Il difficile cammino della memoria

Quest’anno è stato dichiarato dal Parlamento Anno della Memoria Storica, in esso coincidono il 75° anniversario della nascita della II Repubblica, il 70° anniversario del sollevamento di Franco e l’inizio, perciò, della Guerra Civile. Oltre al compleanno della Costituzione, che compie 28 anni. Intanto si procede ad una legge che risarcisca le vittime del franchismo

Il 6 dicembre del 1978, in Spagna, veniva celebrato il referendum popolare che approvava la Costituzione spagnola, con una maggioranza di voti prossima all’88% ed un’astensione pari al 38% degli aventi diritto. Nata dal patto tra le principali forze politiche, all’indomani delle prime elezioni democratiche realizzate dopo la morte del generale Francisco Franco, la Costituzione segnò l’avvio del processo di “transizione” dalla dittatura al consolidamento della democrazia nel paese.
Quest’anno, dichiarato dal Parlamento spagnolo Anno della Memoria Storica, perché in esso coincidono il 75° anniversario della nascita della II Repubblica spagnola (14 aprile 1931) ed il 70° anniversario del sollevamento militare di Franco (18 luglio 1936) contro la Repubblica e l’inizio, perciò, della Guerra Civile, la Costituzione ha festeggiato il suo 28° compleanno.

I decenni successivi che hanno fatto la storia della Spagna democratica contemporanea, hanno invecchiato più parti di quel testo; tanto che la recente normativa approvata dalle Autonomie in materia statutaria ha finito con l’arricchirne i contenuti, coprendone alcuni limiti e suggerendone le modifiche più urgenti.
Ma la Costituzione spagnola non è cosa che si lasci manipolare facilmente. Si direbbe che è un po’ di tutte le Costituzioni, questa caratteristica. Ma nel caso della Carta spagnola c’è qualcosa di più, perché essa è il simbolo di quel compromesso politico che ha consentito alla recente democrazia spagnola di risorgere e di svilupparsi, a prezzo però di accantonare la memoria della guerra civile e della dittatura.
E’ questo che intendono segnalare i vescovi spagnoli nella loro recente pastorale sulla “Situazione attuale”, quando parlano di “riconciliazione minacciata” dai provvedimenti del governo socialista, sia per ciò che individuano come rischio di rottura dell’unità della Spagna, sia per quello che denunciano come laicismo belligerante; sia ancora per il giudizio che danno sulla riapertura di una discussione sul recupero della memoria storica che, a loro dire, riaprirebbe antiche ferite della guerra civile.

I popolari, in occasione della festa della Costituzione, hanno avanzato alcune proposte di parziale modifica del testo, volte principalmente a costringere il processo di decentramento delle Autonomie in maglie più strette, sia in termini di competenze, che nelle modalità di approvazione dei loro Statuti.
I socialisti, dal canto loro, si sono mostrati aperti ad una discussione con tutti i partiti su una possibile riforma costituzionale, riproponendo le modifiche già avanzate nel loro programma elettorale, riguardanti: l’introduzione del principio di parità di genere per la successione al trono, la conversione del Senato in Camera territoriale di rappresentanza delle Autonomie, l’inserimento nel testo di un riferimento all’Unione Europea, l’inclusione del nome delle Comunità Autonome.
E, nei giorni successivi l’anniversario della Costituzione, è iniziato l’iter parlamentare della proposta di legge dell’esecutivo sulla Memoria Storica.

Ma, evidentemente, questo è anche l’anno in cui le memorie delle dittature che hanno occupato una parte così ampia e drammatica del secolo scorso, nei paesi di lingua ispanica sono destinate ad incontrarsi.
La morte del generale Augusto Pinochet ha nutrito, negli ultimi giorni, pagine e pagine della stampa del paese iberico, da cui è riaffiorato l’antico parallelismo tra il dittatore spagnolo e quello cileno, entrambi militari e traditori di governi legittimi. Numerose le interviste ai giudici Carlos Castresana e Baltasar Garzón che, con i loro provvedimenti, ebbero il coraggio di avviare dieci anni fa il procedimento giudiziario contro Pinochet. E, come è noto, furono molti gli spagnoli, vittime del regime sanguinario del dittatore cileno.

In questo clima di intreccio di memorie, il governo di José Luis Rodríguez Zapatero ha presentato alla Camera dei deputati il suo progetto di legge sul “risarcimento” politico di quanti furono oltraggiati nel corpo e nell’anima dal regime franchista. Un dibattito intenso, quello che ne ha accompagnato la prima fase di approvazione. Dove tutti i partiti – ad eccezione del Partido Popular – si sono detti favorevoli all’adozione di un provvedimento che restituisca la dignità storica a quanti furono oggetto di rappresaglia da parte del franchismo. Anche se nessuno dei partiti della maggioranza ha appoggiato la proposta di legge presentata dall’Esecutivo.

La proposta di legge sostenuta dal PSOE prevede che tutte le vittime della guerra civile e della dittatura possano avere il proprio onore riabilitato, ossia che si possa dichiarare che il giudizio nei loro confronti fu senza garanzie e la condanna ingiusta. Poi interviene a definire la misura dell’indennizzo e a proibire la cancellazione dei simboli del franchismo negli edifici pubblici dello Stato, suggerendo un comportamento analogo ai Comuni e alle Autonomie ed invitando la Conferenza Episcopale ad operare in tal senso.
Il principale punto di dissenso manifestato dagli altri partner di governo – ERC e IU – e, seppure in misura minore, dagli altri partiti del nazionalismo moderato basco e catalano – PNV e CiU – riguarda il fatto che la proposta non preveda l’annullamento delle sentenze dei tribunali franchisti, come invece hanno fatto altri paesi, Italia e Germania, in situazioni analoghe.
Il governo sostiene che l’annullamento porterebbe a sollevare un’incertezza giuridica nel sistema. Solo che appare ardito considerare che dei tribunali democratici debbano farsi eredi dell’operato di tribunali militari, nati con la guerra civile e la dittatura.
D’altronde, non per questo l’opposizione del PP al provvedimento è venuta meno, dal momento che considera la proposta di legge ” ipocrita, perché si maschera come iniziativa per la concordia quello che in realtà non è altro che un passo ulteriore verso la rottura del gran patto di convivenza tra gli spagnoli che fu la Transizione e la Costituzione”.
Non si comprende, quindi, l’atteggiamento del Governo nel perseverare in questo atteggiamento di chiusura, che gli guadagna solo una condizione di solitudine politica in uno degli atti maggiormente simbolici della legislatura. Anche se non stupisce del tutto, guardando all’indeterminazione e all’eccesso di prudenza con cui ultimamente opera l’esecutivo di Zapatero, che appare quasi intimidito dall’azione virulenta dell’opposizione politica e dell’episcopato spagnolo, in vista delle prossime scadenze elettorali.
Per il momento, comunque, la proposta di legge è riuscita a passare, con i voti socialisti, del PNV e di CiU. E’ ancora possibile, comunque, che la discussione modifichi il testo, da qui fino alla conclusione del suo iter, prevista nel mese di febbraio.