In tre anni, dal terzo trimestre del 2002 al terzo trimestre del 2005, in Italia sono andati bruciati 177 mila posti di lavoro. Sono cifre vere, non da campagna elettorale, e le fornisce l’Ires (l’istituto di ricerca della Cgil) che ha presentato oggi il suo Rapporto congiunturale. L’istituto evidenzia come il fenomeno dell’aumento di occupati, dovuto in larga parte alle regolarizzazioni di lavoratori stranieri, si sia ormai esaurito. Di conseguenza il tasso occupazionale ha ingranato la marcia indietro. “Dal 2002 al 2005 – spiegano i ricercatori dell’Ires – ci sono 200.000 occupati in meno. Con la rilevazione Istat del terzo trimestre 2005 delle forze lavoro il fenomeno dell’ingresso nel campione dei regolarizzati si è pressoché esaurito. Per questo – prosegue l’istituto -, è ora possibile effettuare una stima molto attendibile e non contestabile di quanto la regolarizzazione abbia inciso sui dati dell’occupazione, confrontando due periodi omogenei (uno con ‘effetto regolarizzazione’, uno senza)”. I ricercatori dell’Ires hanno incrementato i dati del 2002 (quando gli stranieri c’erano, ma non potevano essere contati perché non regolarizzati) di 642.000 unità: “questo è infatti il numero di stranieri che si sono regolarizzati”. In questo modo, 2002 e 2005 sono stati resi ‘omogenei’. Gli occupati ‘corretti del 2002’ risultano così pari a 22 milioni e 719.000, mentre quelli del 2005 a 22 milioni e 542.000. Vale a dire 177.000 occupati in meno.
L’Ires ha sottolineato come anche gli occupati nell’industria nel complesso siano diminuiti nel medesimo periodo dell’8,4 per cento. Il calo ha colpito particolarmente il settore energia, gas e acqua (-11 per cento) e il manifatturiero (-7,6). Riguardo la produzione industriale, l’Ires segnala il tracollo del comparto pelli e calzature (-33,6 per cento), degli apparecchi elettrici e di precisione (-29,3), dei mezzi di trasporto (-21,9) e del tessile (-18,7).
“Altro che un milione e mezzo di occupati in più – ha commentato Eduardo Aldo Carra, che ha redatto la ricerca – il dato rappresenta la realtà meglio di quanto non sia stato fatto finora e ci fornisce un quadro più negativo di quello che è stato mostrato”.
Alla crisi industriale e occupazionale si è aggiunta poi una serie di stangate fiscali, impartite dalle finanziarie del governo Berlusconi nell’ultima legislatura, che secondo l’indagine Ires hanno portato lavoratori dipendenti e pensionati a pagare il 14% in più di Irpef tra il 2001 e il 2005.
Secondo lo studio, le manovre economiche del centrodestra sono costate 11,6 miliardi di euro alle famiglie italiane. Altro dato che emerge dalla ricerca è quello del calo del valore dell’Irpef derivante dalla lotta all’evasione fiscale, il cui valore, nel quinquennio considerato, è sceso del 56%. Secondo i calcoli della Cgil, infatti, fra il 2001 e il 2005 il Pil nominale è cresciuto del 12,5% e la massa salariale è aumenta del 12%, mentre l’Irpef pagata dai lavoratori dipendenti e dai pensionati è passata da 89 a 103 miliardi di euro, segnando così un incremento del 14%. Di contro l’Irpef pagata da altri redditi è scesa del 25,4% (da 45 a 33,5 miliardi) e quella da accertamenti da evasione ha segnato un -56%, passando da 11 a 4,8 miliardi di euro. Ma le manovre di bilancio del Governo Berlusconi – sostiene la studio del sindacato di corso d’Italia – hanno pesato notevolmente anche sui conti delle imprese. Se infatti le famiglie hanno contribuito nelle 6 Finanziarie varate dal 2001 al 2006, con 11,6 miliardi di euro (lo 0,9% del Pil), alle aziende sono costate la bellezza di 40,8 miliardi, cioè il 3% del prodotto interno lordo. Cittadini e mondo produttivo hanno dunque pagato, in 5 anni e 6 manovre, 52,5 miliardi di neuro. “I dati parlano chiaro – afferma la Cgil – famiglie e imprese nel corso di questa legislatura hanno pagato un prezzo altissimo. Il saldo negativo per le famiglie diventa ancor più consistente se si tiene conto che parte rilevante dei provvedimenti a carico di banche e assicurazioni (a causa del bassissimo grado di concorrenza che esiste in questi 2 settori) hanno avuto effetti negativi sulle famiglie in termini di aumento di oneri, commissioni e premi”.
“Questo Governo di centro-destra ha peggiorato le condizioni di vita e ridotte le disponibilita’ economiche dei lavoratori dipendenti di questo Paese”. Questo il commento di Marigia Maulucci, segretaria confederale della Cgil. ‘La crescita dopo un dato zero per il 2005 al massimo si potra’ fermare allo 0,5, il che certo non significa sviluppo ed occupazione. Dobbiamo proporre – ha detto ancora Maulucci – al nuovo governo una ripresa della qualita’ dello sviluppo, la tassazione delle rendite immobiliari, la lotta all’evasione fiscale per rilanciare le politiche di welfare e per i meno abbienti’. La Maulucci ha detto che ‘servono politiche pubbliche adeguate per fisco e tariffe”.