Il pensatoio di Prodi: tutti gli uomini del Professore

ROMA «So che Prodi sarebbe un ottimo pre­sidente del Consiglio. Le ragioni del cuore sono a suo favore». Era il 2 febbraio 1995 – dieci anni fa – e Nino Andreatta, allora capogruppo dei Popolari e per Romano quasi un padre, ne annunciò la candidatura al termi­ne di una riunione nel suo ufficio di Monte­citorio con Gio­vanni Bianchi e Nicola Mancino. A stretto giro Prodi sciolse la ri­serva e accettò.

Poi le cose andarono come andarono. «Due anni fa avevamo un’anima e cerca­vamo una mag­gioranza. Non vorrei che oggi, avendo la mag­gioranza, avessi­mo perso l’ani­ma». Era il 4 Lu­gliò 1998 e Gianmaria Flick, Guardasigilli del governo ulivista ospite al conve­gno annuale di Camaldoli organizzato dalla rivista Il Regno, fu buon profeta. Tre mesi dopo l’esecutivo cadde; sfiduciato da un voto di scarto.

Trascorso dalla sua scesa in campo un decennio che è un’epoca, il Professore riten­ta il difficile ambo sulla ruota politica italia­na. Oltre ad Arturo Parisi, intorno a Prodi si muovono vecchi e nuovi amici, conoscenze incuriosite, ambienti ancora da sondare. Quella che segue è una mappa degli interlo­cutori attenti alle mosse prodiane nei settori cruciali della società.

THINK TANK
Sempre verdi le radici bolognesi. L’asso­ciazione Il Mulino di studiosi e intellettuali legati da «impegno civile», nata intorno al­l’omonima rivista ora diretta da Edmondo Berselli, il cui laboratorio è l’Istituto Catta­neo. AI Mulino sono legati il politologo Ilvo Diamanti e il sociologo del lavoro Bruno Manghi, ex sindacalista Cisl negli anni `70. Con Cacciari, Michele Salvati e Gad Lerner, Manghi fa parte dell’associazione Milano Eu­ropa, volta a promuovere una lista civica per il sindaco di Milano nel 2006. Altri think tank sono il centro studi Arel gestito da Enri­co Letta e Nomisma, il pensatoio economi­co che Prodi fondò nell’81 ma in cui non ricopre nessuna carica dall’ingresso in politica.

Ma anche il quindicinale dei padri devoniani Il Regno, che l’anno prossimo festegge­rà il mezzo secolo di vita, con cui l’ex pre­mier non ha legami formali ma uno stretto rapporto affettivo e sulle cui pagine parla ex cathedra. E soprattutto, il seminario camal­dolense è il borsino del «chi sale e chi scen­de» nell’entourage prodiano. Ospiti fissi: Tommaso Padoa Schioppa, Barbara Spinel­li.

LA SQUADRA Da Bruxelles lo hanno seguito la segreta­ria Daniela Flamini e il portavoce Ricky Le­vi. Ora lo ha raggiunto Marco Vignudelli, suo ex portavoce alla Commissione Euro­pea, con il compito di mettere su l’ufficio stampa per la campagna elettorale mirato ai media locali. Uomo chiave per la comunica­zione è Rodolfo Brancoli, direttore della ca­sa editrice bresciana Governareper che ha prestato il nome alla «cassaforte» prodiana: la Fondazione destinata al fund raising per primarie ed elezioni, il cui tesoriere è l’avvo­cato genovese Mario Epifani.

Poi Gad Lerner, partecipante al concla­ve dei «saggi» sulla collina di Zola Predosa in cui furono assegnati i compiti per l’elabo­razione del programma. E Lilli Gruber, per la cui euroelezione Prodi si spese di persona, ma che ora vuole richiamare affidandole la Comunicazione della Federazione ulivista. Consulente politico è Franco Mosconi, giovane docente di economia, già nello staff di Palazzo Chigi e Bruxelles. Della squadra fanno parte anche il vulcanico imprenditore emiliano Angelo Rovati, ex presidente della Lega Basket e «uomo dei conti» della prossi­ma campagna elettorale, e la sua compagna Chiara Boni, stilista nonché assessore regio­nale in Toscana.

