Se questo fosse l’Iraq, o la Somalia, o la Cecenia, l’andamento non sarebbe difficile da capire. Ma questa è la Gran Bretagna, durante il più lungo periodo di pace interna e di prosperità della storia moderna. Dopo 36 trimestri successivi di crescita e bassa inflazione, con alto tasso di occupazione e bassa probabilità di essere assassinati nel proprio letto, dovremmo essere le persone più felici, serene, meno preoccupate che abbiano mai vissuto. Ma qualcosa è andato storto.
Un rapporto pubblicato recentemente dalla British Medical Association indica che c’è stato un costante aumento di disordini mentali tra bambini e ragazzi tra i 5 e i 16 anni. Ad oggi, il 9,6% di loro – quasi uno su 10 – soffre di problemi psicologici «persistenti, gravi e che influenzano le sue funzioni giornaliere». All’incirca «1,1 milioni di ragazzi sotto i 18 anni… si avvarrebbero dei servizi di uno specialista». Non penso che sia un’esagerazione descrivere tutto ciò come una catastrofe sociale.
Che sta succedendo? La Bma (British Medical Association) non ne è sicura. Suggerisce che un fattore potrebbe essere la dieta, in particolare una possibile deficienza degli acidi grassi Omega 3. Osserva che mentre non c’è stato aumento nel numero di ragazzi tra gli 11 e i 15 anni che consumano alcool, il consumo tra coloro che bevono è però raddoppiato in 14 anni. Ha scoperto che per i bambini che vivono in condizioni di povertà è molto più probabile sviluppare disordini rispetto a coloro che hanno genitori più ricchi. Ma visto che la povertà infantile sta diminuendo, ci si aspetterebbe che questo significhi anche una diminuzione dei problemi psicologici.
Il Bma indica anche il mutamento della vita famigliare. Ma un altro rapporto sullo stesso argomento, pubblicato dalla Nuffield Foundation nel 2004, ha scoperto che «cambiamenti evidenti nei modelli famigliari… non sono stati la ragione principale dell’aumento dei problemi comportamentali».
Lo stesso studio contiene anche una delle affermazioni più sensazionali che abbia mai letto: «La crescita nei problemi di salute mentale sembra essere associata al miglioramento delle condizioni economiche». Al crescere del Pil diventiamo più disturbati. Tra altre possibili cause, si dà la colpa alle crescenti pressioni scolastiche, ai cambiamenti nella relazione con altri bambini e ad una diminuzione nelle limitazioni e nelle regole imposte dai genitori. Ma tutto questo, si ammette, sono «ipotesi non verificate».
Visto che l’ipotesi di ciascuno è buona come quella di chiunque altro, mi sento autorizzato ad azzardarne una tutta mia. Accetto che questo è un problema complesso, e che vi sono indubbiamente molte cause. Ma propongo che una di esse sia la sindrome di Willy Loman.
Willy Loman è il personaggio del dramma di Arthur Miller “Morte di un commesso viaggiatore”. Egli è lacerato dal divario tra le sue aspettative – la promessa, comune a tutti, di fama e fortuna – e la realtà. Anche se il suo modesto potere declina e la sua carriera va in pezzi, egli crede che può ancora essere il numero uno. Si era soliti chiamarlo Sogno Americano. Adesso è l’incubo di ciascuno di noi.
Una ricerca pubblicata in aprile dall’economista Tom Hertz ha mostrato che gli Stati uniti hanno uno dei più bassi livelli di mobilità intergenerazionale del mondo ricco. Un bambino nato in una famiglia povera ha l’1% di probabilità di diventare, crescendo, membro del più ricco 5 per cento, mentre un bambino nato in una famiglia abbiente ha il 22 per cento della stessa probabilità. Un altro studio, pubblicato dal Business Week, ha trovato che nel 1978 il 23 per cento dei maschi adulti i cui padri appartenevano al quartile della distribuzione di ricchezza più basso sono passati al quartile più alto. Nel 2004 la stessa cifra era del 10 per cento. Ma la realtà e la pubblica percezione viaggiano in direzioni opposte. Un sondaggio per il New York Times pubblicato nel 2005 ha mostrato che l’80 per cento degli interrogati pensava che fosse possibile per gente povera diventare abbiente lavorando sodo. Nel 1983 la cifra era solo del 60 per cento.
