Il masochismo dell’Unione

Brutta botta per l’Unione al Senato. Un golpe del centrodestra ha strappato a Lidia Menapace (Prc) la presidenza della Commissione Difesa. Il colpo di mano è stato possibile grazie alla complicità di Sergio De Gregorio, senatore dell’Idv, nominato presidente – grazie al proprio voto e a tutti quelli della Cdl – al posto dell’esponente pacifista. Il primo commento dopo l’elezione è dedicato proprio all’ex partigiana, oggi senatrice di Rifondazione comunista: “L’attività di questa Commissione – dichiara soddisfatto De Gregorio – deve essere improntata a difendere le Forze Armate. Dobbiamo ricordare sempre con rispetto e ammirazione gli uomini impegnati in missioni all’estero”. E aggiunge riferendosi all’intervista rilasciata ieri sul Corriere della Sera da Lidia Menapace: “Le frecce tricolore non sono un optional, ma il simbolo dell’Italia”. Meschino. Incalzato dai giornalisti, De Gregorio attribuisce la res ponsabilità dell’operazione anche al leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, e al suo capogruppo in Senato, Nello Formisano. “Il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro era stato informato di questa operazione che ha portato me alla presidenza della Commissione Difesa, per non lasciarla a una persona come Lidia Menapace, che non ha i nostri stessi valori” sostiene De Gregorio. “Ieri, con il capogruppo al Senato Nello Formisano – aggiunge – avevamo tentato una mediazione per convincere la maggioranza a non lasciare la presidenza a Lidia Menapace. Ma non ci hanno voluto ascoltare”. Le dichiarazioni sono immediatamente smentite dai diretti interessati. Di Pietro e Formisano, infatti, chiedono dimissioni immediate dalla presidenza della Commissione a De Gregorio, che per il momento si rifiuta di farlo. Anzi. Dichiara candidamente: “Resto nel partito e continuerò a fare il presidente della Difesa al servizio delle scelte di coalizione che l’Italia dei Valori indicherà. M i dispiace del disagio che ho creato…”.

A svelare il retroscena del tradimento ci pensa il senatore di Forza Italia, Paolo Guzzanti: “Stanotte il presidente del gruppo di Forza Italia, Renato Schifani, ha telefonato a De Gregorio per chiedergli se fosse disponibile a diventare il nostro candidato in commissione Difesa…”. “Come siamo arrivati a individuare De Gregorio? Prima di tutto – risponde ancora Guzzanti – De Gregorio è un mio vecchio amico, è un eccellente cronista napoletano. Poi ha fatto un percorso politico prima in Forza Italia, dalla quale è uscito per dissapori personali, e successivamente nella Dc. Per approdare, infine, all’ Italia dei Valori, ma senza crederci troppo…”. Ebbene sì. Prima in Forza Italia e dopo, fino a qualche mese fa, nella Dc di Rotondi. Ma chi è in realtà Sergio De Gregorio? E soprattutto di chi si attornia il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro?

Sergio De Gregorio ha 46 anni. Napoletano, giornalista, imprenditore, ma nager, scrittore, plurivotato alle regionali del 2005 in Campania sotto le insegne scudocrociate della Dc di Gianfranco Rotondi, ed ora senatore con l’Italia dei valori dell’ex pm di Mani pulite. A 19 anni, nel 1979, è il più giovane giornalista d’Italia, iscritto all’albo professionale. Numerose nel corso degli anni le collaborazioni con la Rai: “Chiamate Roma 3131”, “Tg2 Dossier”, “Linea Diretta”, “Droga che fare”, “Domenica In”, “Giallo” con Enzo Tortora. Per i più informati fa parte della “truppetta craxiana”. E’ il primo a intervistare Bettino Craxi ad Hammamet. Ma lo scoop arriva quando De Gregorio pizzica il pentito di mafia Tommaso Buscetta in crociera sul Mediterraneo, nell’estate del 1995. Da giornalista a imprenditore il passo è breve. Dal 1994 al 1996 riveste la carica di amministratore delegato della società “Ideazione Editrice”, proprietaria del bimestrale di cultura politica “Ideazione”, diretto da Domenico Mennitti. Successivamente entra a far parte del Cda del “Giorn ale Nuovo del Sud”, legato a “Il Giornale” di proprietà di Paolo Berlusconi . Qualche tempo dopo crea l’Associazione internazionale “Italiani nel mondo”, trampolino di lancio per il suo ingresso in politica. Il primo tentativo è alle regionali del 2000, con Forza Italia, in Campania. De Gregorio è schierato nel listino del candidato presidente Antonio Rastrelli, ma Bassolino rovina i sogni di gloria. L’anno successivo tenta l’avventura delle politiche, ma questa volta a fermarlo è un esponente del suo stesso partito: Antonio Martusciello. In Forza Italia diventa direttore del dipartimento Mezzogiorno. E’ sempre in compagnia del responsabile della struttura dei dipartimenti nazionali: il tristemente famoso onorevole Gianstefano Frigerio. Alle regionali del 2005 è nuovamente in pista, questa volta con la Democrazia cristiana di Gianfranco Rotondi. Ed è un exploit. De Gregorio ottiene 9.741 voti. A Napoli è di gran lunga il più votato tra i candidati della Dc, ma non riesce a entrare i n Consiglio regionale, perché il suo partito non supera lo sbarramento fissato al 3%. La rivincita, però, è vicina. E’ Antonio Di Pietro a raccattarlo e a portarlo un anno dopo direttamente in Senato. Perché? Forse non sapeva il ministro delle Infrastrutture di quali amabili persone amava circondarsi l’ex enfant prodige del giornalismo italiano? Certo che lo sapeva l’ex Pm di Mani pulite. Di uno, in particolare: Gianstefano Frigerio.