ECONOMIA E MANAGER
Uomo chiave per l’energia e le Tlc è Alessandro Ovi: ex collaboratore di Prodi all’Iri, ex Telecom, Tecnitel e Generali, in predicato come da Rai sotto il primo Ulivo, il top manager è laureato in ingegneria nucle­are al Politecnico e romanziere per hobby. Dirige la rivista italiana del Mit nel cui comi­tato scientifico siedono Prodi, Veronesi e Rubbia. E alla sua casa tosco-umbra di San Casciano capita di ospitare meeting riserva­ti.

Consulente per le.questioni agricole re­sta l’ex ministro dell’Agricoltura Paolo De Castro, presidente Nomisma fino a maggio scorso. Buoni rapporti con Fabiano Fabiani, che Prodi nominò a Finmeccanica: quando il Professore registrò il Porta a Porta che l’eurosiluramento di Buttiglione trasformò da commiato in trionfo, l’attuale presidente Acèa lo aspettò due ore in una saletta degli studi Rai, guardando la trasmissione in cir­cuito chiuso.

Economisti di fiducia sono il bolognese Paolo Onofri, mulinista, docente di Politica Economica, ex consulente dei governi Prodi e Amato e oggi probabile capo del relativo dipartimento della Fabbrica del Program­ma; Marcello De Cecco e Piero Giarda, cui Prodi chiese di candidarsi in Lombardia con­tro Formigoni alle Regionali. Il riferimento sul Welfare – oltre alla moglie Flavia – è Tito Boeri: un decennio all’Ocse, consulente Fmi, Ue e Banca Mondiale, animatore della comunità on line di economisti liberal La Voce. E il cattolico torinese Onorato Castelli­no. Legato al Mulino e a Nomisma è Fabio Gobbo, professore di Economia alla Luiss ed ex componente dell’Antitrust.

BANCHE E FINANZA
Inossidabili le relazioni con il presidente di Banca Intesa Giovanni Bazoli, legatissimo à Nino Andreatta, e con Alessandro Profu­mo di UniCredit, in passato unici interlocu­tori prodiani nella Mediobanca di Cuccia e Maranghi. Proprio a Bazoli Prodi si rivolse nel 2001 per l’incarico che fu poi affidato a Francesco Rutelli: Bazoli, dopo un’attenta riflessione, declinò l’offerta.

Al San Paolo Imi c’è Pietro Modiano, che ha lasciato UniCredit chiamato da Enri­co Salza. A quest’ultimo è vicino Luciano Segre, personaggio discreto ma non seconda­rio: lobbista dal pizzetto mefistofelico, in passato legato alla sinistra Dc di Donat Càt­tin e Goria, ex ghost writer dell’Unione Indu­striali torinese nella gestione De Benedetti, ha partecipato all’incontro autunnale che ha gettato le basi della Fondazione Governa­reper. Ed è il consigliere economico di Don Ciotti, il prete torinese fondatore del grup­po Abele, amico di Romano e Flavia. Segre è altresì il trait d’union con Fabrizio Palenzo­na, banchiere di UniCredit, ma anche ex presidente ulivista della Provincia di Ales­sandria che Prodi avrebbe voluto candidare in Piemonte contro Ghigo.

COSTITUZIONE E UNIVERSITA’
Costituzionalista storico di riferimento­è Franco Pizzetti: convitato a Zola Predosa, autore del discorso di Prodi con i tre «no» alla riforma costituzionale della CdL, relato­re alla Settimana Sociale di Bologna dove il cardinale Ruini fece lo «sgarbo» di non invi­tare il Professore.

Poi Augusto Barbera, il politologo Gian­franco Pasquino, Stefano Ceccanti, il giova­ne Sebastiano Vassallo. Ospite abituale delle letture del Mulino è poi Andrea Manzella. Mentre della squadra dei «saggi» che Prodi mise in pie­di nel ’95 faceva­no parte due fu­turi giudici costi­tuzionali: Flick alla Giustizia; e Valerio Onida al­le Riforme, fino a ieri presidente della Consulta. Pietro Scop­pola presiede il comitato che ha varato la «carta dei valori» della Federazione. Ed è, con Iginio Ariemma, alla guida di Cittadi­ni per l’Ulivo: l’avamposto dei comitati che ne­gli anni bui han­no «tenuta alta la fiamma dell’ulivi­smo» e che saran­no il sebatoio dei volontari prodia­ni per il 2006. Consigliere assai ascoltato sulla politica estera è Filippo Andreat­ta: docente di Re­lazioni Interna­zionali all’univer­sità di Parma, fi­glio di Nino.

