Francia, Germania e Gran Bretagna accusano Tehran di voler portare avanti un programma nucleare militare, ma intanto il più aggressivo tra i membri della troika si trova a dover fare i conti all’interno dei suoi confini con le stesse bellicose ambizioni manifestate dall’Iran. Se sulla scena internazionale Tony Blair dichiara, infatti, che contro i propositi atomici della repubblica islamica «non si esclude nessuna misura», in casa sua il premier si appresta invece a rilanciare la carta nucleare, rinnovando il suo arsenale ormai datato. Fin dagli anni `60 la Gran Bretagna fa parte dell’esclusivo circolo di possessori di armi atomiche. A causa del materiale con cui sono costruite e della loro natura particolarmente sofisticata, però, queste sono soggette al deterioramento del tempo. L’ultima generazione acquistata da Londra, composta da missili americani Trident II armati ciascuno con diverse testate e trasportati da sottomarini classe Vanguard, si sta avvicinando alla fine del suo ciclo vitale. O meglio, il sistema è in grado di resistere fino al 2024. Però, affinché quello nuovo che dovrà sostituirlo sia progettato, costruito e messo a punto in tempo, una decisione deve necessariamente essere presa entro e non oltre la presente legislatura. Quale miglior occasione per dimostrare la serietà di voler aderire al principio base del trattato di non proliferazione? Le poche dichiarazioni trapelate finora dal governo britannico, però, fanno supporre che, al contrario, Londra si appresti a violare apertamente gli stessi principi invocati per sanzionare l’Iran.
Se è infatti vero che fino ad oggi Downing Street ha dimostrato un certo impegno nello smantellare alcune delle armi atomiche in suo possesso, la decisione di investire in un sistema nuovo di zecca rappresenta invece un deciso cambiamento di strategia – e una contraddizione che di sicuro non aiuterà a dissuadere Tehran dal fare altrettanto.
«Gli stati che possiedono il deterrente nucleare predicano la solita dottrina asimmetrica del `fate quello che vi diciamo noi, ma non quello che facciamo noi», fa notare Dan Plesch, ricercatore presso il Centre for International Security and Diplomacy dell’Università di Londra, che da anni si occupa del problema della proliferazione delle armi nucleari nel mondo. «Si parla tanto di quello che stanno facendo ultimamente gli iraniani, senza mai ricordare che Usa e Uk mantengono da anni in funzione una strategia di attacco nucleare immediato nei confronti di Tehran».
Nonostante il tentativo da parte dell’esecutivo di mantenere una certa discrezione sulla questione, un gruppo di parlamentari Labour insiste perché il dibattito sia reso pubblico. Il ministero della Difesa, però, si rifiuta di rivelare qualsiasi informazione utile, fra cui i risultati degli studi compiuti su costi e benefici di possedere un arsenale nucleare. Teoricamente, la legge permette al governo di decidere sulla questione senza neanche l’obbligo di interpellare la Camera dei comuni.
L’unica cosa certa è che, in un breve accenno contenuto nel programma elettorale presentato da Blair alle ultime elezioni, si conferma la volontà del premier di mantenere «l’indipendenza del deterrente nucleare».
«Fintanto che esisterà un potenziale nemico in possesso di armi nucleari, noi siamo intenzionati a mantenere il nostro arsenale» ha dichiarato lo scorso novembre il ministro della Difesa John Reid, in uno dei rari interventi espliciti sulla questione, tenuto davanti alla commissione parlamentare per la difesa.
L’intenzione battagliera del governo sembra trovare conferma nel nuovo equipaggiamento installato presso il laboratorio nucleare di Aldermaston. Ad un costo iniziale di circa 7,5 miliardi di euro, questo rappresenterebbe solo una frazione della spesa complessiva per il nuovo sistema. Quello attuale, pensato all’epoca della guerra fredda quando l’unico luogo sicuro per tenere le testate nucleari britanniche fuori dalla portata dei missili sovietici era di custodirle a bordo di sottomarini in costante movimento sui fondali, è costato 18 miliardi di euro. Il governo si rifiuta di rivelare le stime ufficiali, ma secondo gli esperti, la nuova generazione di armi potrebbe ammontare anche al doppio di quanto speso l’ultima volta.