Il governo fa quadrato attorno al Sismi e agli agenti della Cia, deciso a quanto pare a fare di tutto per impedire che il processo per il sequestro di Abu Omar, previsto per il prossimo 8 giugno a Milano, possa cominciare. L’Avvocatura dello Stato ha infatti presentato ieri un nuovo ricorso alla Corte costituzionale chiedendo di annullare l’ordinanza con cui, il 16 febbraio scorso, il Gup di Milano Caterina Interlandi ha rinviato a giudizio l’ex capo del Sismi Niccolò Pollari, il suo braccio destro Marco Mancini e 26 agenti della Cia per il rapimento dell’ex imam.
Una decisione analoga a quella adottata il 15 febbraio scorso quando sempre per conto dell’esecutivo l’Avvocatura presentò un primo ricorso alla Consulta ipotizzando una presunta violazione del segreto di stato da parte dei due magistrati titolari dell’inchiesta milanese, Armando Spataro e Ferdinando Pomarici. E ieri sera, appresa la notizia, i due pm si sono rifiutati di rilasciare commenti. Ha parlato, invece, il Gup Interlandi, ma solo per ribadire di sentirsi serena per la decisione presa. «In ogni caso sarò contenta se questo mi offrirà l’occasione per interloquire sulla questione», ha aggiunto il giudice.
Si fa dunque ogni giorno più in salita il cammino per arrivare a una verità processuale sul rapimento di Abu Omar.
L’ex imam venne prelevato da un commando il 17 febbraio del 2003 mentre camminava per le strade di Milano e liberato il 12 febbraio scorso dopo aver trascorso un periodo nelle carceri egiziane.
L’annuncio del nuovo ricorso alla Consulta è arrivato a sorpresa e dopo che ieri mattina il ministro della Giustizia Clemente Mastella era stato ascoltato dalla commissione Giustizia del Senato proprio sul caso Abu Omar e sul perché non sia stata ancora inoltrata agli Stati uniti la domanda di estradizione per i 26 agenti della Cia coinvolti nel rapimento, come più volte richiesto dalla procura di Milano. E ai membri della commissione, il Guardasigilli ha spiegato di attendere le decisioni della Consulta prima di prendere una decisione, ma ha taciuto sul nuovo ricorso dell’Avvocatura, pur essendo impossibile che non ne fosse a conoscenza visto che era stato depositato già da ventiquattro ore.
Nel motivare il secondo ricorso, l’avvocato generale dello Stato Francesco Caramazza ha spiegato che la decisione di rinviare a giudizio Pollari e gli altri imputati sarebbe stata presa sulla base di elementi di prova «viziati», vale a dire prodotti dalla procura di Milano violando il segreto di Stato.
In pratica il secondo ricorso è una conseguenza del primo, dove ai magistrati milanesi si contesta di aver di violato il segreto di stato intercettando i cellulari di 180 agenti del Sismi, e svelando l’identità di 85 spie italiane e straniere.
Ma anche di aver utilizzato integralmente un documento sequestrato nell’ufficio romano del Sismi gestito da Pio Pompa nonostante i servizio segreto militare lo avesse già trasmesso dopo aver coperto alcuni passaggi perché riservati.
«Una mossa che non mi aspettavo», è stato il commento dell’avvocato Luigi Panella, difensore di Marco Mancini, di fronte alla nuova decisione presa dall’esecutivo. «Rispetteremo la decisione della Consulta, qualunque essa sia – ha proseguito il legale che aveva chiesto per Mancini proprio il riconoscimento del segreto di stato.
Diverso il parere di Gerardo D’Ambrosio. Per l’ex capo della procura milanese, oggi senatore dell’Ulivo, è giusto che il processo vada avanti perché, ha spiegato, «è giusto che il popolo italiano sappia se c’è stata una violazione della sovranità nazionale, della Costituzione, dei diritti umani». Dopo l’11 settembre, D’Ambrosio creò un dipartimento per perseguire i reati di terrorismo che fornì la massima collaborazione agli Stati uniti. A capo di quel dipartimento oggi c’è proprio Spataro. «Sarebbe grave – ha commentato l’ex magistrato riferendosi al comportamento del governo – se il generale Pollari avesse ricevuto un’autorizzazione politica da qualcuno più in alto di lui, e faccio riferimento alla precedente maggioranza».