Il Forum mondiale ricevuto dal governo

Si è conclusa ieri a Roma con una conferenza stampa rivolta a giornalisti e parlamentari, la visita del Comitato africano organizzatore del Forum sociale mondiale di Nairobi del gennaio 2007. Il Comitato – e una delegazione proveniente da India, Brasile, Cile, Perù, Colombia – è stato anche ricevuto alla Farnesina da Patrizia Sentinelli. La vice ministra degli esteri ha assicurato un sostegno finanziario, l’impegno «non invasivo» a fianco dei movimenti, e ha espresso l’intenzione di favorire il dialogo fra istituzioni africane e reti associative, per «rafforzare il significato della cooperazione internazionale». E per Raffaella Bolini dell’Arci, infaticabile animatrice della rete di accoglienza, si è trattato di un grande segnale d’apertura da parte delle istituzioni che, «per la prima volta hanno riconosciuto formalmente il percorso del Forum sociale mondiale. Ma è anche la prima volta dopo tanto tempo che il gruppo di lavoro italiano per i forum sociali si ritrova su un’iniziativa comune – ha aggiunto Bolini -. Ora si tratterà di socializzare esperienze e competenze. L’Africa evidenzia le responsabilità dell’Europa, ci fa da specchio e da stimolo».
Nairobi, quindi, porge la mano ai movimenti, e mette sul tavolo i temi che, per una settimana, hanno fatto discutere la delegazione: il lavoro, i migranti, il debito, i conflitti e i processi di pacificazione…
«L’Africa è terreno di sperimentazione per le politiche neoliberiste – dice Ouattara Diakalia, delegato della Costa d’Avorio – e i giovani ne sono le prime vittime, costretti a emigrare o a arruolarsi nelle milizie per l’assenza di lavoro e prospettive». Perciò, Ouattara porta al Forum la proposta di una Carovana dei giovani (costituita al 50% da ragazze) che, dalla Guinea al Sudan, dall’ovest all’est, invita a «liberare l’Africa per liberare il mondo». Demba Moussa Dembele, economista marxista, parla invece di un continente che non emerge dalle statistiche ufficiali. «In Senegal – afferma -, l’economia informale crea lavoro e reddito, promuove la solidarietà e propone obiettivi, che a volte vengono ripresi dai governi. All’ultima riunione dell’Unione Africana, in Gambia, c’era Chavez. Ho buone speranze che alcuni dirigenti africani lo ascoltino. Anche da noi c’è il petrolio. Lavoriamo per portare i dirigenti africani a sfidare il sistema imperialista e a utilizzare le risorse a vantaggio delle popolazioni». Diana e Rubia, invece, lavorano per fornire un’informazione indipendente e senza censure. Al Forum proporranno di diffondere in Africa l’esperienza delle radio libere e comunitarie.
Ma ha ancora senso perpetuare la formula dei Forum sociali mondiali che i più critici vedono avviarsi verso una fiacca «ongizzazione»? E questo grande contenitore assembleare non deve forse mutare fisionomia, promuovere mobilitazione, rendendo così fattuale l’ormai stucchevole slogan: «un altro mondo è possibile»? Verrà recepita dall’assemblea la proposta di preparare una giornata mondiale contro la guerra, da tenersi prima delle elezioni nordamericane del 2008? Dubbi e diversità – per alcuni insanabili – erano emersi a Bamako e Caracas e s’intuivano anche nei lavori di questa settimana, ma in modo costruttivo. E c’è chi, come il brasiliano Chico Whitaker, un veterano dei Forum sociali, ha organizzato in un libro fresco di stampa – Il Forum sociale mondiale, edito da Edup – riflessioni e aspettative.
«Siamo in una tappa interessante, l’Africa ci pone di fronte a nuove sfide, ma i problemi ci sono e le differenze di accento anche – dice Ben Abdallah Tawfik, Segretario del consiglio del Forum sociale mondiale -. C’è chi ha deciso di legarsi a certe forze politiche di sinistra per raggiungere gli obiettivi, ed è legittimo; ma altri hanno scelto di contare unicamente sulle forze sociali e di essere molto vigilanti rispetto ai partiti politici, pur facendo valere le proprie esperienze e relazioni con quelli di sinistra. Queste esperienze vanno ascoltate entrambe, senza che una o l’altra domini». Ma la seconda dimensione del problema è «come farsi carico, all’interno del movimento sociale mondiale la questione delle lotte antimperialiste, antimilitariste e contro l’egemonia nordamericana. Nel contesto attuale – si interroga Tawfik – come possiamo negare solidarietà ai palestinesi nei cui confronti il mondo sembra aver smarrito pietà e raziocinio? Non ho mai visto un popolo torturato in questo modo e per così lungo tempo. Non ho mai visto così poco coraggio e onestà da parte delle potenze internazionali, che potrebbero invece metter fine ai massacri». A Nairobi, i palestinesi saranno comunque rappresentati. « Ma se non possono decidere il proprio governo – pur eletto senza brogli, come ha testimoniato un osservatore non certo complice come Jimmy Carter – chi potrà impedire che le persone si mettano una bomba nella cintura e facciano esplodere da qualche parte la propria disperazione?».