Il Prc deve ritrovare il suo popolo

Una parte della minoranza che al congresso estivo di Chianciano aveva animato la mozione 2 ha scelto sabato scorso, sempre a Chianciano, di lasciare il partito. Un’altra invece ha optato per restare. Il Prc vive uno momento importante, perde esponenti come Vendola o Giordano, dopo una lunga stagione di alta tensione interna che ha avuto il suo apice con il caso Sansonetti, mentre incombe la crisi economica e si avvicinano le scandenze elettorali. Con Claudio Grassi, responsabile organizzazione, abbiamo commentato questi recenti avvenimenti, cercando di capire quali sfide future attendono il partito e come questo intende rispondere.

Sabato, con un’assemblea a Chianciano, parte della mozione 2 che ha animato il congresso di luglio, con in testa Nichi Vendola, ha scelto di lasciare ufficialmente il partito. Come valuti questa decisione?
Una scissione è sempre una esperienza negativa, avrei preferito che non si realizzasse. Detto questo, non possiamo che prenderne atto.

Coloro che lasciano il partito sostengono che la vostra segreteria ha reso impossibile la loro permanenza perché ha soffocato lo spazio di agibilità politica, cioè li ha di fatto isolati e costretti al silenzio. Come rispondi a questa critica?

E’ una accusa che contesto perché non vera, perché smentita dalla realtà. Fin da subito dopo il congresso di Chianciano la prima proposta che abbiamo rivolto, come maggioranza, alla minoranza della mozione 2, è stata quella di partecipare alla segreteria. Un comportamento, il nostro, completamento opposto a quello avuto dal segretario Bertinotti in occasione del precedente congresso. Sempre a Chianciano abbiamo confermato un tesoriere che aveva sottoscritto il secondo documento ed abbiamo eletto un presidente del collegio di garanzia che, anche lui, aveva firmato la seconda mozione. Se vogliamo attenerci ai fatti, quindi, la critica non ha fondamento.

Eppure i vendoliani che lasciano il Prc vi rimproverano di aver cancellato la democrazia interna, il dissenso e la critica verso la maggioranza del partito, citando il caso Sansonetti come emblema del vostro scarso senso democratico…

Il caso Liberazione è stato usato in modo scorretto. Il punto da cui partire per comprendere quanto è accaduto è che la nostra maggioranza si è trovata a rapportarsi non con un giornale di partito critico o autonomo rispetto a questo stesso partito -condizione che non avrebbe creato alcun problema-, bensì con un organo di informazione che all’indomani di un Congresso in cui si decideva di puntare sul rilancio del Prc, proseguiva ad essere il megafono di un progetto politico opposto, cioè quello dello scioglimento del Prc. Questo ci ha spinto a cambiare direzione: non c’è nessun giornale politico che sostiene il contrario di ciò che propone il partito di riferimento.
La questione perciò non ha avuto a che fare con la necessità che un quotidiano partitico dia conto del dibattito interno ad esso, che consideriamo scontata.
Inoltre vorrei ricordare che anche prima della direzione di Sansonetti Liberazione era un organo di informazione autonomo, non è mai stato un megafono passivo e acritico del Prc, ma si confrontava con esso. Greco sarà un direttore fedele a questa ispirazione, cioè indipendente ma in rapporto di confronto col partito.

Come valuti la nuova operazione a cui Vendola e i suoi si apprestano ad impegnarsi?

La proposta politica sostenuta da questi compagni incontra non pochi problemi. Il primo consiste nel dato per cui, come già da settimane abbiamo avuto modo di verificare, una parte significativa della mozione 2 ha deciso di restare. Il secondo risiede nella scarsa omogeneità di prospettive che si ravvisano tra coloro che hanno scelto di uscire: alcuni hanno dichiarato di voler lasciare da subito, mentre altri hanno richiesto più tempo. Per questo la scissione mi sembra una operazione sbriciolata. L’altro elemento di difficoltà sta nel fatto che più si scende verso il basso, raggiungendo i territori, più le dimensioni della scissione si riducono fino a scomparire nei circoli. C’è poi un altro aspetto che mi ha molto colpito in questa discussione dei compagni che lasciano il nostro partito.

Cioè?

Una parte dei vendoliani, per voce di autorevoli rappresentanti, sostiene che se si spaccasse il Pd e D’Alema fosse libero di diventare il nuovo riferimento del partito della sinistra, essa sceglierebbe questa nuova casa come propria. Noi avevamo detto da subito che intravedevamo in questa scissione una svolta a destra e il superamento delle ragioni del Prc: ecco che oggi, di fronte a tali dichiarazioni, possiamo dire che la nostra previsione non era una forzatura politica irrealistica.

Ti riferisci a quanto dichiarato da Rina Gagliardi?

Dalla Gagliardi, ma anche da Gianni e altri ancora. Vorrei specificare che una possibile spaccatura del Pd, con la conseguente nascita di un partito socialdemocratico, è una eventualità che anche io reputo positiva. Ma alcuni esponenti che stanno lasciando il partito fanno di più: la indicano come la loro casa politica, il proprio spazio per fare politica. Ma allora, mi chiedo, perché hanno militato tutti questi anni nel Prc e non nel Pds? Magari dando una mano a fortificare la componente maggiormente di sinistra della socialdemocrazia?
Mi dispiace ma non posso non sottolineare come questi compagni, che hanno sottoscritto la mozione 2 e oggi però lasciano il partito, abbiano giocato di ambiguità: al congresso infatti non hanno apertamente affermato di voler superare il Prc, di voler attuare una scissione. Quando noi sostenevamo che questo era il loro sbocco, ci hanno sempre contestato, affermano che non fosse vero.

