Il Manuale dei Talebani

In copertina campeggia un’angelica figura di donna, sullo sfondo di un paesaggio di montagna. Ma non c’è nulla di paradisiaco nel manualetto di pulizia etnica diffuso dai taleban in Afghanistan e Pakistan. Stampato su carta riciclata, è scritto nel dialetto comprensibile solo agli studenti integralisti, militanti di etnia pashtun. Una dicitura in tedesco, su un angolo della copertina, individua gli autori del testo nei membri del “Collettivo d’aiuto e di espansione della cultura afghana”, gruppo base afghano in Europa, ricercato senza successo dalle autorità di Berlino. Il titolo è “Il secondo portatore d’acqua”. Si ispira alla leggenda di Habibullah Kalakani, guerrigliero tagiko soprannominato “portatore d’acqua” che dominò Kabul per nove mesi nel XIX secolo. Il “secondo portatore d’acqua” è invece identificato con il comandante Massoud, un tagiko del Panjshir, accusato di aver fomentato nel nord del paese ostilità diffusa verso il resto del popolo afghano. Per questo la rivincita nazionalista vede come unica via d’uscita la pulizia etnica.
Al di là dei riferimenti storici, il testo ha una spietata impostazione tecnica, e propugna una assoluta ripulitura dei territori abitati da minoranze etniche o religiose, con espulsione o eliminazione delle popolazioni ribelli. Primo obiettivo, gli hazara, minoranza musulmana sciita (i talebani sono sunniti), foraggiata dall’Iran. “Vanno eliminati, per evitare squilibri sociali” è la lapidaria affermazione del manualetto. Parte delle indicazioni contenute nell’opuscolo sono già state messe in pratica: nel gennaio scorso gli uomini adulti della città di Yakaolang, tutti di etnia hazara, sono stati massacrati dai talebani, in una strage durata quattro giorni, come riferisce Human Rights Watch. La recente recrudescenza su indù, sikh e cristiani (questi ultimi ormai assenti dal paese) ne appare la prosecuzione più logica.
Il misterioso autore del libello snocciola proposizioni da applicare: statalizzazione della lingua pashtun; trasferimento di popolazione del sud, est e ovest del paese al nord; redistribuzione delle terre del nord. Altro imperativo è sottoporre ogni opera culturale e scientifica circolante in Afghanistan a una commissione di studio che ne appuri l’ortodossia al sunnismo hanafita, professato dai taleban, pena la censura.
L’opuscolo è stato pubblicato nel 1998, in seguito all’offensiva nella piana di Shamaly, che consentì ai taleban l’accesso alla valle del Panjshir. La tiratura di sole 500 copie ne ha permesso una ristretta diffusione fra gli attivisti islamici, ma una giornalista della televisione francese Tf1 ne è riuscita a ottenere un esemplare e a farne circolare una traduzione.
L’Afghanistan è un vero mosaico etnico. Dominano i pashtun, originari del Sud e del Sudest del paese, che rappresentano il 40% della popolazione. Seguono i tagiki (30%), un 15% di popolazioni del ceppo turco (uzbeki, turkmeni, kazaki), e un 12% di hazara, popoli di orgine mongola. Un 2-3% sono genti di ceppo iranico come i baluchi, gli arabi, i nuristani.