Il governo attacca le pensioni

Il governo va all’attacco delle pensioni. E sceglie di giocarsi subito il carico più grosso: interverrà sui coefficienti, nonostante più volte i sindacati abbiano indicato il tema come l’unico «tabù» non contrattabile (va ricordato che i coefficienti sono quel parametro che stabilisce il rapporto tra assegno pensionistico e media delle retribuzioni percepite: dunque più sono bassi, e più povere saranno le pensioni future). La notizia non è filtrata da generici «ambienti» ministeriali, ma è stata diffusa dal capo segreteria tecnica del ministero del Lavoro, una sorta di «vice tecnico» del ministro Cesare Damiano, Giovanni Battafarano. Dunque è una proposta che ufficialmente viene catapultata sui tavoli (competitività, mercato del lavoro e ammortizzatori, pubblico impiego) che si apriranno il prossimo 22 marzo.
Una «doccia fredda» per i sindacati, che infatti reagiscono respingendo l’idea, e per l’ala sinistra dell’Unione, con Rifondazione che dice chiaramente che «a questo punto i tavoli partono con tre gambe». D’altra parte è una posizione in qualche modo inedita da parte del ministro Damiano, il quale nei mesi scorsi non aveva mai parlato di revisione dei coefficienti, facendo intendere quasi che almeno questo capitolo dei tagli governativi fosse «salvo». Al contrario, non aveva mai nascosto di voler sostituire lo «scalone» introdotto da Maroni con più graduali «scalini».
Le reazioni dei sindacati sono dunque molto dure. Parla esplicitamente di sciopero Giorgio Cremaschi, della Fiom Cgil e leader della Rete 28 aprile Cgil: «Se la posizione del governo è quella annunciata dal ministero del Lavoro, chiedo a Cgil, Cisl e Uil di non iniziare la trattativa e di tornare dai lavoratori per uno sciopero generale al più presto». Da Cisl e Uil viene comunque uno stop. Per Pier Paolo Baretta (Cisl) «il confronto con il governo comincia proprio male»: «Il buon giorno si vede dal mattino – dice – La posizione del ministero sulla revisione dei coefficienti è per la Cisl inopportuna e sbagliata. Inopportuna perché alla vigilia di un negoziato non si alzano barriere. Sbagliata perché scarica tutto sui giovani, l’anello debole della catena». «Il confronto con i sindacati parte con il piede sbagliato», conferma il segretario confederale Uil Domenico Proietti.
Da parte della Cgil non c’è un commento esplicito alle parole di Battafarano, ma il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani critica il metodo con cui i tavoli del 22 marzo sono stati convocati: «Della data apprendiamo dalla stampa, perché nè ufficialmente nè ufficiosamente è ancora arrivata alcuna convocazione- spiega – Se effettivamente il tavolo si aprirà la prossima settimana, il governo dovrebbe presentarci un documento generale con i punti prioritari e da quel primo appuntamento dovrebbero scaturire le indicazioni sulle modalità e i dettagli del confronto». La Cgil chiede inoltre al governo di «indicare esattamente l’entità del surplus di entrate e che nell’indicarlo, consideri anche le previsioni dell’andamento dei conti pubblici per il resto dell’anno. Non vorremmo che, se con una mano il governo dovesse dare qualcosa ora, con l’altra fosse costretto a toglierla in sede di finanziaria». E’ da notare per inciso che ieri Damiano spiegava di augurarsi che i tavoli si possano chiudere «entro l’estate, prima della finanziaria». Riprendendo le parole di Epifani, il «tesoretto» delle entrate per il segretario Cgil dovrà servire per «ammortizzatori, taglio dello scalone, salari e pensioni», mentre «l’annunciato taglio Ici può avere senso se le risorse verranno dall’aliquota al 20% delle rendite finanziarie».
Reazioni negative all’annuncio del ministero anche da Rosa Rinaldi (Prc), sottosegretaria al Lavoro: «Posizioni inopportune e intempestive: non sono condivise dal sindacato e non incontrano il consenso di tutta la maggioranza dell’Unione». Per Maurizio Zipponi, responsabile Lavoro Prc, «la revisione dei coefficienti non è necessaria perché il sistema è in equilibrio: il tavolo si profila a tre gambe perché su ogni argomento vuole saltare il programma dell’Unione». Zipponi ha confermato la necessità di abolire lo scalone, senza sostituirlo con gli scalini proposti da Damiano. Le stesse posizioni – via lo scalone e no alla revisione dei coefficienti – sono espresse da Gianni Pagliarini (Pdci), presidente Commissione lavoro della Camera.