Il Massimo della verità

Lo o dico, non lo dico. Alla fine il vicepremier e ministro degli Esteri Massimo D’Alema lo ha proprio detto alla commissione Affari Esteri della Camera. Le vittime civili causate dalle ultime operazioni militari contro i talebani «non sono accettabili sul piano morale, sono disastrose sul piano politico e hanno creato crescenti tensioni tra le forze internazionali e il governo afgano». Per questo «è fondamentale che le attività militari si coordinino, in modo tale da ridurre al massimo eventi di questo tipo». «E’ evidente – ha proseguito il capo della diplomazia italiana – che il sovrapporsi della missione Isaf ed Enduring Freedom, che più opportunamente dovrebbe concludersi secondo la nostra opinione, finisce per creare molto spesso condizioni di un’azione militare non efficacemente coordinata e rischiosa per le popolazioni civili».
L’affermazione appare coraggiosa. Ma risulta meno forte delle accuse di Parisi rivolte a fine giugno alla Nato – la nostra aviazione – dopo la protesta contro le stragi di civili dello stesso presidente Karzai. E in ultima analisi scarica sugli Usa tutta la responsabilità. In realtà nella guerra aerea di crescente intensità – 1200 raid a settimana – condotta in Afghanistan con l’impiego anche di bombardieri strategici Bl-B e un dispendio di cluster bomb che non possono certi far padre di «effetti collaterali», esiste uno stretto coordinamento tra il comando Nato /Isaf, agli ordini del generale Usa Dan K. McNeill – è stato nominato direttamente dal presidente Bush -, e l’aviazione americana, che ufficialmente definisce i raid aerei «missioni di appoggio aereo ravvicinato alle truppe Isaf». E sono proprio i comandanti Nato/Isaf a darei ok ai raid aerei «consigliati» o a richiedere l’intervento sul campo dell’aviazione Usa.
Fanno dunque bene i 45 senatori della sinistra che chiedono una «svolta» nella nostra presenza nella guerra afghana, ad insistere anche dopo le parole di D’Alema perché cambi «la stessa missione Isaf». Infatti se il Pentagono ascoltasse il «consiglio» del ministro degli esteri italiano e ponesse fine all’operazione Enduring Freedom non cambierebbe nulla: l’aviazione Usa continuerebbe le «missioni di appoggio aereo ravvicinato alle truppe Isaf» e queste verrebbero rafforzate trasferendo nell’Isaf le forze statunitensi attualmente impiegate in Enduring Freedom. E l’operazione Nato/Isaf rafforzata resterebbe nella catena di comando statunitense. Anche il contingente italiano in Afghanistan è stato messo agli ordini del generale Usa.
Così ancora una volta D’Alema elude la questione nodale: che le forze italiane in Afghanistan sono inserite sempre più nella catena di «comando e controllo» del Pentagono e quindi sottratte al reale controllo del parlamento e dello stesso governo. Legando sempre più il nostro paese al carro da guerra statunitense.