«La proposta Bombassei è inaccettabile: in Italia si è già discusso a lungo di licenziamenti e articolo 18, e la Cgil non è disponibile a riaprire il dibattito. Se davvero ci verrà presentato quel tema, il confronto che si apre il 22 marzo rischia di mettersi su un binario morto». Il segretario confederale Cgil Fulvio Fammoni, responsabile per il sindacato delle Politiche attive del lavoro (quelle che, semplificando, si chiamano anche «mercato del lavoro»), chiude le porte al tema rispolverato ieri dal vicepresidente degli industriali, Alberto Bombassei, ovvero la possibilità di intervenire sulla tutela dell’articolo 18. L’abbiamo sentito non solo per discutere di giusta causa – cavallo di battaglia della Cgil, basti ricordare i tre milioni in piazza il 23 marzo del 2002 – ma anche per capire cosa il sindacato chiederà all’apertura dei tavoli, dopodomani: che destino dovranno avere, almeno negli auspici della Cgil, la legge 30 e i contratti a termine. O come debba essere utilizzato l’ormai celebre «tesoretto», il surplus di entrate fiscali che tutti si contendono.
Cominciamo dalla «proposta Bombassei». Perché non siete d’accordo a intervenire sulla «flessibilità in uscita»?
Credo che si voglia condizionare la trattativa: se a tre giorni dall’apertura del tavolo si pone in mezzo il tema del licenziamento, la trattativa si può mettere su un binario morto. Ogni volta che le imprese hanno portato sul tavolo l’«ossessione» del licenziamento non si è mai riusciti a parlare di merito. E questo lo sa benissimo chi ha fatto quest’ultima uscita. Noi siamo assolutamente contrari a modificare l’articolo 18, e anzi diciamo che il problema è opposto: vanno piuttosto riconosciute tutele ai tanti precari che oggi non hanno difese. Se oggi il dibattito è quello di legare gli ammortizzatori sociali alla riforma del mercato del lavoro, non bisogna aumentare i precari, ma alcontrario bisogna diminuirli, perché agli attuali livelli non si troveranno mai risorse disponibili per gli ammortizzatori necessari.
Perché, secondo la Cgil il precariato è in crescita? Pietro Ichino oggi (ieri per chi legge, ndr) firma un editoriale sul Corsera in cui afferma che la legge 30 non ha aumentato il precariato.
Ognuno può leggere i dati, e due indagini dicono che il precariato aumenta nei «flussi» (le nuove assunzioni), e negli «stock» (l’incidenza sul mercato complessivo). La prima è quella Unioncamere-Excelsior-ministero del lavoro: il 2006 è stato il primo anno in cui le nuove assunzioni precarie hanno superato quelle a tempo indeterminato. Poi ci sono i dati Istat sui contratti a termine: sono passati, dal 2005 al 2006, dal 12% al 13% dell’occupazione dipendente. E infine, accanto ai precari ci sono almeno tre milioni di lavoratori in nero. Questi numeri sfatano la «leggenda» degli ultimi anni, ovvero che deregolamentando le tutele diminuisce il lavoro precario e il sommerso.
Eppure gli industriali citano il Libro verde della Ue sul lavoro: rimodulando le tutele dei «garantiti» si invoglierebbero le imprese ad assumere invece che spingerle a delocalizzare verso i paesi a basso costo del lavoro.
Con Cisl e Uil abbiamo detto di essere contrari all’impostazione del Libro verde Ue: l’idea che si fa entrare chi sta fuori, l’outsider, togliendo le tutele a chi sta dentro, l’insider. Secondo Eurostat le migliori performances ce l’hanno proprio quei paesi che danno più tutele ai lavoratori.
Dunque al tavolo con il governo cosa chiederete?
Innanzitutto vogliamo sapere cosa ci propone il governo e le risorse in campo. Sapendo che ci muoviamo su tre priorità: uno sviluppo basato sulla qualità del lavoro, con nuove regole e ammortizzatori; la tutela dei salari e delle pensioni; mettere mano alla «controriforma Maroni». Il famoso «tesoretto» ancora dobbiamo capire quanto sarà grande, ma comunque deve andare prevalentemente a lavoro e pensioni: il che favorirà anche le imprese, perché ripartiranno i consumi.
Su contratti a termine ed esternalizzazioni cosa chiederete? Le proposte di legge Cgil sull’eliminazione del lavoro parasubordinato restano una priorità?
Io credo che le nostre proposte di legge siano ancora quelle migliori sul tappeto, quelle che mettono fine al problema di questa forma «ibrida» del lavoro, il parasubordinato. Quanto ad esternalizzazioni, cessioni ed appalti, nel documento comune con Cisl e Uil si chiede un intervento del governo. Così sui contratti a termine: il ministero aveva emesso nel novembre scorso delle linee guida che noi abbiamo apprezzato. L’essenziale è che i contratti a termine siano motivati, non ripetibili all’infinito, che abbiano una percentuale massima e lascino spazio alla contrattazione. Il tempo indeterminato deve essere la forma normale di lavoro.
Sui contratti chiedete di defiscalizzare il secondo livello. Non temete che con gli anni questo indebolisca il contratto nazionale, reso meno conveniente?
Credo di no. Perché noi chiediamo innanzitutto di rinnovare senza ritardi tutti i contratti nazionali, che tutelano il potere di acquisto di tutti. Il secondo livello è un’aggiunta. Non credo che ci siano così ingenti risorse da renderlo eccessivamente competitivo, e poi temo che molte imprese sceglieranno comunque di non siglarlo, preferendo avere mano libera piuttosto che sgravi fiscali.
Bombassei parla anche di orari: siete disponibili a «bypassare» la trattativa con le Rsu, come chiedono le imprese?
La nostra posizione è nota ed è immutata: la trattativa sugli orari si fa in azienda e con le Rsu.