In principio fu la Sindrome del Golfo: una malattia sconosciuta, che colpiva i militari di ritorno dalla prima guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein. Tra i marines reduci dalla “tempesta nel deserto” molti- troppi- si ammalavano di tumore e malattie neurologiche. E i loro figli nascevano gravemente malformati. Poi ci fu la disastrata missione in Somalia, a cui parteciparono anche i militari italiani. Allora fu possibile vedere i soldati americani sotto il violento sole africano coperti da cima a piedi: occhiali, tute pesanti, maschere. Gli italiani, in quella occasione, giravano tranquilli sotto il sole, in maglietta e pantaloncini. Per finire i Balcani. Il 22 novembre del 1999 il colonnello Osvaldo Bizzarri della NBC (Nucleare Batteriologico Chimico) emanò le norme di protezione contro l’uranio impoverito.
Cos’è L’uranio impoverito: è uno scarto industriale derivato dalle barre di combustibile nucleare, che gli eserciti più grandi usano per costruire i propri proiettili e missili, per garantire loro un’elevata capacità di penetrazione e lo sviluppo di elevatissime temperature (dai 3 mila ai 10 mila gradi) al momento dell’esplosione. Dall’inizio degli anni ’90 le guerre si fanno con questi proiettili, le cui polveri sono dannosissime per il corpo umano e per l’ambiente. Iraq, Afghanistan, Somalia, Serbia, Kosovo: tutte terre gravemente contaminate dal veleno degli “eserciti democratici” occidentali.
Falco Accame, ex parlamentare del Psi, è presidente dell’Associazione Nazionale delle vittime militari, da anni in prima fila nella battaglia per la messa al bando delle mine antiuomo e delle armi all’uranio impoverito. Ad Accade chiediamo di aiutarci a fare il punto sulla lotta contro queste pericolosissime armi.
Partiamo dalla Commissione Mandelli, che indagò sulle conseguenza dell’uso dell’uranio impoverito nel nostro esercito, in seguito agli interventi militari nei Balcani. A quale punto è giunta la commissione? Il governo ha mai riconosciuto la pericolosità dell’uranio impoverito?
In questo momento la relazione tra lo sviluppo di tumori e deformazioni nelle famiglie dei militari e l’uso dell’uranio è, per il governo italiano, non provata. In una prima relazione la commissione Mandelli fece clamorosi errori nel trattamento dei dati statistici. La seconda relazione, più corretta da un punto di vista tecnico, evidenziò dati fuori dalla norma. Ma per il governo la pericolositàn dell’uranio impoverito non è ancora stata provata.
L’esercito italiano usa norme di protezione? Per quanto tempo i militari sono stati esposti alle radiazioni senza averne consapevolezza?
Dopo l’emenazione delle norme di Bizzarri anche l’esercito italiano usa norme di protezione. Ma i nostri militari, impiegati nei Balcani e in Kosovo sono rimasti esposti per 6 anni alle radiazioni senza alcuna misura protettiva.
L’esercito italiano possiede armi all’uranio impoverito?
Ufficialmente no, ma un episodio di pochi anni fa potrebbe dimostrare il contrario. Al deposito di Bibbona, vicino Cecina, giunse dalla Somalia un lotto di armi che si presume fossero all’uranio. Lo dimostra il fatto che, allorquando venne chiesto agli artificieri di ripulire quelle munizioni dalla ruggine che si era accumulata durante il trasporto, essi si rifiutarono. E scrissero anche lettere ai giornali, chiedendo l’intervento dell’Usl. Intervennero anche alcuni parlamentari, con delle interrogazioni, a cui il governo rispose negativamente. Ma c’è questione di fondo: per testare i nostri carri armati, per controllare la resistenza delle corazze, è probabile che vengano usate proprio le armi più penetranti, quelle all’uranio, capaci anche di fondere i metalli.
Quanti militari italiani hanno chiesto risarcimento per le malattie contratte in servizio?
Purtroppo sono molto pochi: circa una decina, su circa 300 malati. E solo in pochi casi si è giunti ad una vittoria, nonostante due leggi (308/81 e 280/91) parlino di indennizzi ai militari che si ammalano o muoiono in servizio, qualsiasi attività essi svolgano. Per molti militari, inoltre, è difficile riuscire ad affrontare processi lunghissimi e spese molto elevate per gli avvocati.
Quali danni procura l’uranio impoverito alle popolazioni civili, vittime delle guerre?
Mentre i militari possono adottare misure di sicurezza, queste sono impossibili per gli abitanti dei luoghi bombardati. Inoltre l’uranio, disperso nell’ambiente, può contaminare le acque e la fauna, e produrre danni durevoli, molti difficili da combattere. E in questo caso non parliamo più di poche migliaia di militari, ma di intere popolazioni.
I proiettili all’uranio sono utilizzati anche nella guerra irakena ancora in corso?
L’uranio impoverito è ormai, per molti eserciti, l’unico armamento che esiste. Il commissario Haavisto dell’Onu ha verificato che nel sud dell’Iraq occupato dagli inglesi sono stati esplosi proiettili per un totale di oltre 2 tonnellate di uranio. Non abbiamo, invece, alcuna notizia dagli Usa, né le mappe delle zone contaminate. Ma è molto probabile che i dati che riguardino gli inglesi siano da moltiplicare per dieci. Intanto, in tv, continuiamo a vedere i militari italiani senza divise protettive.
Cosa chiede la vostra associazione al governo?
Che vengano immediatamente messe al bando le armi all’uranio impoverito. Speriamo che su questa vicenda possa nascere un’ampia mobilitazione dell’opinione pubblica, come accadde contro le mine antiuomo, di cui il nostro paese è un grande esportatore.
Lei è un attento osservatore di cose militari. Come commenta il blitz anti-Menapace in commissione Difesa? E’ vero, secondo lei, quel che afferma il sen. Malabarba sul Corriere di oggi, ossia che dietro l’esclusione della partigiana possa esserci l’influenza dell’ammiraglio Gianpaolo Di Paola?
Il blitz accaduto al Senato è molto simile a quello dei forestali nel golpe Borghese. E’ stata un’operazione squallida, poiché la Menapace è una donna di profonda cultura. Quella cultura di cui mancano le forze armate, specialmente da quando è stata abolita la leva, strumento di avvicinamento tra l’esercito e il paese. Oggi, al contrario, quello militare è un campo sempre più chiuso.
Spero non ci siano state dirette interferenze. Ma quello che è avvenuto tre giorni fa è simile alla vicenda che Buzzati raccontava nel Deserto dei Tartari. Il Ministero della Difesa è come il forte Bastiani, e il povero Lazzari che non ha la giusta parola d’ordine è come la Menapace, la cui parola d’ordine era l’articolo 11. Proprio per questo è stata fulminata. Per evitare un avvicinamento tra ambito militare e società civile.
Se poi qualcuno volesse continuare la stolta polemica ad esempio sulle frecce tricolori, non posso che dare ragione all’ex partigiana. Le frecce tricolori non servono a nulla, sono solo uno spreco che i contribuenti pagano con le proprie tasche.