Il decreto Pisanu bocciato in Europa

Il pacchetto «anti-terrorismo» messo a punto dal ministro Pisanu non garantisce il rispetto dei diritti umani. Per questo il Consiglio d’Europa invita le autorità italiane a «rivederlo rapidamente». Con un rapporto ufficiale reso noto ieri il commissario per i diritti umani Alvaro Gil-Robles boccia senza mezzi termini le «espulsioni facili» contro il terrorismo. Il «caso Daki» per ora non c’entra, ma le raccomandazioni del commissario di Strasburgo (che purtroppo non sono vincolanti per i governi) in un certo senso anticipavano i tempi. Tre aspetti del provvedimento approvato con un plebiscito dal parlamento italiano (il 95% di voti favorevoli è quasi un record per una legislatura così rissosa) sono del tutto inaccettabili per il Consiglio: l’impossibilità di incontrare un avvocato subito dopo l’arresto, la scelta delle «espulsioni preventive» gestita in toto dal Viminale, la mancanza di qualsiasi tutela per gli espulsi una volta rientrati nei paesi di destinazione (dove tortura e trattamenti inumani sono all’ordine del giorno). Da Gil-Robles critiche durissime quanto puntuali: il fatto che l’allontanamento sia deciso dal prefetto senza l’intervento di un giudice terzo, l’impossibilità per gli espulsi di sospendere la scelta del governo, il fatto che una scelta simile si basi solo su «indizi o semplici sospetti». In parole povere, riconosce Robles, le autorità espellono «quando non ci sono elementi di prova sufficienti per la procedura penale».

E’ un surrogato di giustizia inaccettabile in Europa e per di più giudicato «inefficace nella lotta al terrorismo». Contro il quale «è fondamentale – si legge nel rapporto – che si privilegi il perseguimento penale dei terroristi e non il loro rinvio verso un altro paese». Gil-Robles è perentorio: «La lotta al terrorismo non deve avvenire a scapito di principi quali la democrazia e il rispetto dei diritti umani».

La risposta ufficiale del ministero degli Esteri è quanto mai piccata: «Nel contrasto al terrorismo internazionale l’Italia non ricorre a leggi speciali». In modo lunare, il governo afferma di non averlo fatto nemmeno negli anni `70 e nella lotta alla mafia e, anzi, rivendica come «un merito» del nostro post 11 settembre «non aver adottato misure straordinarie che sospendono la libertà e le garanzie come hanno fatto molte altre nazioni in tutto il mondo». In ogni caso, si garantisce, le espulsioni sono basate su «prove chiare e documentate» contro «stranieri che mettono in pericolo la sicurezza nazionale». Peccato che siano segrete e, come nel caso Daki, giudicate insufficienti per la giustizia. Una risposta tutta politica e affatto di merito.

Gil-Robles ha effettuato la sua visita lo scorso giugno, incontrando le autorità italiane ai massimi livelli: colloqui con Pisanu, Maroni e Castelli e con i presidenti della Consulta e della Cassazione. Dalle 62 pagine del rapporto l’Italia della «malagiustizia» esce a pezzi. Il nostro sistema giudiziario è il più lento d’Europa, farraginoso e di fatto «riformabile solo con un disegno complessivo» e non con leggi tampone e disorganiche. Le carceri scoppiano e per fortuna Gil-Robles non sa che il piano di edilizia penitenziaria che Castelli gli ha ammannito nella sua visita è stato in seguito bocciato dalla Corte dei conti perché privo di qualsiasi copertura finanziaria. Attenzione particolare anche alle politiche dell’immigrazione e all’integrazione dei 70mila Rom non italiani. Tra mancanze della legge «Bossi-Fini», Cpt inumani e degradanti, l’inesistenza tutta italiana di una legge sul diritto di asilo e lo scandalo Lampedusa ce n’è abbastanza perché la condanna di Strasburgo sia inequivoca. Sarà ascoltata?