BRUXELLES — Non è uomo che parli per enigmi, Vladimir Putin. Usa ed Europa si preparano a riconoscere l’indipendenza del Kosovo, da quella Serbia che scrive in cirillico e da millenni considera i russi come fratelli maggiori? E lui, il capo del Cremlino, scandisce secco: «Sul Kosovo ci vuole pazienza. Perché continuare a scuotere le fondamenta del diritto internazionale, spingendo il separatismo nell’Europa? Avete forse pochi problemi, in Spagna? Avete pochi problemi che possano sorgere in Belgio, o in Romania?». Oppure — ma questo è sottinteso — in altre zone come l’Abkhazia, o l’Ossezia? Poiché anche laggiù c’è chi chiede l’indipendenza, magari a spese della Georgia e con l’appoggio della Russia. E con la possibile implosione di tutto il Caucaso. E se oggi si ascolta il Kosovo, lascia capire Putin, come non si potrà ascoltare quegli altri? Il vertice bilaterale fra Russia e Unione Europea, che si apre oggi nella città di Marfa a 40 chilometri da Lisbona (la presidenza di turno della Ue spetta al Portogallo), è stato inaugurato da Putin così, con messaggi netti e duri. E con 2 bombardieri strategici Tupolev 160 che, a un paio d’ore da lì, si spingevano fino a 190 chilometri da Noordwijk, in Olanda, dove si stava svolgendo un altro incontro: quello, burrascoso, fra la Russia e la Nato. «Può essere un caso, o un segnale», ha detto il colonnello John Lien, dell’aviazione norvegese, che vegliava allarmata sul proprio spazio aereo. E un segnale di che, non c’è stato bisogno di spiegarlo: la febbre non cala, nei rapporti fra il Cremlino e l’Occidente, anche se la mediazione dell’Ue è improntata a gran pragmatismo, come trapela dai documenti preparati a Bruxelles.
L’Europa vede sempre la Russia come un «partner strategico» nell’economia, ma in altri campi l’«amico Vladimir» caro a certi passati governi — quelli di Berlusconi, Schròder, Chirac — viene considerato un competitore, o un «avversario». Tanto che solo all’ultimo questi termini sarebbero stati cancellati dagli stessi documenti, per evitare «gaffes».
Sul tavolo ci sono molti temi spinosi: blocchi militari, scudi antimissilistici Usa nell’Est Europa (ieri Mosca ha definito «inaccettabili» le proposte Nato), energia (i 27 Paesi europei dipendono da Mosca per il 42% del loro gas naturale, import quasi triplicato in 6 anni), diritti umani, Kosovo, Iran («Basta sanzioni», ha già detto Putin). Con un risvolto ben chiaro a tutti: il 2 dicembre ci saranno le elezioni politiche russe, offuscate da sospetti, e a primavera quelle presidenziali che dovrebbero incoronare l’erede di Putin. L’Europa avrà a che fare con quell’erede, e già ci pensa.
Quanto a Mosca, ieri ha espresso un «ottimismo prudente» riferito all’esito delle elezioni polacche: hanno perso i gemelli Kaczynski, quelli che bloccavano l’accordo strategico Ue-Russia per punire l’embargo russo alla carne polacca. Ma se hanno perso loro, non è detto che vinca ora l’armonia fra il Cremlino e 27 Paesi dagli interessi così diversi.