Il braccio di ferro annunciato si è consumato oggi nel Consiglio di amministrazione della Rai, che si è spaccato e ha votato due delibere differenti sulla par condicio.
È passata, naturalmente, quella della maggioranza, che prevede la rigorosa applicazione della legge, quindi non prima della convocazione dei comizi elettorali. L’altra delibera era quella del presidente Claudio Petruccioli e chiedeva l’applicazione di alcuni articoli del regolamento varato dalla Commissione di Vigilanza da subito. Favorevoli i soli consiglieri d’opposizone, tre (Curzi, Rognoni e Rizzo Nervo) e Petruccioli, è stata bocciata dal resto del Cda. Tutta la maggioranza (Urbani, Petroni, Staderini, Malgieri e Bianchi Clerici) ha sostenuto la propria delibera, che è passata con cinque sì, tre no e un astenuto, il presidente.
Dice il consigliere anziano Sandro Curzi: «È la prima volta che il Cda della Rai, pur avendo affrontato questioni spesso considerate dirompenti anche sul delicato terreno politico, si spacca in maniera così netta votando contro una proposta presentata dal suo presidente anche in ossequio al solenne appello proveniente dal Quirinale».
In una nota congiunta i consiglieri Bianchi Clerici, Malgieri, Petroni, Staderini e Urbani affermano: «Il Consiglio di amministrazione della Rai é chiamato a controllare l’applicazione delle leggi e delle disposizioni che regolano le trasmissioni di informazione, approfondimento e intrattenimento. Non può quindi essere trascinato in una logica di scontro politico che può avvenire solo in sedi diverse». «In tale spirito – proseguono nella nota – la delibera approvata oggi si richiama ai moniti del Capo dello Stato e dei Presidenti delle Camere e in coerenza con la precedente delibera del Consiglio del 20 dicembre scorso e impegna i responsabili editoriali al rispetto rigoroso della lettera e dello spirito di tutte le disposizioni normative vigenti, secondo i principi di una informazione imparziale, obiettiva e completa».
Enzo Carra, capogruppo della Margherita in Commissione di Vigilanza, parla di «Un atto di arroganza di cui la maggioranza si assume la grave responsabilità: bocciare le pari condizioni di accesso all informazione, nonostante il severo richiamo del capo dello Stato, è la firma che gli esponenti della maggioranza presenti nel Cda della Rai mettono sotto un atto di prepotenza con il quale si vuole raggiungere l unico scopo di lasciare il campo libero a uno solo». Aggiunge Carra «Si smaschera così il vero intento della maggioranza: dopo aver lavorato ieri in Vigilanza per addomesticare il testo del Regolamento della par condicio oggi ha lavorato per spostare il più lontano possibile nel tempo, come richiesto da Berlusconi, l inizio della par condicio contraddicendo in maniera aggressiva l esortazione di Ciampi».
Sul regolamento approvato ieri dalla Commissione di Vigilanza Rai si è espresso oggi il Presidente del Consiglio: «Si è scelto il male minore, ma posso dirmi soddisfatto».
Il regolamento stabilisce anche le regole per i cinque faccia a faccia previsti: ognuna delle conferenze-dibattito durerà un’ora e 15 minuti e sarà trasmessa in diretta dalle 21 alle 22,30 su Raiuno. A ogni faccia a faccia parteciperanno due giornalisti estratti a sorte da un elenco di tre proposto dai due partecipanti. A moderare sarà un giornalista Rai.
La discussione sui conduttori dei dibattiti si accende.
Il direttore del Tg1 Clemente Mimun propone di aprire i confronti, dal punto di vista giornalistico, anche ad altri volti nazionali, non solo Rai, ma pure Mediaset con Mentana ad esempio, La 7 con Ferrara o Piroso, e Sky.
Anna La Rosa chiede che i faccia a faccia coinvolgano anche la Testata dei Servizi Parlamentari, ed è favorevole all’ipotesi di ospitare tra i giornalisti presenti anche conduttori di altre reti.
La Federazione Nazionale della Stampa invita i leader politici ad astenersi dall’indicare giornalisti di riferimento, «evitare di portarsi dei giornalisti “al guinzaglio” ed affidare al scelta ai direttori», così da «trasformare i monologhi in confronti, con giornalisti liberi di fare domande». E chiede che «l’Authority per le comunicazioni inizi a sanzionare sul serio gli abusi».