«Il socialismo torni alle origini»

«Il nuovo processo di aggregazione delle soggettività della sinistra deve tenere assieme gli elementi di movimento del quadro politico (quelli in casa Ds i principali) con tutto quanto si muove sul piano sociale, da pezzi di sindacato a pezzi di associazionismo e della sinistra diffusa. L’elemento di identificazione di tutti questi percorsi è, a mio parere, una parola chiave, la parola “sinistra”». Il ministro di Rifondazione Paolo Ferrero, in questa conversazione con il Riformista, preferisce non usare la definizione “contenitore”, non foss’altro per «non anteporre le formule ai percorsi», ma è chiara la direzione cui tende: andare avanti per aggregare la sinistra italiana a sinistra del Pd. Senza preclusioni ma con un’ambizione: «guardare oltre l’orizzonte del capitalismo. Ecco perché a me piace parlare di sinistra d’alternativa: non dice di un’ideologia ma di una pratica politica che punta a un’idea di sviluppo alternativo. Il processo deve essere politico e sociale insieme e l’unico paletto che metto è di metodo: l’idea dell’autonomia del politico e l’idea dell’autonomia del sociale sono due errori da cui rifuggire. Bisogna mixare le modalità delle lotte in val di Susa e il saper contrattare misure redistributive a favore dei ceti popolari stando al governo». Il modello organizzativo per lui potrebbe essere quello dell’Flm degli anni ’70, e cioè dell’unità organizzativa di sindacati organizzati e di consigli di fabbrica, dal punto di vista della «formazione dell’unità tra diversi». Non a caso, più che Riccardo Lombardi, Ferrero preferisce citare Raniero Panzieri e la sua «radicale critica allo stalinismo e al partito unico unita alla radicalità politica e alla critica del capitalismo come a una pratica profondamente democratica, non settaria e alla capacità di costruire unità e iniziativa dal basso».
«In ogni caso, la cosa più importante è costruire un processo di relazioni tra diversi soggetti dove ci sarà chi fa riferimento al socialismo, chi al comunismo, come me, chi a nessuno dei due, chi all’ambientalismo e chi al solidarismo cattolico», dice Ferrero, per cui la «questione socialista» è «parte integrante» del processo in corso «ma non il principio ordinatore, come non lo è quella comunista. Penso a forme preesistenti la divisione del ’21 tra socialisti e comunisti, al movimento operaio delle origini, quando il socialismo era patrimonio di tutti. Non vuol dire tornare tutti socialisti o tutti comunisti ma confrontarsi in avanti».
«Soprattutto – prosegue – vedo un’idea di nuovo movimento operaio che faccia i conti con la crisi di questo modello di sviluppo e il fallimento del neoliberismo, che si confronti con la questione ambientale e sociale, la pace e la non violenza». La sogna anche «multiculturale e multietnica», la nuova sinistra, Ferrero, «perché se non è in grado di farsi attraversare dalla questione dei migranti che sinistra è?».
Il partito, naturalmente, ci deve stare e ci starà, in questo processo (cioè «Rifondazione non si scioglie»), «e in modo non settario». Sinistra europea, per Ferrero, è «un punto di partenza, ma il campo è ben più ampio. L’importante, ora, è aprire processi di scambio, discussione, iniziativa». Primo banco di prova concreto per tutte le forze della sinistra che vogliono riaggregarsi è, per il ministro, come redistribuire l’ormai famoso “tesoretto”: «c’è un problema enorme di redistribuzione del reddito dall’alto verso il basso, sia sul piano dei trasferimenti monetari (dare cioè di più a salari e pensioni) sia sul piano della tenuta del sistema di welfare, dalle pensioni al piano-casa», spiega. «Su questo terreno la sinistra deve riprendere l’iniziativa e questo può essere un primo concreto terreno d’incontro non solo tra forze politiche ma anche con le forze sociali, sindacato in testa». Ferrero ci tiene in particolare non solo alla difesa delle pensioni, dove ribadisce posizioni note (no allo scalone e al taglio dei coefficienti), ma anche a rilanciare un vero piano casa, «un’emergenza drammatica in tutte le aree metropolitane che parla non solo di lotta alla povertà ma anche di possibile integrazione degli immigrati. Serve un piano di affitti degli alloggi pubblici a canoni abbordabili, un classico delle politiche di welfare, penso al piano Fanfani e alla politica abitativa del primo centrosinistra». Il piano-casa (insieme, ovvio, alla lotta alla precarietà) è per Ferrero un modo concreto per tenere assieme impianto riformatore, idea diversa di welfare e qualità dello sviluppo, «legando la redistribuzione del reddito a politiche di sicurezza sociale per gli strati più deboli della società».