Gli argomenti che si stanno usando rispetto alla nostra presa di posizione sull’Afghanistan sono inaccettabili. Se qualcuno pensa di piegarci con la minaccia di elezioni anticipate o provvedimenti disciplinari, ha sbagliato di grosso. Si moderino i toni. Per quanto ci riguarda non siamo irresponsabili e non rientra certo nei nostri obiettivi far cadere il governo. Abbiamo posto un problema politico, vogliamo discuterlo. Si sapeva che sull’Afghanistan nell’Unione c’erano due posizioni ma – e qui sta la nostra critica – il decreto approvato oggi si muove in sostanziale continuità con quello di Berlusconi, a cui noi abbiamo sempre votato contro. La disponibilità a votarlo da parte dell’Udc ne è una conferma clamorosa.
In Afghanistan c’è la guerra. Negli ultimi sei mesi si è verificato il più alto numero di vittime dal 2001: oltre 1100 morti.
La guerra non ha portato né democrazia né libertà. Ha alimentato il terrorismo, aumentato la produzione dell’oppio e cresciuta l’influenza dei Talebani. Questo dimostra il fallimento sia della guerra sia delle missioni militari. Ecco perché è importante introdurre un programma di rientro dei militari o perlomeno una exit strategy.
Un’ultima considerazione: perché se Giuliano Amato dice – come ha fatto ieri, al contrario di quanto scritto nel programma – che i Cpt vanno mantenuti non succede nulla e se 8 senatori chiedono una linea di discontinuità rispetto a Berlusconi sull’Afghanistan succede il finimondo? C’è qualcosa di profondo che non funziona nell’Unione.
Ufficio Stampa
Senatore Claudio Grassi (PRC)