Quarantotto ore per vivere o morire. Oggi, di fronte al «notaio della crisi» Giorgio Napolitano Veltroni e Berlusconi si misureranno sulla fine della legislatura e sullo svolgimento delle prossime elezioni: se ad aprile (come pretende la destra) o a giugno (come sperano il capo dello stato e quasi tutto il centrosinistra a parte il Pdci).
Ciò che resta dell’Unione è nel panico. E al loft democratico sono già partite simulazioni di voto che diranno in che misura conviene o meno presentarsi da soli contro la destra. Le prime indicazioni per ora sono confortanti e sulla corsa in solitaria l’intesa ai vertici pare ferrea: sulla linea Veltroni sono d’accordo i rutelliani, i dalemiani, i «coraggiosi»e chi più ne ha più ne metta. Difensori di «un’anima coalizionale» sono rimasti solo i prodiani: «E’ un lusso che non ci possiamo permettere», ha ripetuto anche ieri Rosi Bindi. Più guardingo appare invece il «corpaccione» popolare del Pd.
Anche perché Forza Italia ha nuovamente respinto l’abbraccio veltroniano, chiarendo bene che correrà avendo al suo fianco tutti i suoi alleati storici. Per il Cavaliere l’esito elettorale è scontato: «Ci aspetta un
trionfo senza precedenti», ha galvanizzato i suoi via telefono. .
Alla vigilia delle consultazioni al Colle, Veltroni ha presentato insieme a Bettini e Franceschini i primi risultati organizzativi dì un partito che ancora non c’è. Manca lo statuto, non c’è un programma credibile, mancano perfino gli iscritti veri e propri. Nelle ex sezioni (finora sono 2500 i circoli avviati) ci si consola con il «certificato di fondatore del Pd». «Lo ha già ritirato un terzo di quelli che hanno partecipato alle primarie», ha detto il segretario preventivando un milione e 200mila aderenti: «Un numero incomparabile, straordinario e assolutamente al dì là di ogni aspettativa, L’obiettivo del Pd è quello di avere radici
profonde ma un carattere lieve».
A proposito di alleanze, il sindaco di Roma ha chiarito che «il programma sarà il punto di partenza e non di arrivo», e anche «a livello locale gli accordi saranno fatti sulla base delle convergenze programmatiche». Ma deve stringere i tempi. Dal momento in cui Napolitano scioglierà le camere avrà 7 giorni di tempo per dimettersi da sindaco e candidarsi al parlamento.
A sinistra, la tentazione solitaria terremota soprattutto Sd, con molti esponenti, sindacalisti e non, già tentati dal ritomo nelle fila del Pd. E Fabio Mussi, coordinatore del movimento, accusa Veltroni dì voler «trasformare le elezioni in una resa dei conti a sinistra», che equivarrebbe a dire: «Prego, Berlusconi si accomodi»; «È una linea – insiste Mussi- che condanna tutti alla sconfitta. Anzi, non c’è combattimento neanche per il senato, dove il centrodestra potrebbe puntare a vincere in tutte le regioni». Senza contare i possibili effetti a cascata nelle elezioni comunali, provinciali, regionali.
Rifondazione comunista, Sd e Verdi virano dunque sulla Sinistra arcobaleno. Alfonso Pecoraro Scanio non ha dubbi: «Noi sicuramente faremo una lista nuova, quella della Sinistra arcobaleno che dimostrerà che la sinistra è capace di innovarsi. Sfidiamo il Pd ad essere alleato e a non regalare il potere a Berlusconi».
Più isolato il segretario del Pdci Oliviero Diliberto mette in guardia le forze della sinistra da un esecutivo tecnico: «Attenti, perché è una trappolona di Berlusconi per un dialogo finto, che ci porta dritti dritti a una delegittimazione della sinistra». Per questo chiedono il ritorno immediato alle urne, senza ritocchi elettorali. :
In ogni caso, di riforma elettorale si tornerà a parlare. Secondo la maggior parte dei costituzionalisti ascoltati dal Colle, la data del referendum Segni-Guzzetta può essere decisa dal governo uscente anche a camere sciolte. In caso di elezioni anticipate cadrà nella primavera del 2009. L’ennesima mina a scoppio ritardato