Il Sud arretra. Cresce il divario con il Centro Nord

Rapporto Svimez: negativi tutti gli indici economici

Il Sud arretra su tutti i fronti: ricchezza, produzione, occupazione, consumi, popolazione. La debolezza strutturale del Mezzogiorno resta, nonostante 150 anni di storia, il suo tratto distintivo. La conferma arriva dai dati pubblicati nel Rapporto Svimez 2005 sull’ economia del Mezzogiorno, presentato ieri a Roma, nel quale tutti gli indicatori economici e sociali sono di segno negativo. Nel 2004 la crescita del Pil nel Sud per la prima volta dopo diversi anni è stata inferiore rispetto a quella del Centro Nord: lo 0,8% contro 1’1,4%. Questo rallentamento, nell’analisi dell’istituto, è dovuto interamente ad una forte contrazione della domanda interna che è passata dall’I,7% del 2003 allo 0,9% del 2004. Un dato allarmante perché le famiglie hanno ridotto i consumi primari. Si taglia sui beni alimentari, sul vestiario e sulle calzature, segno evidente di forti difficoltà economiche.
La recessione in corso lascia tracce profonde anche sul versante dell’occupazione. Nel 2004 il tasso di disoccupazione del Sud è sceso al 15% rispetto al 16,1 % del 2003. Questo effetto negativo è dovuto allo «scoraggiamento» delle fasce più deboli, giovani e donne, che hanno rinunciato a cercare lavoro o lo hanno trovato nel sommerso oppure hanno preso la strada dell’emigrazione verso il Centro-Nord (-107mila). Non è un caso, quindi, che nel Mezzogiorno un lavoratore su quattro è irregolare (22,8%) mentre nel Centro-Nord la percentuale è pari a meno della metà (10%).
Al Sud nell’ultimo biennio il mercato del lavoro ha perso 48mila posti contro una crescita di oltre mezzo milione al Centro Nord. Sono i giovani trai 15 e i 34 anni a subire gli effetti più pesanti della contrazione: 78mila in meno al Sud nel 2004 su un calo complessivo di 152mila in tutto il paese. Ma i giovani pagano anche lo scotto della precarietà che diventa per loro una condizione lavorativa “normale” per molti anni con conseguenze devastanti sulla contribuzione, sulla crescita professionale e sulle scelte di vita.
Ha contribuito in maniera significativa al calo dell’occupazione il crollo della produzione industriale (-1,7%) che ha determinato una diminuzione di 34mila posti di lavoro (-3,9%).
Non si interrompe la serie di dati negativi sul fronte degli investimenti. La spesa pubblica in conto capitale si è notevolmente ridotta passando dal 38% del 1997 al 30% del 2002 (ultimo dato disponibile). Se a livello nazionale gli investimenti pubblici nel 2002 sono scesi de 15,1 % (da 5.210 a 4.944 pro capite) per il Sud il taglio è stato dell’8,9% rispetto al 3,1 % nel Centro Nord. Il rapporto, quindi, mette in evidenza come la spesa pubblica si sia concentrata prevalentemente al Nord. Se poi si mettono insieme risorse nazionali e comunitarie destinate allo sviluppo del Sud la quota non raggiunge il 30% del totale nazionale e nemmeno lo Stato con il 42% raggiunge quel 45% fissato come obiettivo <