Il secondo governo di Lula, che si inaugurerà con l’insediamento del primo gennaio a Brasilia, sarà «molto migliore del primo, più democratico, più progressista».
Parola di Tarso Genro, uomo di punta del Pt brasiliano e, dopo gli scandali a ripetizione che hanno squassato il partito e il governo nel 2005, uomo vicinissimo al presidente. A lui è stato affidato il compito, dopo il trionfo elettorale di Lula nel ballottaggio del 26 ottobre (61% contro il 39 di Alckmin), di avviare i negoziati per una nuova coalizione con il Pmdb – il grande centro – che nel secondo mandato dovrebbe mettere al riparo il governo del Pt dall’instabilità e volubilità degli accordi contingenti con i partiti minori.
Tarso Genro, gaúcho del Rio Grande do Sul (è nato a São Borja, luogo di nascita di Getúlio Vargas e João Goulart), è stato per due volte sindaco di Porto Alegre, la città del «bilancio partecipativo» e delle prime tre edizioni del Forum sociale mondiale. Ministro dell’istruzione nel 2004 al posto di Cristovam Buarque, fu con lo sconquasso del 2005, che assunse un ruolo e un’importanza crescenti. Fra la metà del 2005 e l’inizio del 2006 José Dirceu, il braccio destro di Lula al governo, e José Genoino, il presidente del Pt, furono costreti a dimettersi, poi toccò a Antônio Palocci, il guru dell’ortodossia economica. Lula chiamò Tarso alla testa di un partito scosso nel suo bene più prezioso – quello dell’etica – nel tentativo di «depaulistizzarlo», ossia di allentare la presa di quella che i media brasiliani (ma non solo) chiamavano «la mafia paulista» del Pt («io non la chiamo così – dice nell’incontro qui a Roma, dove vedrà anche il ministro D’Alema -, ma è molto importante che il peso paulista sul partito si sia ridotto e che si riduca ancor di più, per far posto a un gruppo dirigente nuovo e più nazionale»). Fu con la sua nomina a ministro per i rapporti istituzionali che Tarso è diventato una sorta di braccio destro di Lula. A lui tocca aprire la strada per ovviare che il secondo mandato cada negli errori del primo.
Sicuro che il Lula 2 sarà migliore del Lula 1?
Sicuro. Più democratico e più progressista. Il primo governo era legato e blindato. Doveva percorrere una strada obbligata per evitare che la situazione uscisse di controllo. Anche se l’ortodossia monetaria, ripeto: necessaria, è stata più lunga e profonda del dovuto. E questo ha causato una crescita economica mediocre.
E adesso il quadro è cambiato?
Già nel primo mandato ci sono stati alcuni elementi di controtendenza: una politica estera sovrana, una politica micro-economica diretta alle masse povere ed escluse; un programma di inclusione sociale che ha ampliato la base sociale di Lula e spiega la sua spettacolare vittoria.
Solo al ballottaggio, però…
E’ stata una fortuna essere costretti al ballottaggio. Ci ha costretti ad un dibattito interno sulla politica e sul programma che era necessario.
Cosa ha portato?
A definire un modello di transizione che privilegi finalmente uno sviluppo di almeno il 5% l’anno (contro il 2 e qualcosa del primo mandato) e all’annuncio di Lula, entro dicembre, di un grande programma di investimenti pubblici.
E sul piano etico e politico?
Lo scossone etico che abbiamo riveuto ci ha fatto bene. Ci siamo dovuti interrogare. Specie nei primi due anni di governo il Pt si è mosso, per dirla così, come un partito molto tradizionale nel far politica. Da noi non c’è alcuna purga di tipo stalinista: noi non cancelliamo le foto di famiglia. Ma siamo impegnati in una sorta di rivoluzione culturale. E sul piano politico siamo impegnati a ricreare dei soggetti politici che storicamente, in una democrazia «di censo» come quella brasiliana, sono stati sempre molto frammentati. L’obiettivo è una radicalizzazione democratica e, come diciamo in Brasile, repubblicana. Ossia sociale e di massa.
L’ipotesi più probabile è un governo di coalizione con il Pmdb, ma c’è anche l’ipotesi di una grande coalizione Pt-Psdb…
Il Psdb è troppo legato al Pfl, il partito della vecchia destra, ed è stato quello che ha più spinto per la destabilizzazione di Lula, anche se nessuno ha combattuto la corruzione come il Pt che al contrario del Psdb quando era al governo – protagonista del più grave di tutti gli scandali: la compravendita di voti in Congresso per emendare la costituzione e consentire a Cardoso di ripresentarsi nel ’98 – non ha nascosto la sporcizia sotto i tappeti. Il Pmdb non è più un partito nazionale, anche se ha molti deputati e governatori, ma una federazione di partiti regionali. Un programma di coalizione chiaro con il Pt sarà molto utile anche al Pdmb per strutturarsi nazionalmente. Perché il Brasile ha bisogno di un partito solido di centro.
E la sinistra radicale uscita dal Pt?
Il Psol di Heloisa Helena non ha ancora una base programmatica precisa. E’ un mix di pulsioni e tendenze, che sono poi le stesse da cui è nato il Pt. Ma, come per il centro, è un bene che ci sia anche una sinistra radicale.
In prospettiva latino-americana? Con Morales in Bolivia e Chavez in Venezuela?
Il processo di integrazione andrà avanti. Il Brasile è la potenza regionale e, nella salvaguardi dei suoi interessi, sarà ancora attento e solidale con gli altri paesi. Come con Morales quando ha nazionalizzato gli idrocarburi e Lula ha reagito tranquillo mentre la destra voleva mandare le truppe… Quanto a Chavez, la sua strada non è quella del Brasile, il suo è un mix di democrazia formale e democrazia plebiscitaria, ma non è un dittatore.