Il Kosovo infiamma l’Onu

«Lo status del Kosovo non sarà stabilito dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu». Reduce dall’aver presieduto per quasi tre ore una difficile riunione del massimo organo dell’Onu, il ministro degli Esteri Massimo D’Alema fotografa l’impasse senza mezzi termini: «E dissenso è molto profondo, non c’è nessuna specifica conclusione Onu e non sembra possibile che ve ne possa essere». Proprio D’Alema nel 1999, nelle vesti di presidente del Consiglio, guidò l’Italia nella partecipazione all’intervento Nato in Kosovo ed il fatto che sia toccato a lui, otto anni dopo, prendere atto della spaccatura dell’Onu sulla crisi balcanica lo porta a commentare: «Mi sono trovato di fronte alle mie responsabilità».
La seduta che ha certificato la più seria spaccatura del Consiglio di Sicurezza dai tempi della guerra in Iraq, nel 2003,è iniziata ieri mattina alle 10, ora di New York, quando D’Alema ha preso posto nella sedia della presidenza di turno con di fronte un semicircolo frutto di difficili trattative per via dell’opposizione russa alla formale presenza di un rappresentante del Kosovo, il cui presidente Fatmir Sejdju ha potuto parlare come ospite ma solo a titolo personale, a differenza del primo ministro serbo Vojislav Kostunica. Proprio gli interventi dei due leader balcanici hanno infuocato la seduta. Kostunica ha ammonito l’Ohu a «non approvare un’indipendenza che metterebbe in dubbio la sua stessa legittimità» per via della «decisione senza precedenti di staccare con un atto d’imperio una regione dal territorio di una nazione sovrana, democratica, con i confini riconosciuti». «Siamo pronti ad incamminarci verso l’indipendenza» ha ribattuto il kosovaro Sejdiu, prendendo atto che «i negoziati finora, condotti sono falliti» e richiamandosi alle conclusioni del piano dell’inviato Onu Martii Ahtisaarì per l’«indipendenza sotto supervisione». H disaccordo fra Serbia e Kosovo verte attorno all’interpretazione della risoluzione Onu 1244: per Belgrado impedisce un distacco territoriale che invece Prìstina considera legittimato.
Ed a paventare il peggio è la recente decisione di Kostunica di aprire a Mitrovica – nel nord del Kosovo – un «ufficio di rappresentanza» di Belgrado che preannuncia la volontà di mantenere il controllo delle aree a maggioranza serba, spaccando la provincia in due. «Belgrado muoverà le truppe per controllare il Nord del Kosovo» prevede uno stretto collaboratore del Segretario generale dell’Onu Ban Ki moon, chiedendo l’anonimato. Non a caso l’ambasciatore britannico John Sawers ha chiesto con fermezza a Belgrado l’«immediata chiusura dell’ufficio di Mitrovica» considerandolo un possibile casus belli mentre D’Alema, vestendo i panni di presidente super-partes, ha tentato di abbassare la tensione: «L’ufficio di Mitrovica? Non è una questione importante».
A seduta finita i Paesi Ue e gli Stati Uniti hanno concordato un testo nel quale si definisce «impossibile una soluzione negoziata» fra serbi e kosovari lasciando intendere che l’« indipendenza sotto supervisione» è dietro l’angolo. L’Ue si avvia a mandare una «missione di polizia» che avrà compiti di «controllo» ma Mosca è tutt’altro che d’accordo e l’ambasciatore Vìtaly Churkin avverte che «inviare la polizia europea senza l’assenso dell’Onu è una violazione della legge internazionale». Churkin parla un’altra lingua: «Bisogna continuare a trattare, siamo ottimisti sulla possibilità di un’intesa». La spaccatura fra occidentali e russi non potrebbe essere più lampante. Con l’Onu fuori gioco, si andrà avanti in ordine sparso. Hasim Thaci, premier kosovaro, accelera: «Siamo pronti, indipendenza già a gennaio».