CHIESA
Molto inde­boliti i rapporti con la Cei guida­ta da Camillo Ruini con cui, nonostante abbia celebrato nel `69 il matri­monio di Romano e Flavia, i toni sono geli­di. Maggiori aperture in Vaticano, dove di recente si sono ristabiliti i contatti con il Segretario di Stato Sodano. Amico e confi­dente di Prodi nonché capofila dei «progres­sisti» nel collegio cardinalizio è il cardinale Achille Silvestrini, patron del Regno, che por­ta a Camaldoli gli emergenti d’Oltretevere. Il cardinale Attilio Nicora – oggi presidente dell’Apsa, l’associazione che gestisce il patri­monio ecclesiastico – è stata l’interlocutoree durante la gestazione della Costituzione Eu­ropea. Contatti frequenti con Celestino Mi­gliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu. Punto di riferimento nel­la Cei è il vescovo di Viterbo Lorenzo Chiari­nelli organizzatore della Settimana Sociale cui, nonostante l’assenza forzata di Prodi, ha dato una chiara ispirazione di centrosini­stra. Nel mondo del volontariato ci sono Don Ciotti e il patron di Capodarco Don Vinicio Albanesi.

INDUSTRIA
Non si può parlare di prodiani in Con­findustria. È indubbio però che dalla gestio­ne D’Amato a quella Montezemolo il clima a Viale dell’Astronomia sia cambiato. Inter­locutori attenti sono Andrea Pininfarina, Al­berto Bombassei, Innocenzo Cipolletta. E l’emiliana Anna Maria Artoni, presidente dei giovani industriali in scadenza ad aprile e da più parti candidata a un ministero nel fantagoverno ulivista. Lei, in platea ai conve­gni dielle di Fiesole e Torino, smentisce pen­sieri di carriera politica. E sarà una coinci­denza anche l’acidità di Silvio Berlusconi: «Questi giovani imprenditori, li chiamo il venerdì pomeriggio e invece di lavorare so­no già in barca». O altrove.

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SULLA PUGLIA

CORRIERE ECONOMIA del 25 aprile 2005

A un certo punto, hanno deciso ché potevano cre­derci. Anzi, che doveva­no crederci: E’ stata quella volta che il re della pasta, Enzo Divella, presidente della Pro­vincia di Bari con il Centrosinistra, I si è messo l’orecchino. Come Nichi Vendola. Di più, «per» Nichi Vendo­la. E davanti a tutti, non solo ai foto­grafi e ai cameramen appositamen­te convocati, ma in Aula, durante i lavori del consiglio provinciale.

Quello è stato il segnale di una svolta interna ai cosiddetti poteri forti, primo tra tutti la Confindu­stria locale, che hanno cominciato a guardare al candidato presiden­te della giunta regionale pugliese, il comunista e gay Vendola, non sol­tanto come l’ultimo prodotto politi­co da «sdoganare», ma anche co­me l’uomo politico «nuovo» che sa­rebbe potuto diventare il loro mi­gliore interlocutore. D’altra parte, battuto alle primarie il margheriti­no Francesco Boccia, seppure ina­spettatamente, Nichi Vendola era pienamente legittimato a rappre­sentare il Centrosinistra. Fatta di necessità virtù, ecco dun­que Divella indossare l’orecchino e «spingere» Vendola in tutti gli am­bienti che contano. Dalla Confindustria alla Came­ra di Commercio, dagli agricoltori della Cia e del­la Coldiretti ai commer­cianti di Confcommercio e Confesercenti, fino a quei circoli cittadini di Bari, compreso quello che sia chiama Unione co­me la coalizione di Centrosinistra ma che nulla vi ha a che spartire, una volta evitati e conte­stati dai «sinistri».

