“Il brasiliano ucciso non fuggiva”. Un rapporto accusa Scotland Yard

Ricostruite le ultime ore di vita dell´elettricista scambiato per un attentatore. La stampa rivela: l´uomo non aveva un fare sospetto

Jean Charles sedeva tranquillamente nel vagone quando la polizia lo ha afferrato
Una catena di errori commessi dagli agenti confusi e disorganizzati

LONDRA – Erano bugie – una montagna di bugie consapevoli – quelle che Scotland Yard ha raccontato sulla morte di Jean Charles de Menezes, l´elettricista brasiliano accoppato con otto revolverate dagli agenti dell´unità speciale CO19, che l´avevano scambiato per uno degli attentatori del metrò. Bugie a caldo, subito dopo l´esecuzione del 22 luglio. E anche bugie a freddo, due giorni dopo, quando la polizia aveva espresso il suo «rincrescimento». A smascherare la disinformazione sistematica arriva adesso il primo rapporto dell´Ipcc (Independent Police Complaints Commission), l´organismo che indaga sulle denunce a carico di agenti in servizio. Il rapporto è stato svelato ieri dall´emittente Itv, e poi ripreso dai quotidiani.
Jean Charles de Menezes, al contrario di quanto Scotland Yard ha sostenuto, non aveva fatto niente, nemmeno senza volere, per insospettire i poliziotti che lo seguivano. Non era scappato, non era entrato di corsa nella stazione di Stockwell, non aveva con sé borse o zaini, non indossava alcun giaccone invernale, non c´erano fili che uscivano dalla sua camicia. E per di più, quando è stato ammazzato con otto colpi a distanza ravvicinata (7 alla testa, uno alla spalla), era già stato immobilizzato da uno dei suoi pedinatori (disarmato). Non ci sono commenti ufficiali a queste rivelazioni. Ma certamente Sir Ian Blair, il capo di Scotland Yard, deve qualche risposta all´opinione pubblica. Il ministro degli Interni Charles Clarke, in un´intervista concessa all´Evening Standard prima che il rapporto dell´Ipcc fosse divulgato, ha definito «altamente professionale» il comportamento degli agenti.
La ricostruzione dell´ultima mezz´ora di vita dell´elettricista brasiliano, il venerdì 22 luglio fra le 9,30 e le 10 del mattino, racconta un´operazione di polizia approssimativa, confusa, disorganizzata. I poliziotti sorvegliano una casa di Scotia Road, nel quartiere di Tulse Hill, dove pensano che abiti Hussein Osman, uno dei sospetti attentatori di Shepherd´s Bush. Hanno telecamere, e un ordine: «Nessuno che esca da quella casa deve essere lasciato andare, e deve essere intercettato prima possibile». Quando Jean Charles esce dal portone, però, l´ufficiale di polizia che manovra la telecamera s´è preso una pausa. Non può così registrare immagini da verificare con quelle prese il giorno prima dalla tv a circuito chiuso della stazione di Shepherd´s Bush.
Dopo l´esecuzione, la polizia dirà che il brasiliano si comportava «in maniera sospetta». Nemmeno per sogno: scende a piedi fino alla fermata del bus numero 2, e i suoi pedinatori (in borghese e disarmati) lo seguono. Uno degli agenti dice: «Non potevo identificarlo con sicurezza come Hussein Osman, ma aveva caratteristici occhi a mandorla». Il rapporto arriva via radio al Gold Command, la sezione che ha il compito di ordinare gli interventi dell´unità CO19, e la comandante Cressida Dick, una degli ufficiali donna con maggiore esperienza, ordina che il sospetto non entri assolutamente nella metropolitana.
Intanto Jean Charles arriva a Stockwell. Le telecamere a circuito chiuso lo inquadrano mentre, in tutta tranquillità, mostra la sua tessera, si ferma a prendere una copia di Metro, il quotidiano gratuito, e scende sulla banchina. La polizia dirà che non s´era fermato all´alt, che aveva saltato la barriera del controllo biglietti, che portava un giaccone invernale assai sospetto in luglio. Il ragazzo ha un normale giubbotto di jeans, aperto sulla camicia. Solo quando è sulla banchina si mette a correre per non perdere il treno, che sta partendo. Sale sul vagone, cerca con un´occhiata a destra e a sinistra un posto libero, si siede rivolto verso la banchina.
Negli stessi istanti gli uomini del CO19 arrivano di corsa (è un agente quello che un testimone vedrà saltare la barriera). Via radio hanno avuto conferma dell´identificazione. Uno dei suoi pedinatori, disarmato, sente arrivare di corsa i colleghi del CO19, che urlano «polizia!». Dice alla commissione di inchiesta: «L´uomo con la giacca di jeans s´è alzato. Io l´ho afferrato, spingendolo di nuovo sul sedile. In quel momento ho sentito dei colpi di pistola molto vicini al mio orecchio sinistro, e mi hanno buttato a terra». Gli agenti del CO19 sparano 11 colpi a bruciapelo, e tre finiscono a vuoto. Nei giorni successivi, anche quando ammetterà che Jean Charles era innocente, Scotland Yard continuerà a raccontare che non s´era fermato all´alt, che aveva saltato la barriera, che indossava un giaccone. Ora il giubbotto di jeans si vede nelle foto sui giornali, del ragazzo brasiliano steso nel suo sangue.