Il Brasile di fronte alla nuova “concezione strategica” della NATO

fonte: http://www.jornada.unam.mx/2010/12/03/index.php?section=opinion&article=027a2pol

Traduzione di l’Ernesto online

*Raúl Zibechi è giornalista e analista uruguayano. Il suo articolo è stato pubblicato in La Jornada, autorevole giornale della sinistra messicana.

Il recente vertice di Lisbona della NATO, celebrato il 19 e 20 novembre, stabilisce il riconoscimento del fatto che l’alleanza militare nata nel 1949 per la difesa dello spazio euro-atlantico si sia trasformata in una forza con vocazione all’intervento globale. I cittadini dei nostri paesi potranno fare affidamento sulla NATO per difendere nazioni alleate, mobilitare forze militari robuste dove e quando sia richiesto per la nostra sicurezza e per la promozione della sicurezza comune dei nostri alleati in tutto il globo, si può leggere nel documento di 11 pagine firmato dai capi di Stato.

In effetti, ci troviamo di fronte a una NATO che si globalizza, come segnala Pepe Escobar in una serie di articoli dedicati al tema (Asia Times, 18 e 20 novembre). Non si tratta solo di conservare per sempre l’arsenale nucleare, ma di trasformarsi in polizia del mondo, conformandosi al disegno militare del Pentagono di guerra infinita e guerra di spettro totale. La NATO già sta in Asia centrale e del sud, come pure nel nord est dell’Africa, interconnessa con l’Africom del Pentagono, evidenzia Escobar. Un piano a lungo termine, quattro decenni secondo il generale David Richards, capo della Difesa britannica, destinato secondo il giornalista ad assediare il cuore dell’Eurasia, ad isolare Russia, Iran e Cina. In sintesi una nuova guerra fredda contro i paesi che possono fare ombra alla superpotenza decadente.

In America Latina il Pentagono ha mosso le sue pedine negli ultimi anni: riattivazione della IV Flotta, dislocazione di nuove basi militari, occupazione militare di Haiti con la scusa del terremoto, colpo di Stato in Honduras, tra le più evidenti. L’ipotesi più accreditata negli ultimi anni è che nella regione si cerchi di assediare e isolare il Brasile, l’unico paese in condizione di far fronte alla nuova strategia imperiale. Ma questo paese è molto cosciente delle sfide che gli stanno di fronte, come è testimoniato dalla Strategia Nazionale di Difesa e, più recentemente, dalle posizioni che ha assunto di fronte alla nuova concezione strategica della NATO.

Il 10 settembre il ministro della Difesa, Nelson Jobim, che continuerà a ricoprire l’incarico nell’amministrazione di Dilma Rousseff, ha partecipato alla conferenza internazionale Il Futuro della Comunità Transatlantica, svoltasi a Lisbona. All’Istituto di Difesa Nazionale, Jobim ha manifestato la sua preoccupazione per il rischio che la NATO possa attuare incursioni armate nell’Atlantico del Sud, che ha definito come area geo-strategica di interesse vitale per il Brasile. Il ministro è stato chiaro nel segnalare che è necessario separare le questioni dell’Atlantico del Nord da quelle dell’Atlantico del Sud, che meritano risposte differenti, tanto o più efficaci e legittime quanto meno coinvolgano organizzazioni e stati estranei alla regione.

Jobim si è detto sicuro che la ragioni per cui venne creata la NATO non sussistono più, poiché è scomparsa la minaccia rappresentata dall’Unione Sovietica. Ha denunciato che la NATO si è trasformata in uno strumento per l’avanzata degli interessi del suo membro principale, gli Stati Uniti, e ha criticato frontalmente l’estrema dipendenza europea dalle capacità militari statunitensi in seno alla NATO, il che impedisce al vecchio continente di diventare attore geopolitico all’altezza del suo peso economico.

Il 3 novembre, all’apertura della settima Conferenza per una Sicurezza Internazionale Forte di Copacabana, a Rio de Janeiro, Jobim è tornato sullo stesso tema. Ha dato particolare rilievo al fatto che il Brasile e il Sud America non possono accettare che gli Stati Uniti e la NATO si arroghino il diritto di intervenire in qualsiasi parte del mondo e, in modo particolare, di tagliare la linea che separa l’Atlantico del Nord da quello del Sud. Ha respinto l’idea di sovranità condivisa che il Pentagono adotta nei confronti della regione: quale è la sovranità che gli Stati Uniti vogliono condividere, la loro o la nostra? E ha detto di più: non saremo alleati degli Stati Uniti per permettere loro di conservare il proprio ruolo nel mondo. E ha rifiutato anche di aprire colloqui sull’Atlantico del Sud con un paese che non riconosce neppure la sovranità marittima brasiliana nel raggio di 350 miglia, riconosciuta dalla Nazioni Unite. Lì si trovano i giacimenti di idrocarburi che sono definiti come l’Amazzonia azzurra dalla Strategia Nazionale di Difesa.

Senza la minima ironia, la pagina strategica brasiliana Defesanet ha rilevato che con questi argomenti Jobim ha lanciato l’idea del Mare Brasilis, con riferimento all’Atlantico del Sud, una zona del mondo che per i militari di questo paese è vitale perlomeno dai decenni del 1950 e 1960, quando il colonnello Golbery do Couto e Silva e la Scuola Superiore di Guerra avevano definito le priorità strategiche del paese. Non è un caso che Jobim sia il preferito dagli alti comandi militari per ricoprire un incarico dal quale ha dotato le forze armate di obiettivi strategici che si stanno realizzando.

Per completare il quadro si devono aggiungere due informazioni. Nell’ambito dell’alleanza strategica tra Cina e Brasile, dal 3 al 7 novembre una delegazione presieduta dal comandante della marina cinese ha visitato la flotta a Rio de Janeiro, con un interesse particolare a conoscere il programma militare e la portaerei Sao Paulo. Inoltre, le due marine hanno discusso argomenti strategici riservati e hanno elaborato una strategia di lavoro comune (Defesanet, 12 novembre). La seconda è l’informazione pubblicata il 21 novembre da O Estado de Sao Paulo. Il giorno dopo la conferenza di Lisbona, che assicura che la marina del Brasile ha un piano fino al 2047 (scadenza simile a quelle che compaiono nella concezione strategica della NATO) per dotarsi di una flotta di sei sottomarini nucleari (fino ad ora si parlava di uno) e 20 convenzionali.

A tutto ciò si deve aggiungere che il Brasile già domina tutto il ciclo della produzione nucleare. Insomma, un paese del Sud America che si sta dotando di un apparato di dissuasione di fronte alle minacce extra-regionali, come ha affermato Jobim, capace di affrontare ogni tipo di sfida, diplomatica e militare, convenzionale o no.