I vendoliani che lasciano sostengono che rispetto a luglio, al congresso, lo scenario sociale e politica sono cambiati…

Si, sono cambiati il contesto sociale e politico, ma resta il fatto che si erano impegnati a restare nel Prc…Invece oggi organizzano una scissione cercando di approdare in un partito non comunista. Insomma hanno occultato i veri obiettivi che volevano perseguire.

Tu citavi il comunismo come un vostro riferimento ideologico, mentre affermi che i vendoliani lo vogliano mettere in soffitta. Qual è il comunismo a cui guarda il Prc nel 2009?

Anche su questo consentimi una critica. Il modo con cui i compagni che se ne vanno hanno rappresentato il nostro dibattito in merito al nostro profilo ideologico-culturale è stato scorretto perché lo hanno alterato artificiosamente riducendolo ad un ripiegamento vetero-identitario. E’ stato un escamotage per giustificare le loro scelte. L’attuale Prc non vuole rinunciare alla propria identità, perciò mantiene ferma la questione del comunismo, ma sempre col sostantivo della rifondazione, che ci consente di non dimettere lo sguardo critico verso la nostra storia passata per fare tesoro degli errori commessi. Perciò ci siamo chiamati fin dall’inizio Rifondazione comunista.

Quale sono le sfide che attendono il Prc? Su cosa lavorerete?

Il senso di questa Rifondazione, come detto a Chianciano in occasione del congresso, è quello di uscire dalla crisi politica vissuta “in basso a sinistra”. La nostra prima aspirazione è ricostruire una connessione sentimentale con il nostro popolo compromessa da due anni di governo. Tornare ad essere attivi e visibili nella società. Da qui nasce un impegno del partito a sostegno dello sciopero del 13 febbraio, da qui nasce l’esigenza di mettere al centro della nostra azione politica la crisi economica e il contrasto alle misure (inadeguate) decise dal governo. Su questi temi staimo cercando di costruire faticosamente iniziative e propaganda. Lavoro, ammortizzatori, precariato, migranti, questione di genere, ambiente: sono questi i cardini della nostra azione.

Già la questione di genere. Anche questa è entrata nella polemica sul caso Sansonetti: la minoranza vi criticava accusandovi di voler azzerare quella direzione che più di tutte aveva aperto il giornale alle tematiche di genere, alle rivendicazioni femministe…

Cosa che non abbiamo intenzione di fare perché restano un tema centrale della nostra prospettiva politica, anche e soprattutto in un contesto di crisi economica: le lavoratrici sono quelle che più pagano la crisi e le misure che si vorrebbero attuare per uscirne. Penso alla proposta del governo sulla crescita dell’età pensionabile delle donne.

Dal punto di vista pratico cosa sta facendo il Prc?

Sta rimettendo in piedi la macchina organizzativa: il giornale, perché esca dalla crisi, e poi il rilancio del tesseramento.

Un ultima domanda non può che riguardare l’appuntamento elettorale di giugno. La vostra linea, vincente al congresso di Chianciano, punta sulla corsa in solitaria alle europee di Rifondazione.

Ma se dovesse arrivare una riforma del sistema di voto con uno sbarramento del 4%, rivedrete le vostre posizioni, magari accogliendo la proposta che viene da più parti di un cartello elettorale per evitare una polverizzazione della sinistra?

Il cartello elettorale è una ipotesi che ha già fallito ad aprile scorso. In nome di una emergenza, come appunto lo sbarramento alle europee, non si può pensare di incassare voti con un assemblaggio indistinto, perchè saremo nuovamente puniti dagli elettorai. Col cartello elettorale si creerebbe un serraglio di formazioni che pur correndo insieme, poi siederebbero in Europa in gruppi parlamentari diversi: Sd con il Pse, il Prc con il Gue e via di seguito. Come potrebbero allora votarci gli elettori? Non saremmo credibili ai loro occhi.
Questo però non vuol dire non essere interessati all’unità della sinistra.
Si deve lottare contro lo sbarramento e la riforma elettorale, poi qualora fosse attuata e con uno sbarramento alto, il Prc comunque si presenterebbe con il proprio simbolo e la propria lista, ma aprendola alle altre forze che con Rifondazione condividono lo stesso gruppo di adesione europeo e le istanze programmatiche. Il Prc è aperto alle forze comuniste.

Tu parli del Pdci, che però con il segretario Diliberto vi chiede una riunificazione. Che ne pensi di questa ricomposizione fra i due partiti comunisti?

Le ricompattazioni non si attuano perché ci sono le elezioni, ma si fanno partendo dalla lotta comune nei territori: circostanza che se avviene non può che rendermi felice. In una competizione elettorale si possono invece trovare intese elettorali, che nel nostro caso si fondano sulla possibilità di aprire le liste del Prc.