’ necessaria una profonda revisione della legislazione del lavoro attuata dal centrodestra. La legge 30 non andrà né abrogata né marginalmente ritoccata».