Dall’America Latina una lezione di economia per un nuovo mondo possibile. L’ha tenuta ieri alla facoltà di economia dell’università di Brescia Wim Dierckxsens, olandese trapiantato dal 1971 in Centro America. Insegna all’università di San José in Costa Rica e milita nel Forum mondiale delle alternative. Il suo ultimo libro – La transizione al postcapitalismo. Un’alternativa per la società del XXI secolo – è stato appena tradotto dalla Fondazione Guido Piccini (bella figura dell’antifascismo bresciano). «Oltre al coraggio della parola, dobbiamo avere il coraggio dell’ascolto». Con questa avvertenza a prestare ascolto alle «civiltà dei poveri» don Renato Piccini ha introdotto la lezione di Wim (tralasciamo, come tutti ieri, il faticoso cognome). E la Cgil, che con il Comune di Brescia e la Fondazione Piccini ha organizzato il convegno, di coraggio ha dimostrato di averne. Non è indolore per un sindacato, impegnato contro il declino industriale, confrontarsi con chi sostiene che solo la crescita zero – «anzi sottozero», ha puntualizzato Wim – salverà il mondo. Miele per i nostri amici di Carta, fiele per un’assemblea di tute blu che rischiano il licenziamento.
Wim dichiara l’obiettivo: «Mettere l’economia al servizio della vita, invece che sacrificare la vita all’economia». E’ possibile, sostiene da alcuni anni il movimento altermondialista. «E’ urgente, è obbligatorio», aggiunge lui. «Sono un sognatore? Sì. Sono un loco? Si, se essere pazzo significa non accettare lo stato di cose esistente». C’è una forte carica utopica ed etica nel pensiero di Wim, osserva il sindaco di Brescia Paolo Corsini (Ds), ma la sua idea che solo un’«economia del sufficiente e del necessario» garantisca l’equità tra gli esseri umani ed eviti il collasso ambientale è «razionalmente» fondata. Dino Greco, segretario della Camera del lavoro, va oltre: «Come Marx, Wim analizza il capitalismo reale». E ne ricava una verità incontrovertibile: pur di crescere il capitalismo «accorcia la vita» delle merci che produce, obbliga a buttar via ciò che è ancora ultile e a comprare ciò di cui non abbiamo bisogno. Con una velocità sempre più alta, che non dà il tempo alla natura di riprodursi. La ricetta declinata nobilmente dal keynesismo e più volgarmente dal consumismo è andata in crisi. Per uscirne non basta il «consumo responsabile», occorre la «produzione responsabile».
Il neoliberismo, risposta del capitale alla crisi del keynesismo, è già a sua volta in crisi, aggiunge Wim. Proclama che al mondo non c’è spazio per tutti, detta la legge del «si salvi chi può», pretende che ad essa si rassegnino gli esclusi, due terzi dell’umanità. «Ma così non si salverà nessuno». Le società transnazionali confliggono tra loro per spartirsi i mercati, gli Stati Uniti sono così deboli da dover far guerre perché il dollaro non sprofondi e per mantenere il controllo sulle materie prime. L’ingresso a piano titolo della Cina e dell’India tra i giganti economici aumenterà i conflitti.
Wim vede profilarsi all’orizzonte una recessione economica micidiale e rintraccia i germi di un’uscita di sicurezza per tutti, «anche per il Nord ricco», in quel che sta succedendo in America Latina. Brasile, Argentina, Bolivia, Venezuela, Cile, Ecuador hanno rotto la gabbia dell’annessione, non sono più il cortile di casa degli Usa. Fanno saltare l’Alca, rivendicano la sovranità alimentare, si ribellano alla privatizzazione dei beni comuni, gli indios – considerati «superflui» dalle transnazionali – diventano i protagonisiti delle lotte sociali e delle elezioni. L’America Latina non si limita a volere la sua fetta di torta, pretesa per altro sacrosanta. Lo fa, «indicando una direzione verso il postcapitalismo». Indicare la direzione, sottolinea Wim, non equivale a dire che la strada è già tracciata e sgombra. Le difficoltà sono enormi e la strada si costruisce «camminando».
Qualche annotazione sulla cronaca battente. Uscire dalla dollarizzazione è la prima cosa che dovrà fare il neopresidente dell’Ecuador Rafael Correa, «è sarà dura perchè il parlamento resta in mano alla destra». In Bolivia Evo Morales stenta, «ma lasciamglio tempo». In Venezuela Chavez domenica stravincerà le elezioni e grideranno che ci sono stati brogli. «I brogli, semmai, li hanno fatti in Messico». Chavez non gode di buona stampa in Europa: populista, machista, caciarone… Ecco in sintesi la difesa di Wim: «Sulle prime due possiamo discutere, quanto alla terza mi pare che non si limiti a parlare».