Il Protocollo guarda a destra

La partita sul Welfare è tutt’altro che conclusa. Dalla lunga, e faticosa, mediazione della commissione lavoro della Camera è uscito un testo modificato nei punti di maggiore attrito, sia per ciò che riguarda l’accordo con le parti sociali (sindacati e Confìndustria), sia per quanto ha a che fare con la dialettica (a voler essere ottimisti) interna al governo stesso. Sinteticamente si può dire che, sui lavori usuranti e sul mercato del lavoro, sono state accolte alcune delle richieste dei partiti della sinistra “che verrà”. Nulla di rivoluzionario, sia chiaro, ma quanto basta per fare insorgere a muso duro Confìndustria, e in altra maniera, anche i sindacati. Di più: le novità apportate in materia di mercato del lavoro (contratti a tempo determinato e staff leasing) sono state approvate contro il parere dello stesso governo, mentre sul job on call, contrari i partiti di sinistra, il governo ha rastrellato i voti dell’opposizione. Questo, solo per dare la cornice di ciò che si prepara all’esame della Camera, dove il ddl che recepisce gli accordi di luglio su pensioni e welfare, arriverà lunedì, per essere approvato entro il 29 e passare poi alla prova di fuoco del Senato. I tempi sono Stretti (pena l’entrata in vigore, dal primo gennaio, dello «scalone» di Maroni), e la maggioranza sufficientemente divisa per poter dire che la “fiducia” (in questo caso ad un maxiemendamento) è ipotesi che prende corpo ogni giorno di più. «Il testo sul welfare è quello messo a punto, se occorre si metta la fiducia» dice il ministro Vannino Chiti.
Prc, Pdci, Sd e Verdi incassano l’approvazione di alcune modifiche su lavori usuranti e contratti a tempo determinato. Sugli «usuranti» (la platea di lavoratori che continuerà ad andare in pensione con i vecchi requisiti) viene tolto il riferimento agli 80 turni notturni, quale limite minimo di accesso alla pensione anticipata, resta la delega al governo, ma la palla passa alla commissione istituita pressa il ministero del lavoro che dovrà definire la platea effettiva, fuori dai vincoli della tempistica (la Cgil chiede invece che si chiuda entro l’anno). I contratti a tempo determinato potranno durare 36 mesi, comprensivi di proroghe, rinnovi e eventali “buchi contrattuali”, e l’eventuale proroga viene limitata a un periodo di 8 mesi.
No invece al “diritto di precedenza”, norma che impedirebbe alle imprese di poter reiterare a piacere, con persone diverse, contratti a tempo determinato, evitando la stabilizzazione. Augusto Rocchi del Prc annuncia che la battaglia verrà fatta in aula, «chiedendone conto direttamente a Prodi». Viene abrogato, infine, lo staff leasing, mentre all’abrogazione del job on call si accompagnano deroghe che consentiranno di utilizzare il lavoro a chiamata nei settori di turismo e spettacolo (con il riferimento ai contratti nazionali). «E’ una lesione dell’equilibrio del protocollo» protestano Prc, Pdci, Sd e Verdi.
Su tutto questo si scatena Confindustria, che parla di «rottura del metodo concertativo»: «La modifica dei contratti a termine, insieme all’abrogazione dello staff leasing, è veramente pessima, difforme dallo spirito e dalla lettera del protocollo di luglio» tuona Maurizio Beretta, direttore generale degli industriali. Sui medesimi punti, un giudizio non dissimile è quello espresso da Cisl e Uil che, non va dimenticato, avevano firmato il decreto 368 sulla “liberalizzazione” dei contratti a tempo determinato. «Le modifiche alludono a una mortificazione delle parti sociali e della loro autonomia», dice Bonanni, poi profetizzando «si sta seminando vento, speriamo non ci sia tempesta in Senato». «Non mi piace quanto fatto sul sul lavoro a chiamata – è il commento di Guglielmo Epifani – Si rischia di rendere più complessa la chiusura del contratto del commercio».
Sul versante politico, la situazione non è piti tranquilla. Sono pronti a votare contro i parlamentari socialisti, senza l’inserimento dell’indennità di disoccupazione per i contratti a progetto. Le sirene dimane non hanno tardato a farsi sentire dall’aula del Senato: «Aspettiamo di vedere il testo che esce dalla Camera, ma sembra strano che un testo come quello si modifichi senza modificarne la copertura». Approvando la misura sui lavori usuranti il governo ha garantito che non ci sarà nessun aumento di spesa. «Abbiamo raggiunto un accordo complicato e una parte della coalizione non è soddisfatta – commenta Gianni Pagliarini, regista in commissione lavoro – E’ difficile pensare che ci siano le condizioni per modificarlo». Berlusconi già ieri gongolava speranzoso: «Sul welfare il governo non avrà la inaggioranza».