Il mondo piatto del generale «Arik» dove la politica si fa con le armi

Quando Ariel Sharon annunciò il suo piano per un «ritiro unilaterale» il movimento «Peace Now» avrebbe voluto scendere in campo a favore della proposta ma ne sarebbe stato dissuaso dallo stesso primo ministro. «Peace Now» del resto non è stata l’unica organizzazione della sinistra ad esprimere uno smisurato entusiasmo per il piano Sharon. I leader del Partito Laburista sono andati oltre ed hanno sostenuto che in realtà quel piano era loro e non di Sharon e quindi avevano il dovere di sostenerlo. Per quanto mi riguarda io sono stato uno dei pochi ad alzare subito la voce contro il piano Sharon: un piano dell’estrema destra per l’annessione di gran parte della West Bank, seppellire il processo di pace e imbrogliare l’opinione pubblica in Israele e nel mondo. Ero e sono certo di questo giudizio perché conosco bene Sharon da almeno 50 anni. Il mio giudizio è stato poi ben presto confermato dallo stesso Dov Weisglass, uno degli uomini a lui più vicini, che in una intervista al quotidiano «Haaretz» ha dichiarato che il solo obiettivo del piano sarebbe quello di «congelare» il processo di pace, bloccare i negoziati con i palestinesi per decine di anni e impedire alcuna discussione sulla West Bank dove dovrebbero continuare a moltiplicarsi gli insediamenti in modo tale da rendere impossibile la nascita di uno stato palestinese. Dov Weisglass non è un uomo qualunque. E’ stato consigliere legale e grande amico di Sharon per alcuni decenni e con le sue parole ha gettato nel ridicolo non solo gli ingenui di Peace Now, e il certamente non ingenuo Shimon Peres, ma anche George Bush e gli altri leader mondiali che per mesi hanno preso questo piano truffaldino come se si trattasse di un serio processo di pace (il povero Colin Powell l’ha definito «storico»).

In realtà l’importanza delle dichiarazioni di Weisglass sta soprattutto nel fatto che danno un interessante quadro di quale sia la visione del mondo che sottende il piano di Sharon. La sua franchezza avrebbe dovuto mettere in imbarazzo non pochi: una dozzina di piccoli insediamenti saranno smantellati in modo da tenere al loro posto tutti i 250.000 coloni della West Bank. Israele «concederà» ai palestinesi la striscia di Gaza, che corrisponde a circa l’1,3% della Palestina di prima del 1948, in modo da conservare per sempre la West Bank di circa 16 volte più grande. La Striscia di Gaza sarà tagliata fuori da ogni rapporto con il mondo, via terra, mare e cielo, così come le sette o otto enclaves create nella West Bank. Sharon vuole convincere l’estrema destra del suo partito che il piano di «disimpegno» è un piano di guerra e non un piano di pace, un piano per annettere i territori piuttosto che per «lasciarli», un piano per la rapida espansione degli insediamenti nella West Bank piuttosto che per smantellare le colonie nella striscia di Gaza.

Il mondo di Sharon è piatto, ad una dimensione, come prima di Galileo. Un mondo dominato solamente dalla forza bruta nel quale non c’è passato o futuro, nessuna lezione della storia e nessuna previsione. Ciò che è vero oggi, sarà vero anche domani, e per sempre. Un mondo senza condizionamenti morali dove quel che pensa il genere umano non conta nulla. L’unica cosa che conta è l’interesse di Israele e del popolo ebraico (secondo il suo pensiero) ed in particolare il possesso di tutto il territorio tra il Mediterraneo e la Giordania (almeno). I palestinesi non hanno alcun potere e quindi non sono altro che un oggetto da cacciare a calci a proprio piacimento. L’Europa non è altro che patetica e quindi può anche andare al diavolo. L’unico potere al mondo è quello degli Stati uniti. Il management del mondo. Tutto il potere degli Usa è concentrato nella Casa Bianca ed in particolare nelle mani di Bush e di un pugno di altri uomini e quindi non dobbiamo far altro che mantenere la potenza dell’esercito israeliano e l’Alleanza con la Casa Bianca. Tutto il resto è nonsense. In tal modo prenderemo possesso dall’intero paese. Non c’è alcun bisogno quindi di un processo di pace perché non abbiamo bisogno della pace. I palestinesi sono un fattore trascurabile. Basta farli vegetare per un pò nei loro ghetti e prima o poi spariranno dalla scena. Apparentemente sembra una descrizione realistica. Ma il mondo è realmente così?

La storia dimostra come la forza bruta delle armi sia uno strumento che non è in grado di risolvere problemi complessi. Quel che Thomas Jefferson scrisse nella Dichiarazione di Indipendenza americana a proposito «di un onesto rispetto per le opinioni del genere umano», non era solo una frase vuota. Era un giudizio realistico: l’opinione pubblica influenza in migliaia di modi i comportamenti dei governi e delle nazioni e può avere effetti assai rilevanti. «La penna può essere più forte della spada» e il papa in realtà dispone di molte divisioni anche se non sono solite marciare in parata. La potenza militare è solamente una delle forze presenti al mondo: l’economia non ha certo effetti minori e l’impatto dei fattori morali è spesso immenso. Un fatto che era ben noto a Napoleone uno dei più grandi comandanti militari della storia. Il desiderio dell’uomo per la libertà è invincibile e così la lotta delle nazioni oppresse per la loro liberazione. Ignorare tutto ciò non è realismo, è cecità. Persino George Bush, non certo meno primitivo e brutale di Sharon, mentre sta affondando nelle paludi dell’Iraq, sta imparando che «la gestione del mondo» è sottoposta comunque a forti limitazioni e condizionamenti. Il mondo non è più piatto e a tale proposito ci viene in mente l’Amleto: «Ci sono più cose nel cielo e sulla terra, “Arik”, di quante ne può sognare la tua filosofia». La visione del mondo di Sharon ci porterà alla rovina.