Il nodo è come redistribuire

La situazione economica italiana è gravissima. Il governo Berlusconi sta portando allo sfascio il paese. Ma se oggi siamo in questa pesantissima situazione, dobbiamo ricordarci che lo dobbiamo alle politiche miopi portate avanti in questi ultimi anni da governi e industriali, che pensavano che bastasse togliere i diritti ai lavoratori per rendere maggiormente competitivi i prodotti italiani sui mercati internazionali. Oggi i lavoratori e i pensionati stanno peggio di prima, basta guardare ai salari e alle pensioni, ma contemporaneamente il sistema economico continua ad arretrare. Dopo la santificazione del liberismo con i suoi esiti fallimentari, è preoccupante constatare che una parte del Governo pensa che per fare fronte alla concorrenza internazionale sia necessario chiudere le frontiere. Tutti abbiamo visto lo slogan e i manifesti esposti soprattutto in Lombardia: «aiuto dopo i cinesi arrivano i turchi», si tratta di un modo di affrontare i problemi che evita di fare i conti con gli errori del passato e scarica verso l’esterno responsabilità che invece vanno ricercate nelle debolezze strutturali dell’economia italiana. Le politiche economiche non affrontando i nodi strutturali, la situazione economica peggiora ogni giorno: basta guardare ai fallimenti di società e alle crisi di grandi fabbriche. Credo che sia possibile affrontare e cercare di dare risposte positive ai problemi che abbiamo di fronte intervenendo sulle cause della crisi e se si agisce contemporaneamente su più fronti.

A livello territoriale, investendo nella crescita culturale e professionale mediante l’innalzamento dei livelli di scolarità e la promozione di serie attività di formazione, investendo inoltre nella ricerca di nuovi prodotti a elevato contenuto tecnologico, perché pensare di poter competere con i paesi emergenti sul versante dei prezzi a parità di prodotto è una scelta perdente in partenza. Gli industriali devono accettare il rischio d’impresa ritornando a investire nell’industria, nel lavoro e soprattutto nelle persone che vi operano, scelta che si concretizza con il rispetto dei diritti e della dignità dei lavoratori; la politica del credito deve essere veramente di sostegno allo sviluppo delle attività produttive, per questo le banche hanno un importante ruolo nel sostenere i progetti delle aziende, per questo devono eliminare le pratiche lobbistiche e poco trasparenti in atto.

A livello nazionale è necessario spostare risorse economiche a sostegno della ricerca e della produzione di nuovi prodotti ad alto contenuto tecnologico colmando il differenziale che esiste tra l’Italia ed altri paesi industriali. Per realizzare una scelta di questo genere sono necessari investimenti pubblici significativi nella ricerca; accompagnati da una politica economica da parte dello stato tesa a salvaguardare la grande impresa, a partire dalla Fiat e contemporaneamente aiutare la piccola e media impresa attraverso politiche tributarie e incentivi su progetti mirati, ma soprattutto va progettata una politica economica di grande respiro nei principali settori industriali che ricostruisca la presenza di un’industria nazionale italiana nei settori strategici dell’economia mondiale, ponendo rimedio alle scelte dissennate del recente passato.

A livello europeo, con una popolazione di 455 milioni e un pil di circa 10 mila miliardi di euro, i redditi medi registrano grandi differenze, con leggi disuguali, condizioni economiche e regole diverse tra i diversi paesi: è quindi necessario avviare una nuova stagione politica affinché in Europa e a livello internazionale vi siano leggi, regole, diritti e doveri uguali per tutti, senza un processo di progressiva integrazione i singoli stati d’Europa saranno più deboli nel confronto di paesi come gli Usa, la Cina, il Giappone, l’India. Bisogna evitare l’ulteriore realizzazione del dumping economico e sociale che favorisce quei paesi e imprese con bassi costi perché sfruttano i bambini e i lavoratori per 16 ore al giorno per sette giorni alla settimana, con salari da fame e nessuna tutela per la vita e per la salute delle persone che lavorano. L’euro è stato un fatto importante, ma la moneta unica da sola non basta rispetto alle grandi trasformazioni in atto, va costruito un soggetto politico autorevole che dia capacità e forza ai paesi aderenti all’area dell’euro unito a un maggiore ruolo nei mercati mondiali nei confronti dei paesi dell’area del dollaro.

Il Sindacato e soprattutto la Cgil, se vuole evitare il disastro economico e il peggioramento ulteriore delle condizioni di vita e di lavoro, deve aprire una vera piattaforma sociale e politica (discussa e approvata dai lavoratori) per una diversa politica economica. Per fare questo deve abbandonare la strada percorsa in questi ultimi periodi della pura testimonianza, senza nessuna continuità, così facendo non si sposta il governo dalle sue posizioni; la vicenda delle pensioni e della finanziaria sono davvero emblematiche. Il sindacato confederale non può limitarsi a essere una fabbrica delle chiacchiere perché, insieme al precipitare della situazione economica, si registra il dramma sociale per le classi meno abbienti e si arriverà rapidamente, di fronte allo sfascio della finanza pubblica, al blocco dei servizi sociali. Nello stesso tempo le categorie devono aprire seriamente la lotta per aumentare i salari e contrastare il lavoro precario. Chi sta conducendo questa battaglia è solamente la Fiom, ma non basta. Questa situazione inquieta e aggrava la condizione dei lavoratori e dei pensionati e non da nessun futuro ai giovani.

*Cgil Brescia