Il Cile ridiventa latino

Non solo una questione di voti, anche se si tratta di elezioni. Affermazione paradossale in apparenza che Tomas Hirsch, candidato presi­dente per la coalizione di sinistra Juntos Podemos mas così spie­ga: «Le elezioni sono solo una parte del nostro progetto politi­co. Juntos podemos nasce dalla convergenza di forze sociali e a sinistra della Concertaciòn politiche che non sono d’accordo con le politiche economiche neo­liberiste seguite dai governi del­la Concertacion. Juntos pode­mos è innanzi tutto una forza sociale».
La coalizione va dal partito comunista, in ristrutturazione dopo la morte della leader stori­ca Gladys Marin, imo a Green­peace, passando per organizza­zioni studentesche, indigene, femminili, con rapporto di intellettuali «dissidenti» rispetto al Cile costruito negli ultimi anni dai governi della coalizione di centrosinistra [la Concertacion] che ha guidato il paese dalla dit­tatura pinochettista.
Tomas Hirsch è appartiene al Partito umanista ed è stato tra i fondato­ri della Concerta­cion, salvo poi uscire nel 1993, quando è diventato chiaro che essa non avrebbe abbandonato la linea neoliberista imposta al Cile dai Chicago boys che scrissero la po­litica economica della dittatura. Non a caso il suo programma inizia con un chiaro “no” all’Alca e ai trattati di libero commercio: «Il Pil cileno è cresciuto, è vero, ma questa è una foto parziale. In questi anni la distribuzione del­la ricchezza si è polarizzata. 1:85 per cento dei posti di lavoro in Cile viene da piccole e medie imprese che non hanno ricavato al­cun beneficio dai trattati di libero scambio. Tutti i vantaggi sono andati alle multinazionali che in molti casi godono di impunità, per esempio quando violano i diritti dei popoli indigeni».
Mapuche, nel centro-sud, e ayamara nel nord, sono stati a lungo i grandi esclusi dal­la politica cilena, marcata forse più che altrove in America latina da un profondo razzismo: «Nel nostro progetto c’è una nuova costituzione che riconosca i di­ritti dei popoli originari e dichia­ri il Cile un paese plurinazionale. Il primo di questi dirietti è la terra», dice Hirsch, che a no­vembre a Mar de la Plata era alla testa del corteo anti-Bush as­sieme a Diego Maradona, Evo Morales e Emir Kusturica. Un segnale: «il Cile ha voltato le spal­le al resto del continente, ora è il momento di tornare a camminare con altri paesi latinoamericani, anche se ci sono molte differenze con esperienze come quella venezuelana, per esempio. D’altro canto, il Brasile di Lilla ci insegna che non basta arrivare al governo, per questo Juntos podemos non vuole ri­nunciare alla sua anima sociale».
Alle amministrative del 2004
la coalizione ha ottenuto il 10 per cento dei voti. Hirsch è sicuro di migliorare questa percentuale. Non si tratta di vincere, per ora, ma di cominciare a pensare, e a proporre, un Cile differente.