Le cubane non stanno a guardare. Si battono, incalzano, ci mettono l’anima, quella militante e quella femminista, secondo la “vecchia” idea per la quale «ciò che è buono per la donna è buono anche per l’uomo». Non a caso, tra le dirigenti più agguerrite della fortissima Fedim cubana – organizzazione autonoma, indipendente dal Pcc, con 4 milioni di iscritte (l’80 per cento della popolazione femminile), 75mila circoli sul territorio – c’è una ex guerrigliera, Wilma Espin, che è pure moglie di Raul Castro. Ma le quote rosa no, quelle non le vogliono vedere. «Non sono convenienti – ci dice Magallis Arocha, dirigente della Fedim cubana, che incontriamo a Roma – Meglio puntare sulla preparazione delle donne. Meglio creare la coscienza sulla capacità delle donne. Meglio promuovere a tutti i livelli l’ascesa delle donne al potere. Insomma, meglio l’azione concreta che l’incentivo fissato per decreto legge. «Non ne abbiamo bisogno», sottintende, grazie. Contano. Dal tempo dei gloriosi barbudos, di strada ne hanno fatta parecchia. Del resto a Cuba, “l’altra metà del cielo” è davvero l’altra metà del cielo: il 49,7 per cento degli 11 milioni dell’intera popolazione. Un profilo totalmente cambiato, rispetto a 50 anni fa. «Le donne erano allora, quando la rivoluzione è iniziata, il 12 per cento della forza lavoro. Ora sono il 56», dice Magallis. Le donne superano gli uomini, dunque, a Cuba. E non solo sotto la voce quantità; c’è anche l’aspetto qualitativo: quello appunto che la nostra interlocutrice ci tiene molto a sottolineare. Mettendo in fila dati in progress. «Nel ’59 i medici donna erano solo il 6 per cento, oggi il 56; nel settore scientifico, tradizionale parterre d’élite, sono al 51; e così in tanti altri comparti economici e produttivi, ivi compreso il metallurgico e il minerario». Un formidabile passo in avanti, legato al pubblico riconoscimento del peso muliebre, del semplice fatto che le donne, nella vita dell’Isla, contano. Parità maschile-femminile in tutti gli ordini di scuola, oggi a Cuba. Nel ’59 la maggior parte degli analfabeti era costituita dalle donne: oggi all’Università (che è completamente gratuita) le donne prevalgono, rivincita della Storia, «e anche frutto della nostra lotta, subito dopo la presa del potere», dice Magallis. «La prima matricola femminile è del ’59, c’era un 3 per cento di donne all’Università, oggi sono il 63». Prendi e porta a casa. «Nella fascia “alta” del paese, nella fascia di qualità – sotto il profilo culturale, tecnico, professionale – le donne oggi ci stanno e ci stanno ottimamente: al 66 per cento». E a uguale lavoro uguale stipendio, non esistono discriminazioni salariali (a Cuba, non in Italia…).
Niente più famiglie “proletarie”, le donne dell’Isla non fanno più molti figli, la vita è migliorata ed è migliorata anche la speranza di vita: oggi la vita media della donna cubana arriva a 78 anni, il livello delle società sviluppate (il più alto in assoluto dell’America latina). La vita è migliorata anche in casa, la grande crisi delle abitazioni è oggi superata, anche se non risolta. La grande crisi del dopo 1991, quando il crollo dell’Urss e dell’intero blocco socialista dell’Est, insieme alla recrudescenza dell’embargo (la taglieggiatrice legge Torricelli è del 1992) ha avuto una catastrofica ricaduta su Cuba, praticamente la stasi completa, «quello che noi chiamiamo il Periodo Speciale – dice Magallis – Una condizione di guerra in periodo di pace». Superata ma non risolta (molte famiglie “allargate” vivono ancora insieme in una sola casa).
Oggi come oggi, tuttavia, l’80 per cento dei cubani è proprietario della propria abitazione. «Come è noto, dopo la rivoluzione la casa è diventato un bene primario per tutti i cittadini cubani, la casa proprietà di chi la abita, grazie a un mutuo garantito dallo Stato, che non può mai superare il 10 per cento del salario e può essere estinto a rate secondo le disponibilità personali (a Cuba non in Italia…). La vita è migliorata anche «in cucina». Con il risanamento della situazione economica e la ripresa produttiva, «dalle nostre cucine sono finalmente spariti i gloriosi frigoriferi sovietici e i vecchi ferrivecchi americani»; oggi si compra cinese, coreano, aria nuova. E l’elettricità non manca più, finita l’era della corrente contingentata, finiti per sempre i leggendari apagones di Cuba, quei black out plurimi e ricorrenti… Nel 2005 salari, pensioni e assegni sociali sono stati gratificati di un forte aumento, «si vive meglio, si consuma di più». E la libreta? La libreta (cioè il “paniere” di generi di prima necessità elargito dallo Stato a prezzi irrisori, praticamente gratis), sì c’è ancora. «E per fortuna», sottolinea Magallis
Achoa. Assegnata a ogni famiglia, è la garanzia che a Cuba nessuno patisca la fame. L’Isla è considerata il settimo paese del mondo quanto a partecipazione politica. Le donne ci stanno bene. Tra il ceto dirigente, sono il 38 per cento, nel Parlamento il 36, ai vertici del Partito (dove le iscritte sono il 30 per cento), il 16. Bene, ma non benissimo, lo riconosce anche Magallis. «Ci battiamo, dobbiamo migliorare. Dobbiamo portare più donne nei Municipi, più donne nelle istituzioni (oggi solo due Province sono dirette da esponenti femminili, la Isola della Gioventù e la Pinar del Rio)».
Nell’ultima campagna elettorale è comparso per la prima volta uno slogan di chiara impronta femminista: “Ellas entre los mejores” (ellas è il pronome femminile plurale: esse, cioè le donne, tra i migliori). Casa, lavoro, istruzione, bambini.
«Tutti i bambini cubani mangiano. Tutti i bambini cubani vanno a scuola. Tutti i bambini cubani hanno un medico. Tutti i bambini cubani hanno scarpe, vestiti, “merenda forte”. Nessun bambino cubano lavora – dice Dora Carcano, l’altra dirigente Fedim che, insieme a Magallis, è in visita ufficiale in Italia – Non hanno il lusso. Ma hanno la possibilità di scegliersi il futuro». Il Fedim non veste Prada a Cuba, ma si nota benissimo.