Qui il contesto si tinge di giallo. Chi è costui? La sua biografia è addirittura su Wikipedia, enciclopedia multimediale su Internet: “Laureato in lettere, ha partecipato alla vita politica milanese. Dal 1974 al 1976 è stato segretario provinciale della federazione della Democrazia Cristiana, nel 1987 diviene segretario regionale, mantenendo questa carica. La sua carriera politica si arresta con i processi di Mani pulite. Nel 1992 subisce la prima misura di custodia cautelare per tre mesi su richiesta del pubblico ministero Antonio Di Pietro segu ite da altri due arresti. Nei processi che lo vedono coinvolto viene accusato di vari reati. Lui ammetterà di avere incassato alcune tangenti, ritenendosi però solo un intermediario. Avrebbe ad esempio riscosso da Paolo Berlusconi 150 milioni di lire per il favorimento della Fininvest nella gestione della discarica di Cerro Maggiore. Nella stessa causa viene anche ritenuto dal Giudice responsabile di una concussione per un miliardo di lire verso un rivale di partito. Da questi processi conseguono diverse condanne definitive: 3 anni e 9 mesi per corruzione e concussione, 1 anno e 4 mesi per finanziamento illecito ai partiti, 1 anno 7 mesi per finanziamento illecito e ricettazione. Mentre era da stabilirsi il cumulo della pena, partecipa alle elezioni politiche del 2001, risultando eletto in una lista proporzionale di Forza Italia in Puglia alla Camera dei Deputati, con il nome di Carlo Frigerio (la legge permette la scelta del nome da inserire sulla scheda). Dopo il primo giorno della nuova legislatura, il 31 maggio, i carabinieri eseguono l’arresto. Nel 2002 ottiene dal giudice l’affidamento in prova ai servizi sociali, il permesso permette a Frigerio di recarsi in Parlmento quattro volte al mese. La pena finale inflittagli consiste in 6 anni e 5 mesi, sono stati stabiliti anche 5 anni di interdizione legale, che comporta l’impossibilità di esercitare il diritto di voto alle consultazioni popolari. Risulta iscritto al gruppo parlamentare di Forza Italia dal 6 novembre 2002 e fa parte della Commissione Difesa. Da gennaio 2005 è componente della delegazione parlamentare all’assemblea della Nato. Per Forza Italia è anche “Responsabile nazionale dipartimenti”. “Il Giornale” pubblica i suoi articoli.

“Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” dice un antico proverbio. Vale per Sergio De Gregorio, è vero. Ma a questo punto una domanda sorge spontanea anche per l’ex pm di Mani pulite: “Caro ministro, ma lei ci è o ci fa?”. Non è la prima volta che Di Pietro porta con sé personaggi che puntualmente si rivelano dei voltagabbana. Nel 2001, l’unico senatore eletto nelle liste dell’Italia dei valori passa in Forza Italia nello stesso giorno in cui ha inizio la XIV legislatura. Se il senatore dell’Italia dei valori, De Gregorio, decidesse di traslocare nel centrodestra, l’Unione rischierebbe di andare in minoranza a Palazzo Madama. Se restasse si aprirebbe nella coalizione un clima da resa dei conti tra il Prc, scippato della presidenza, e il partito di Di Pietro, accusato da alcuni di aver consapevolmente tramato alle spalle del centrosinistra. Davvero difficile fare peggio. E si è solo all’inizio.