Per la verità, non c’è voluto mol­to a portare da Vendola questo blocco sociale che una volta votava Pinuccio Tatarella. Non tanto per colpa di Fitto, che, come un po’ tut­ti riconoscono, non ha governato male. Quanto per la dedizione con cui molti «amici» di Fitto, in Forza Italia e in An, hanno lavorato al­l’elezione di Vendola. Tatarella Sal­vatore, per esempio, fratello del de­funto Pinuccio; eurodeputato e sin­daco di Cerignola, non ha mai fatto mistero della sua antipatia per Fit­to e della voglia di dargli una lezio­ne alla prima occasione.

E così ecco le migliaia di schede, proprio nel Foggiano, con voto «di­sgiunto»: a Vendola come presi­dente e ad An come lista. Però non sono stati solo gli ammutinamenti nella Casa delle Libertà a determi­nare la vittoria di Vendola. II lavo­rio di Enzo Divella, per esempio, ha dato i suoi frutti grazie anche al­la pronta disponibilità, diciamo co­sì, della classe imprenditoriale lo­cale a cambiare cavallo, e a punta­re quindi su Vendola anziché su Fit­to, in base a una semplice conside­razione di convenienza: poiché in Puglia il Centrosinistra governa quattro province su cinque e due capoluoghi su cinque e ha vinto le suppletive al Senato piazzando il dalemiano Nicola Latorre in un collegio che era del Centrodestra, e poiché è molto probabile che l’an­no prossimo vinca anche le elezio­ni nazionali, conviene puntare su un governatore che sia «in linea» con il resto del quadro politico.

Insomma, avere referenti che possano giocare a favore e non con­tro, sia in loco sia a Roma. Il contra­rio di ciò che, invece, continua il ra­gionamento, accadrebbe a Fitto. Il quale, essendosi già scontrato con Silvio Berlusconi sulla questione delle risorse finanziarie da destina­re al Sud e su quella di dar vita a una propria lista elettorale, è più «debole» di Vendola.

L’occasione è stata colta al volo da Vendola, che è persino andato a parlare ai confindustriali rassicu­randoli sull’inoffensività della pro­pria anima no-global. Girato il ven­to nel mondo dell’economia, il re­sto è stato più semplice. Alleanza dietro promessa di assessorati con socialisti e democristiani. Parole buone con magistrati e clero, cul­minati in occasione dell’elezione di Papa Ratzinger, definito da Ven­dola «il mio Papa» pro­prio mentre Grillini, pre­sidente Arcigay e deputa­to Ds, ne parlava come di una sciagura. Impegno a nominare super assesso­re all’Economia il riva­le-alleato Franco Boccia, : ex consigliere di Enrico ‘ Letta al ministero dell’Industria e fervido sosteni­tore della vendita (da al­tri considerata svendita, tanto che la magistratu­ra ha aperto un’inchie­sta) del più grande gruppo della sa­nità privata meridionale, le Casffdi cura riunite, alla Cbh (Città di Bari hospital) e a Banca Intesa.

La sanità in campagna elettora­le è stata il cavallo di battaglia di Vendola e del Centrosinistra, che hanno accusato Fitto di aver attua­to un piano di riordino «disastro­so». Su Cbh, tuttavia, Vendola si è mantenuto prudente. Eppure il gruppo fattura più di cento miliar­di di vecchie lire all’anno, quasi tut­ti provenienti da convenzioni con la Regione, e ha tagliato due terzi dei tremila posti di lavoro. Forse, prima di affrontare il problema, il neopresidente della Puglia aspetta di concordare il nome del nuovo as­sessore alla Sanità con i partiti del­la coalizione. 0 forse attende gli svi­luppi dell’inchiesta in corso. Fatto sta che dopo avere stretto, e in alcu­ni casi rafforzato, alleanze con i po­teri del sapere e delle professioni (l’università e alcuni ordini profes­sionali), sono i medici, gli ospeda­lieri soprattutto, l’ultimo potere forte con cui Vendola deve confron­tarsi. Ma, per averli dalla propria parte, Vendola deve affrontare il te­ma della sanità, pubblica e priva­ta, che lo ha portato al successo.

A cominciare dal caso Cbh. Ma qui, devolution o no, più delle paro­le e delle nomine assessorili servi­ranno risposte e soluzioni.