Sul governo: così non si può andare avanti, ma la via d’uscita, al momento, ancora non c’è. Sulla Cosa rossa: andare avanti in questo modo è difficile, ma bisogna tentare. E all’insegna di questo doppio gioco del cerino (chi stacca la spina al governo e chi rompe il gioco della Cosa rossa) che Rifondazione si prepara a gestire un gennaio caldo, anzi caldissimo. Il trait d’union dei due dossier è, neanche a dirlo, la legge elettorale.
Di qui la strategia, all’insegna del Deutschland ilber alles, che Giordano chiarirà ai suoi nel Comitato politico di domani: alzare il tiro sul governo nella verifica di gennaio per trattare sulla legge elettorale tedesca. In che senso? Il ragionamento dei vertici di Rifondazione suona più o meno in questi termini: la Bozza Bianco, così com’è, non va. E nell’intervista di ieri al Corriere Giordano è stato più duro rispetto alla disponibilità iniziale. Voto disgiunto e recupero nazionale dei resti (e non circoscrizionale) sono le due condizioni giudicate irrinunciabili. Con l’obiettivo di ottenerne almeno una, ovvero la seconda, giudicata vitale. Ambienti vicini a Bertinotti fanno trapelare che ieri sono arrivati segnali di apertura dal Pd su questo capitolo. Se si concretizzassero, Rifondazione voterebbe il testo anche solo con Veltroni e Berlusconi. Altrimenti voterà contro.
Il Prc non ha affatto gradito il gioco di sponda tra il premier e Pdci e Verdi, e si prepara al dopo-Prodi: far cadere il governo sulla legge elettorale è difficile, e non paga nemmeno. Ma sui contenuti è tutto un altro discorso. Domani Giordano insisterà molto sui temi della verifica di gennaio, puntando l’accento sulla consultazione degli iscritti che la ratificherà. «Faremo ciò che ci chiede il nostro popolo» è il campanello d’allarme per il premier (l’ennesimo). E le parole d’ordine: lotta alla precarietà, questione salariale, base di Vicenza, sblocco della Amato-Ferrero. Di qui due ipotesi: se Prodi cede, rischia di cadere al centro (vai alla voce Dini o Mastella). E per il Prc non sarebbe un dramma, anzi. E se non cede? Rischia a sinistra. Russo Spena dice: «Una cosa è certa: la verifica sarà vera e aperta a ogni sviluppo, quindi non predeterminata dal gruppo dirigente». Tradotto: se il governo non dovesse accogliere almeno alcune delle sue richieste più rilevanti, il Prc aprirebbe la crisi. O meglio: chiederebbe al suo popolo di aprirla.
Sul fronte interno (i malumori sono sopra la soglia di guardia) la consultazione serve a tenere insieme una maggioranza. Tutti l’accettano, ma con intenti diversi. Alfonso Gianni avrebbe preferito farla insieme agli alleati della Cosa rossa («Altrimenti, a che serve la federazione?»), Mantovani, bertinottiano critico, punta sul fatto che il popolo rosso vuole rompere con Prodi, e Giordano usa lo schema “di lotta e di governo”. Ma anche il rinvio del congresso, che sarà annunciato domani, serve a tenere insieme la maggioranza. Motivo ufficiale: con la consultazione in campo, come si fa a fare un congresso? Motivo vero, o almeno verosimile: la Cosa rossa è in alto mare, e il rapporto con l’esecutivo non è definito. Quindi come può un gruppo dirigente ad andare a congresso su queste basi? A ciò si aggiunga la questione della leadership che ha prodotte non poche fibrillazioni. Nome della discordia: Nichi Vendola. l’uomo che a furor di popolo (e di Fausto) sembra aver smontate l’asse Giordano-Ferrero. I segnali di nervosismo, dalle parti di Giordano, sono palpabili. Nell’intervista di ieri al Corriere il segretario ha detto: «Non sono d’accordo con Nichi Vendola: per me non è detto che il Pd debba essere il nostro interlocutore fondamentale». Ma è soprattutto Ferrero che subisce l’effetto Vendola. Ferrero, sostenitore di una Cosa rossa modello Flm (quindi non un partito, ma una federazione), non ha certo gradito l’intervento del leader della Fiom Rinaldini, che agli stati generali ha giudicato questa ipotesi insufficiente e ha rilanciato sul partito unico, in linea con Vendola. In questi giorni, in vista del Comitato politico di domani, ha rinsaldato il gruppo dei dirigenti a lui più vicini. E non è un caso che ieri Luigi Vinci, assai vicino al “ministro operaio”, abbia scritto un “articolo critico nei confronti di Bertinotti sul sito di Grassi. Forse, anche sul capitolo contrasti interni, il modello tedesco sarebbe la quadratura del cerchio.