Il Prc deve ritenere inaccetabile ogni proposta che non cancelli lo scalone

Questione pensioni: da settimane la contrattazione governo sindacati si rompe e riprende; le dichiarazioni dei ministri si accavallano confusamente; le affermazioni dei dirigenti sindacali seguono una curva sinusoidale, tra rifiuti e accettazioni dell’accordo; le stesse posizioni della sinistra radicale sembrano basculare tra “no” secchi e segni di compromesso. Sembra un ginepraio. Ma, appunto, sembra, poiché, in verità, il cuore dell’accordo va prendendo forma. E ha iniziato a prendere forma da una fase precisa della contrattazione: dal momento in cui – circa due settimane fa – Padoa Schioppa afferma che la fase dei sacrifici pesanti è terminata e si può passare alla redistribuzione. Qui accade qualcosa notato da pochi: Almunia interviene duramente sui “sogni riformisti” del governo italiano e sposta indietro le lancette dell’orologio ai tempi della finanziaria Prodi, ricordando a tutti la priorità del rispetto dei dettami di Maastricht. E le cose cambiano: Padoa Schioppa si rimette subito in sintonia col presidente della Banca d’Italia Draghi, interviene la Confindustria, Veltroni attacca le pensioni al Lingotto, Montezemolo lo elogia e D’Alema asserisce ferocemente che non ci sono soldi per l’abolizione dello scalone Maroni e che se anche ci fossero non dovrebbero essere spesi per i pensionati.
Risultato? La proposta, tra il furbo e l’ indecente, del ministro Damiano: rinuncia, com’era nel programma dell’Unione, alla cancellazione dello scalone Maroni e scelta di “ammorbidirlo”; rinuncia all’età minima di 57 anni e 35 di contributi e passaggio immediato a 58 anni, giungendo, nel prossimo triennio, a 60 anni. Praticamente un trucco, per far si che lo scalone berlusconiano che si vuol fare uscire dalla porta rientri dalla finestra.
E pensare, come lo stesso Padoa Schioppa aveva affermato prima della tirata d’orecchie di Almunia, che siamo di fronte ad un tesoretto notevole, di circa 15 miliardi di euro, sufficienti per cancellare, senza traumi sociali, lo scalone delle destre.
Ma l’intervento pesante della cavalleria liberista ha contribuito a spostare vieppiù a destra l’intera proposta di governo: oltre l’allungamento dell’età pensionabile siamo di fronte al progetto di taglio dei coefficienti, misura che attaccherebbe duramente le future pensioni dei giovani; per ciò che riguarda il mercato del lavoro persiste una sorta di santificazione – sino all’immodificabilità – della Legge 30, mentre le pressioni della Confindustria hanno bloccato anche le minime volontà riformatrici del governo sui contratti a termine; per i giovani si profilano misure ridicole quali il prestito d’onore a tasso zero che servirebbe a coprire lunghi periodi di disoccupazione e sui contratti si evocano misure di decontribuzione che ridurrebbero ancor più le pensioni per i giovani.
Sui diritti e sugli ammortizzatori sociali il governo appare afasico e il pericolo è che i sacrifici richiesti ai lavoratori e ai pensionati con la passata finanziaria non siano minimamente risarciti.
Controriformista, oltretutto, appare la disparità di trattamento sul fisco, poiché il progetto governativo fa sì che le plusvalenze azionarie e i grandi profitti finanziari siano tassati ancora al 12,5 per cento, invece che al 20 per cento come promesso sia nella finanziaria che nella campagna elettorale dell’Unione.
Vi è poi la ciliegina sulla torta : l’aumento “straordinario” di 40 euro sulle pensioni più povere (450/500 euro): con 40 euro ci si fa spesa per un giorno, e a quei pensionati che non arrivano alla terza settimana regaliamo un’etto di prosciutto, mezzo chilo di pane, l’insalata, qualche detersivo e un dentifricio in più lungo un anno. Sembriamo gli americani che regalavano gli spaghetti sulle macerie della guerra. E’ questa la redistribuzione ?
Vi è poi la questione politica. E’ del tutto evidente che l’asse moderato e liberista che si è costituito in questi giorni tra Almunia, Draghi, Padoa Schioppa, Montezemolo, Veltroni e D’Alema punta, da una parte, a plasmare strategicamente il nascente Partito Democratico e, d’altra parte, a dividere i comunisti e la sinistra d’alternativa.
Quale deve essere la risposta del nostro Partito, della sinistra radicale? Ve ne può essere una sola: ritenere inaccettabile ogni proposta che non cancelli lo scalone Maroni e permetta invece l’innalzamento dell’età pensionabile e il taglio dei coefficienti. Se prendesse corpo la proposta Damiano non potremmo che schierarci a fianco dei lavoratori in lotta, sino alla richiesta dello sciopero generale.
Due questioni finali: se una parte della sinistra d’alternativa si facesse irretire dalla proposta Damiano, il Prc non dovrebbe sacrificare sull’altare della “Cosa rossa” i diritti dei lavoratori; se il governo non tenesse conto delle nostre posizioni e della nostra scelta di cancellare lo scalone, non dovremmo sacrificare quegli stessi e sacrosanti diritti sull’altare del “ritorno delle destre”. A quel punto le politiche delle destre sarebbero già tornate al governo, tramite Padoa Schioppa, Damiano e Veltroni e soprattutto sarebbero già pronte a cantare definitiva vittoria sulle macerie del centro sinistra.
*senatore Prc, direttore de “L’Ernesto”