Il campo nomadi di Opera si farà nonostante il presidio dei razzisti

Con calma, dialogando, con santa pazienza, ma il campo nomadi di Opera verrà costruito al più presto. «Oggi è stata una discussione molto lunga – ha detto il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi – noi abbiamo ascoltato le preoccupazioni dei cittadini e loro hanno ascoltato le nostre garanzie. Il campo si farà, si tratta di una soluzione temporanea e ci incontreremo nuovamente per trovare una soluzione definitiva».
Essere buoni sempre e per forza deve essere una faticaccia, specialmente quando si tratta di convincere un gruppo di razzisti capaci di incendiare le tende della protezione civile pur di non avere gli zingari zotto casa. Ma don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, è abituato a lavorare per mediare, sempre, anche quando le teste calde della controparte, se la tanto sbandieratà «legalità» ha ancora un senso, dovrebbero starsene in prigione. Per questo ieri mattina, insieme a un gruppo di rom destinati alla tendopoli di Opera, è andato in Prefettura per illustrare al prefetto Gian Valerio Lombardi il «Patto di socialità e di legalità con gli abitanti del campo di Opera». Nella stessa sede, fino a tarda sera, si sono intrattenuti anche i rappresentanti «presentabili» degli organizzatori del raid razzista, mentre in quel di Opera, di fronte al campo, i presidianti duri e puri arrostivano salamelle e promettevano resistenza a oltranza in caso di esito negativo.
Paradossale: chi ha bruciato il campo anche ieri ha cercato di dettare le regole a chi – Comune di Milano, Provincia di Milano e (finalmente) Prefettura – ha stabilito che ormai ci sono tutti i presupposti per rendere agibile un piccolo accampamento di circa 70 persone, metà delle quali sono bambini, e tutti non espellibili in base alla legge sull’immigrazione. L’incontro con il Comitato è stato voluto dal sindaco diessino di Opera, Alessandro Ramazzotti, per cercare di svelenire il clima e dialogare con la cittadinanza. Come è andato a finire? Il prefetto, mettendo l’accento sulla provvisorietà della struttura, ha detto che nei prossimi giorni cominceranno i lavori per riallestire l’accampamento. Ma ha detto anche che il 19 gennaio il Comitato contro gli zingari verrà nuovamente ricevuto, e per quella data potrebbe palesarsi una soluzione migliore e definitiva per alloggiare i rom. Sulla carta, per ammorbidire gli operesi più disponibili, c’è anche quella sorta di contratto che gli zingari si sono autoimposti grazie all’intelocuzione di don Colmegna. Si sono impegnati a «mantenere un comportamento rispettoso delle leggi italiane», ad assicurare che «tutti i giorni i miei figli frequenteranno la scuola», a «non coinvolgere i minori nella ricerca di soldi», a pulire il campo, a non ospitare altri parenti nell’accampamento, a pagare eventuali danni…pena «l’allontanamento con tutta la famiglia dal campo». Un rigido regolamento coi fiocchi, scritto per convincere quegli operesi che si sono fatti convincere con ben altre parole ad appiccare le fiamme. Duro, ma garbato, il commento di don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana. «Sembra che i cittadini di Opera preferiscano l’abusivismo e l’illegalità al controllo delle forze dell’ordine e all’accompagnamento sociale che il campo garantirebbe». Ciò che sta accadendo, conclude, è frutto «della cattiva informazione e di una dimensione di paura e di egoismo della cittadinanza che dice non nel mio cortile». E in fondo Opera è solo il «cortile» più piccolo, basta leggersi l’unanime coro razzista che si leva sul forum del Corriere per capire quanto sarà difficile la missione di chi non si arrende all’intolleranza.