Il rilancio della proliferazione

A 61 anni da Hiroshima si sta aprendo una nuova fase della proliferazione nucleare e diventano sempre più concreti i rischi di guerra nucleare! Ma il pericolo non è costituito da Tehran, per quanto i dirigenti iraniani sembrino fare di tutto per essere il bersaglio di un attacco militare. L’Iran è il pretesto per tenere sotto tiro una regione strategica, e il paravento per ben altri programmi. La partita si gioca in Medioriente, ma le carte si danno altrove: e sono truccate.
La «partnership nucleare» che Bush lancia trionfalmente con l’India (il regime pakistano è troppo infido) non ha solo una funzione anti-cinese, ma tende a svuotare il Tnp (dopo il resistibile fallimento della Conferenza di Revisione del maggio 2005), legittimando lo status nucleare di un paese al di fuori del trattato.
A chi tocca ora? Periodicamente compaiono rivelazioni sull’appoggio del Pakistan a un programma nucleare militare dell’Arabia saudita, a cui seguono rituali quanto scontate smentite.
Ma il rischio più concreto è costituito dal Giappone. Bisogna ricordare che, quando si trattò di aderire al Tnp, vi fu un dibattito negli ambienti governativi, in Germania e in Giappone, per assicurarsi che l’adesione non avrebbe sbarrato la strada a dotarsi di armi nucleari. I due paesi sono tra quelli che hanno accumulato i più ingenti quantitativi di plutonio dal riprocessamento (24 e 40 tonnellate). Anche se il plutonio generato nei reattori civili (reactor-grade) non ha le caratteristiche del plutonio militare (weapon-grade), è certo che può essere utilizzato per le bombe: gli Usa e la Gran Bretagna hanno ufficialmente esploso testate con plutonio riprocessato.
Il riprocessamento ha l’unico scopo di estrarre il plutonio, dato che moltiplica invece il volume delle scorie radioattive (gli Usa hanno scelto il «monouso» del combustibile nucleare, senza riprocessamento, dato che producono il plutonio negli impianti militari). A ciò si aggiunge un fatto gravissimo, pressoché ignorato: i controlli sul plutonio soffrono di incertezze ed errori intrinseci di qualche percento, che non dipendono da imprecisioni della Aiea. Il Giappone ha inaugurato il nuovo impianto di riprocessamento da 21 miliardi di dollari di Rokkasho-Mura, che separerà 8 tonnellate di plutonio all’anno: in un impianto di queste dimensioni è assolutamente impossibile rivelare la scomparsa, o il mancato rendiconto, di una cinquantina di chili di plutonio all’anno, quando ne bastano pochi chili per realizzare una bomba! Tra qualche anno il Giappone diventerà il paese con il maggiore quantitativo di plutonio al mondo. Per farne cosa? Da anni Tokyo sostiene che ha bisogno di plutonio come combustibile nei reattori veloci, e mescolato con l’uranio (Mox: Mixed Oxide, con il 3-10 % di plutonio) nei reattori convenzionali: ma il programma dei reattori veloci è fermo, e l’uso del Mox ha incontrato difficoltà e non è stato possibile. Perché dunque continuare ad accumulare plutonio? In Giappone prende sempre più forza la volontà di rivedere la costituzione post-bellica in senso militarista, e parallelamente di realizzare armi nucleari (cosa che il Giappone o la Germania potrebbero fare in tempi brevissimi).
Altro che i rischi dell’arricchimento da parte dell’Iran di quantità importanti di uranio, al livello necessario per le bombe, che sono ancora di là da venire. (E che, eventualmente, dovranno essere impediti: ma nulla giustifica un attacco militare)
La Corea del Nord sostiene di avere alcune testate nucleari: se domani, esaurite le altre strade, dovesse decidere di eseguire un test dimostrativo, scatterebbe la corsa del Giappone, della Corea del Sud e di Taiwan a dotarsi della bomba.
Il messaggio è chiaro: chi ha la bomba viene rispettato! Così Israele, il vero agente destabilizzante e la molla delle ambizioni nucleari; così è per l’India e il Pakistan. La Corea del Nord non è minacciata di un attacco, mentre lo è l’Iran.
Solo la creazione di una Nuclear Free Zone in Medioriente è in grado di disinnescare il pericolo, anche quello dell’Iran: la risoluzione della Aiea del 4 febbraio l’aveva riproposta, ma il Consiglio di Sicurezza non la prende nemmeno in considerazione (in spregio alle ripetute risoluzioni dell’Assemblea generale).
La produzione di plutonio al mondo deve assolutamente venire arrestata: ad oggi sono state prodotte ben 1.250 tonnellate di plutonio «civile», di cui 250 dal riprocessamento, esattamente quanto le 250 tonnellate di plutonio «militare»! Ma gli Usa si oppongono da anni a stipulare un trattato per la limitazione della produzione di materiale fissile.
È necessario sbloccare il processo di disarmo nucleare, prima che sia troppo tardi: quello che differenzia le armi nucleari da tutte le altre è che vanno fermate prima di essere usate, perché il loro uso apre la strada a scenari apocalittici.