Traduzione dal francese di Massimo Marcori per l’Ernesto online
Il 6 giugno il canale televisivo France 5 programmava l’ultima trasmissione dello scomodo documentario: “Zambia: a chi giova il rame?” di Audrey Gallet e Alice Odiot che svela il sistema di sfruttamento della società d’affari Glencore (per lungo tempo non quotata in borsa per sfuggire ai controlli e con sede nel paradiso fiscale del cantone di Zug in Svizzera) e le malefatte umane ed ecologiche che essa ha provocato in Zambia con la sua miniera di rame Mopani che funziona in spregio delle norme ambientali (inquinamento da diossido di zolfo) mentre la multinazionale paga pochissime imposte allo Zambia.
Nell’aprile 2011, cinque ONG (Sherpa, Déclaration de Berne, CTPD, Mining watch e l’Assistenza missionaria) aprivano un procedimento nei confronti di Glencore per violazione dei principi dell’OCDE.
Lo scandalo fiscale è oggi il più conosciuto. La società Mopani che sfrutta il complesso minerario dello stesso nome (il secondo del paese) fatturava il suo rame solo al 25% dei prezzi di mercato alla casa madre Glencore, privando così lo Stato zambiano di una massa fiscale enorme. In un paese in cui le esportazioni di rame rappresentano il 70% delle entrate, si comprende ciò che questo saccheggio puro e semplice di materie prime ha potuto rappresentare come mancato guadagno per il governo zambiano: l’ammontare del mancato guadagno è stato stimato in 70 milioni di dollari dal 2003 al 2008 per il solo rame, senza contare il cobalto.
Questo saccheggio è stato incoraggiato dalla banca europea degli investimenti (BEI), un’istituzione legata all’Unione Europea e di cui i governi europei sono azionisti, che ha giocato anche un ruolo controverso in Congo, e che ha prestato 48 milioni di euro per lo sviluppo di Mopani nel 2005.
“Oggi imbarazzata da questa situazione, la BEI ripete che l’attrezzatura che essa ha finanziato (uno dei forni della miniera) “funziona e che è meno inquinante”. Ciò che la banca non dice sono le intenzioni nascoste di questo tipo di prestito. Alice Odiot svela:
“L’UE ha bisogno di investire nelle miniere al fine di diventare cliente privilegiato di fronte alla concorrenza delle agenzie cinesi. Il rame si esaurisce, mentre se ne ordinano 10 kg l’anno per ogni europeo, soprattutto per i computer, le macchine….”nota Rue89 a proposito del documentario di Audrey Gallet e Alice Odiot.
Nonostante la pubblicazione di un’inchiesta da parte degli Amici della terra (ordinata dal fisco zambiano agli studi norvegesi, Grant Thornton ed Econ Poyry ma che sarebbe dovuta restare segreta) sulle frodi fiscali di Mopani l’anno scorso, il ministro delle finanze zambiano è rimasto silenzioso, cosa che alimenta il sospetto di una corruzione generalizzata del regime del presidente Rupial Banda da parte delle compagnie minerarie.
La questione della corruzione dei poteri occidentali è anche posta da questo servizio: dal 1983 al 2001, il fondatore di Glencore Marc Rich figura sulla lista dei dieci fuggitivi più ricercati dall’FBI per frode fiscale negli USA. Il 20 gennaio 2001, qualche ora prima che Bill Clinton lasci la presidenza, uno dei suoi ultimi atti ufficiali è di graziare Marc Rich. Questa amnistia presidenziale scatena uno scandalo, amplificato quando si apprende che Denise Rich, ex-moglie dell’uomo d’affari, aveva donato un milione di dollari al Partito democratico e alla fondazione dei Clinton.
Glencore è ugualmente coinvolta in cause per lo sfruttamento in condizioni scandalose di due miniere in Congo (Katanga).