Il sonno dei Ds

Sul G8 governo e centrosinistra si sono scambiati i complimenti: ognuno si asterrà sulla mozione dell’altro, in modo che passino tutti e due. Bell’inizio per l’opposizione. Né si registrano altre tracce di battaglia da quando Berlusconi ha varato un programma che fa della proprietà – parola ormai pronunciata con riverenza – il cardine della società e dei suoi valori. E su di essa consolida il suo blocco di riferimento: grandi e piccoli capitali, patrimoni da trasmettere senza pagar pedaggio, imprenditori detassati e agevolati, evasori da premiare con condoni, sostenitori della scuola privata oggi e della sanità privata domani. Nonché il Vaticano, mentore in tema di famiglia, sessualità, educazione. Tutto questo nella prima settimana. Nella prossima aspettiamo la devolution.
Chi ha creduto che dalla sconfitta i Ds ricevessero una sana frustata e ricominciassero a rappresentare alcuni principi repubblicani e antifascisti, nonché le masse dei lavoratori garantiti e non garantiti, materiali e immateriali, dei vecchi senza sufficienti difese e dei giovani consegnati alla precarietà, si è sbagliato. I Ds non si sentono di stare neanche con i metalmeccanici, sui quali il padronato sperimenta una nuova prepotenza, che opporrà anche alle altre categorie e, appena portate avanti le privatizzazioni dei settori della scuola e della sanità, anche agli impieghi finora sicuri. La proposta Maroni sugli immigrati (finché servi ci sei poi sgomberi) proietta con tema di confini l’esclusione da diritti e sicurezza che la “modernizzazione” pretende per ogni lavoro.

La verita è che proprio su questo elementare terreno, capitale e lavoro, dubitano da tempo della legittimità d’una sinistra. Per questo nessuno dei loro leaders parla e tutto è rimandato a un congresso dal quale può venire la dissoluzione delle ultime vestigia di quel che è stato il partito dei lavoratori più forte e intelligente di occidente. Quando il Pci ha cambiato nome, non è dell’Urss ma della sua ragione di esistere che si liberava. La destra dei Petruccioli e dei Morando chiede imperativamente di far confluire il partito nella Margherita e in questo ambizioso proposito il nemico che considera principale non è Berlusconi ma D’Alema. Il quale propone invece di sciogliersi in un partito con Amato che raggiunga la confusa famiglia dei socialisti europei. Quando Sergio Cofferati ha chiesto alla direzione dei Ds di schierarsi col lavoro, è stato rudemente invitato dai dalemiani a chiudere il becco e tornarsene in Corso d’Italia. Dove si è sentito far lo stesso discorso non solo dalla minoranza di sinistra ma da gran parte di quella che riteneva la sua maggioranza e invece guarda più a D’Alema che a lui; aveva sacrificato Agostinelli a Panzeri, adesso non ha più Agostinelli e si trova Panzeri contro. Il tempo delle tattiche e galleggiamenti è bruscamente finito.

Si dirà che però nei Ds resta una sinistra. Ma essa non cessa di stupire. La sua voce è impercettibile e si tocca con mano lo scarso appoggio alle percettibili voci di Cofferati e di Cesare Salvi. Anche Bruno Trentin propone di partire dal lavoro ma con Salvi non è d’accordo, e non è certo che lo sia con Cofferati. E va a capire che cosa pensa Bassolino. Più riflessiva dell’ex gruppo dirigente la sinistra ds si interroga sui fondamenti: se non sia stata errata fin l’alba del comunismo, se non sia inconsistente il socialismo, se non sia in crisi il pensiero politico moderno, se non si sia troppo sacrificato all’uguaglianza, se non si debba ripartire dall’etica, nonché dall’immaginario e virtuale. Intanto la capacità di metter da parte i risentimenti per delineare un’agenda di priorità, che è il solo modo di affrontare in modo non archivistico anche le questioni epocali, sembra smarrita. L’agire politico ha i suoi tempi per valer qualcosa. Berlusconi avrà concluso i suoi primi cento giorni e messo a segno piu d’uno dei suoi colpi, quando il congresso Ds aprirà i battenti per informarci se ritiene utile in Italia un partito anticapitalista ora che il nostro capitalismo indubitabilmente c’è. Non più ritardato e robusto. Non è un bel paradosso?