Il nuovo «avamposto» Usa: Rota o Sigonella

Secondo il quotidiano di Madrid El País, il Pentagono sta decidendo fra la base spagnola e quella italiana

Una base di lancio piena di armi di distruzione di massa. E senza che i governi di Spagna e d’Italia possano interferire

Ieri El País, il più autorevole quotidiano spagnolo, è uscito con una notizia inquietante, sia per la Spagna sia per l’Italia. Il titolo era «Gli Stati uniti progettano di fare di Rota la base principale delle sue forze speciali in Europa». L’articolo spiegava che il Pentagono sta meditando di concentrare in un solo «avamposto» le unità per operazioni speciali sparse nelle basi dei vari paesi europei e «i candidati sono le basi di Rota (Cadice) e Sigonella (Sicilia). Lo ha dichiarato il comandante in capo delle forse Usa in Europa, il generale dei marines James Jones. La base di Rota, continua poi l’autore dell’articolo, Miguel Gonzalez, è divenuta «negli ultimi mesi il tampolino di lancio delle sempre più frequenti operazioni militari degli Stati uniti nell’Africa sub-sahariana» che, «dopo la caduta del regime taliban in Afghanistan, si è convertito in rifugio di al-Qaeda». Per la verità non un problema degli ultimi mesi. E neanche degli ultimi anni. Già nella prima guerra del Golfo, nel `91, il governo socialista di Felipe Gonzalez autorizzò centinaia di missioni americane in partenza o in transito da Rota. E nella seconda guerra del Golfo, nel 2003, con il governo iper-americano di José Maria Aznar, altrettante. Idem nel «dopo-guerra»: i bombardieri che hanno raso al suolo Falluja in novembre, partivano da Rota.

Gli americani possono fare quello che vogliono, da oltre mezzo secolo, grazie agli accordi militari bilaterali fra i due paesi. Il primo dei «Patti di Madrid» fu firmato nel 1953. Con essi l’amministrazione Truman sdoganò ufficialmente il fascista Francisco Franco, in nome della «minaccia sovietica» e della «difesa dell’Occidente». Poi i «convenios» Washington-Madrid furono rinnovati: `70, `76, `82, `89 con l’ultimo rinnovo che è del febbraio 2003. Senza distinzione di governi, dal franchismo alla Ucd di Suarez, dal socialista Gonzalez al consevratore Aznar.

Non ci sono segnali che il nuovo governo socialista di Zapatero, nonostante lo strappo del ritiro dall’Iraq dell’aprile 2004, abbia qualche intenzione di mettere mano alla materia. Sarà interessante comunque vedere, nel caso che la scelta ricada su Rota, la risposta.

Prima le basi Usa in Spagna erano molto più numerose. Dopo la chiusura ufficiale di quelle di Saragozza e di Torrejon, alle porte di Madrid, ne sono rimaste due: quella di Rota e quella di Morón. Non a caso entrambe nel sud andaluso: una vicina a Cadice, l’altra vicino a Siviglia. Quella di Rota è la più importante perché è una base aeronavale, quindi completa. Per quanto occupi, con i suoi 2400 ettari, praticamente tutto il territorio muncipale (in cambio il Comune riceve 300 mila euro l’anno), il Pentagono pensava già prima delle notizie di ieri sul Pais, di finanziare con 270 milioni di euro l’ampliamento delle sue installazioni di terra (vi stazionano fra i 3000 e i 4000 soldati), del porto e della pista d’aviazione. Lì sono stoccate in grandi quantità quelle armi di distruzioni di massa che gli americani non hanno trovato nell’Iraq di Saddam: chimiche, biologiche e anche nucleari. In aree iper-popolate popolate. Ma nessuno spagnolo può mettere becco.

Quanto a Sigonella…, di Sigonella, vicino a Catania, sappiamo tutto o quasi, anche se in molti la ricordano solo per il glorioso episodio legato alla vicenda dell’Achille Lauro dell’85. Ne scrisse anche Valentino Parlato sul manifesto del 6 luglio 2004 in un reportage dalla Sicilia – «una base strategica» per gli americani – citando i dati principali presi dal sito internet del Cepes di Palermo. In estrema sintesi: investimenti della Marina Usa per 675 milioni di dollari fra il 2004-2007, mercato nero di carburante, spreco di acqua e di energia, testate atomiche, militari americani legibus solutis, intrecci mafiosi. Rota o Sigonella, quale sarà l’eletta?