Hertz ha notato che «tra i paesi ad alto reddito pro-capite per cui sono disponibili stime confrontabili, solo il Regno Unito aveva un tasso di mobilità più basso degli Stati uniti». In aprile la fondazione Joseph Rowntree ha pubblicato uno studio che mostra che i cittadini del Regno Unito che oggi hanno 30 anni hanno il doppio di probabilità di rimanere nella stessa classe economica dei loro genitori, rispetto a persone nate 10 anni prima.
Anche qui, la diminuzione di mobilità è accompagnata da un aumento di aspettative. In gennaio il Learning and Skill Council ha trovato che il 16 per cento degli adolescenti intervistati credevano che sarebbero diventati famosi, probabilmente tramite l’apparizione in uno spettacolo come “Il Grande Fratello”. Molti di loro la vedevano come una prospettiva migliore rispetto al conseguimento di una qualifica; l’11 per cento di loro, si è scoperto, «se ne stanno senza fare nulla “aspettando di essere scoperti”». Il Learning and Skill Council ha affermato che la probabilità di essere scelti da “Il Grande Fratello” e di diventare di conseguenza ricchi e famosi, è di uno su 30 milioni. Ma la promessa che ci viene fatta è che può accadere a chiunque. Gli adolescenti sembravano credere che potesse succedere a tutti.
E questo è sicuramente ciò che nella nostra economia ora funziona. Una vasta industria si dedica a vendere alla gente immagini di se stessa che non hanno nessuna relazione con la realtà. Di queste la più ovvia (e questo non è certo un argomento originale) è la celebrazione della magrezza estrema proprio quando l’obesità infantile sta diventando un’epidemia.
Il titolo del numero di questo mese della rivista per ragazze Sugar è “Ottieni senza sforzo questo corpo da bikini”. Gran parte delle pagine sono dedicate al corpo o a celebrità. Un articolo sulla compagna di Theo Walcott, Melanie Slade, mostra come lei stia per cambiare la sua vita modesta in ville, macchine sportive, stazioni termali e compere a Bond Street. Il suo ritratto di tipica “sposa celebre” contiene un allegato per “parenti brutti”. Una donna grassa viene irrorata con della crema autoabbronzante da un artista del trucco, che sta «cercando di rendere la bruttezza fotogenica».
Un paio di lettrici cercano di ribellarsi a questi sogni impossibili, ma vengono stroncate. «Dopo aver letto “Come essere sexy come Christina Aguilera”», scrive una ragazza, «ho capito: come può una ragazza dire di essere un individuo, ma sembrare di plastica?». Il redattore risponde: «Lei ha un approccio individuale alla moda, all’immagine, all’atteggiamento – questo è il motivo per cui noi pensiamo che lei sia eccezionale». In un’altra lettera si chiede: «Perché c’è sempre una celebrità sulla copertina di Sugar? Anche le persone che non sono delle celebrità sono persone, e le lettrici reagirebbero meglio vedendo la sorella più grande della propria amica piuttosto che una star che invidiano!». A lei viene risposto: «Dalle nostre ricerche risulta che la maggior parte di voi preferirebbe vedere in copertina una celebrità».
Uno dei disturbi che sta crescendo più in fretta, dice la British Medical Association, è l’autolesionismo: farsi tagli o bruciature, strapparsi i capelli, inghiottire veleni. E’ più comune nelle ragazze che nei ragazzi: una ricerca ha mostrato che l’11,2 per cento delle ragazze ha commesso un atto di questo tipo. Se le ragazze aggrediscono o cercano di cancellare il proprio corpo, è sicuramente perché gli è stato insegnato ad odiarlo.
Il divario tra ciò che ci dicono che dovremmo essere e ciò che siamo sta crescendo. Mentre le aspettative dei ragazzi perdono contatto con la realtà, essi sono lacerati tra la loro vita interiore all’insegna della fama e fortuna, e la monotona realtà che la loro mente non vive più. La pubblicità (e gli affari che la sostengono) non è il rumore di un bastone in un secchio di rifiuti, come diceva Orwell, ma piuttosto la carota che continua a far muovere l’asino. Non ti sarà mai permesso di avvicinarti abbastanza per mangiare, per quanto forte tirerai. E’ difficile che un’economia guidata dall’insoddisfazione possa fallire nel far crescere la malattia mentale.