Non è la prima volta, ma Valentino Parlato, ex direttore del manifesto è in minoranza. Non gli piacciono le primarie, non sa se andrà a votare; se andasse – dice dalla Libia, terra a cui è legatissimo – voterebbe Prodi. Quasi nessuno, nella lunga riunione di redazione di ieri mattina, lo ha sostenuto. In sostanza, le opzioni erano due: astensionismo e boicottaggio delle primarie, o voto, e voto a sinistra. Impossibile invece accettare senza una presa di posizione autonoma le suggestioni astensioniste che vengono da diversi interventi di peso, uno per tutti quello di Chiarante.
La decisione è stata: sì, votare. Sapendo che sarebbe buona cosa che votassero molti elettori, nonostante i dubbi che pure lo strumento suscita. E sapendo che se i candidati di sinistra otterranno un forte risultato, ciò produrrà un maggior peso per i loro valori nel programma dell’Unione: dunque sostegno a sinistra, Bertinotti o Pecoraro. Ma certo le pagine del manifesto non negheranno spazio anche alle altre opinioni. Lo scriverà oggi il direttore Gabriele Polo: «Le primarie sono un momento importante, determineranno gli equilibri nel centrosinistra – dice – bisognerà vedere se poi rispecchieranno le vere attese del popolo di sinistra, dei movimenti, dei conflitti sociali…Dunque, una posizione aperta, non schiacciata su questo o quel candidato». Libertà di coscienza: e già si pensa ad aprire un seggio per le primarie anche in via Tomacelli.
Certo, sarebbe stato meglio che la sinistra-sinistra avesse un candidato unico, magari uscito dalla Camera di consultazione di Asor Rosa. Non piace al manifesto l’idea di schiacciarsi su Bertinotti, e del resto lo aveva già detto anche Parlato: voterei Prodi, perché gli altri giocano ad accoltellarlo; invece di impegnarsi in una campagna per le primarie più o meno fratricida, meglio sarebbe usare soldi e fatica per definire qualche punto di programma. E poi anche a sinistra ha senso votare Prodi. Rossana Rossanda, nell’editoriale di ieri, ragiona: quel che lega il centrosinistra è l’antiberlusconismo. E al discorso di Monti sono interessati non solo i Follini e i Rutelli, i Cacciari e i Tabacci, ma «l’intera Margherita e il quasi intero Ds. Se Prodi non avesse tirato le redini imponendo le primarie, che non hanno nessun altro senso che fermare l’ala rutelliana della Margherita, si sarebbe visto». Parlato e Rossanda sono d’accordo anche sulla critica alla moltiplicazione delle candidature. È imperdonabile, dice la fondatrice del manifesto, che la fetta più critica del centrosinistra non abbia trovato confini e lineamenti comuni, «perdendosi in una corsa ai seggi che dimostra quanto siano vaghi il movimentismo dei partiti e l’antistituzionalismo dei movimenti. Pensare che una linea di governo nasca dalla sommatoria tra Fiom, più sviluppo compatibile, più fine dell’occupazione americana in Iraq (che ormai sta a cuore anche a Bush) è francamente al di sotto di ogni necessità».