Cosa succederà il prossimo 8 novembre, quando all’Assemblea generale dell’Onu si tratterà di votare per la 14ma volta consecutiva il
progetto cubano di risoluzione contro il blocco economico nei
confronti di Cuba targato Stati Uniti? Questa la domanda muta che ha
aleggiato durante la conferenza stampa tenuta ieri a Roma da María
de los Ángeles Flórez Prida, ambasciatrice cubana in Italia, che ha
illustrato il progetto di risoluzione “Necessità di porre fine al
blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati
Uniti d’America contro Cuba”, che verrà presentato tra pochi giorni
alla 60ma Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Difficile fare previsioni. Nessuno può sapere con certezza come si
schiereranno i singoli Stati membri, a parte quei 179 che votarono a
favore nel 2004 facendo registrare una vittoria per Cuba in termini
di numeri: ogni anno infatti aumentano i paesi che condannano
il “bloqueo”. Si può quindi ben sperare sul fatto che il 2005 possa
veder e un ulteriore incremento di voti a favore della risoluzione
di Fidel Castro. Del resto, un buon punto di partenza in questo
senso viene dalla conclusione del 15mo Vertice iberico-americano,
svoltosi a Salamanca due settimane fa, che passerà alla storia come
quello che ha condannato all’unanimità il blocco economico contro
Cuba, producendo un documento specifico in cui si parla per la prima
volta di “blocco” anziché di “embargo”, riconoscendo così
l’extraterritorialità del provvedimento americano. Dunque, un altro
punto a segno per Cuba che può contare sull’appoggio dei 22 paesi
latinoamericani che hanno partecipato al Vertice, compresa la
Colombia, storica alleata di Washington (in quel Vertice gli stessi
paesi hanno chiesto a Washington di non concedere asilo politico a
Luis Posada Carriles, un cittadino di nazionalità cubana accusato di
essere il mandante di alcuni attentati contro Cuba, anche di uno
compiuto a L’Avana nel 1997 nel quale perse la vita il giovane
italiano Fabio Di Celmo).
Cuba si dichiara ottimista circa l’appoggio della comunità
internazionale. L’ambasciatrice Flórez Prida, nella sua conferenza
stampa, ha sottolineato che L’Avana chiede “a tutti i governi
impegnati nella difesa del diritto internazionale, della verità e
della giustizia, di votare a favore del progetto di risoluzione che
esige la fine del blocco”. E nel farlo ha ricordato le condizioni di
grave disagio in cui versa l’isola caraibica da quando quel
provvedimento unilaterale è entrato in vigore (1962).
“Il blocco economico contro L’Avana – ha aggiunto la rappresentante
di Cuba in Italia – è il più crudele e il più lungo in termini di
durata mai conosciuto dalla storia dell’umanità. E’ un atto di
guerra economica, oltre che una componente fondamentale della
politica di terrorismo di Stato che viene qualificata come ‘atto di
genocidio’ dalla Convenzione di Ginevra per la Prevenzione e la
Sanzione del delitto di Genocidio del 1948″.
Poiché purtroppo il pronunciamento delle Nazioni Unite sul blocco
non ha effetti pratici ma di “orientamento”, Cuba spera nella
vittoria morale che da esso può discendere per inaugurare un nuovo
periodo di sensibilizzazione internazionale sui propri problemi.
Resta da vedere cosa accadrà in corso d’opera. Per ora l’unica cosa
certa è il voto contrario alla risoluzione di Stati Uniti e Israele.
L’altra cosa certa è che il presidente Bush farà tutto il possibile,
fino all’ultimo giorno utile, per dissuadere i paesi meno convinti
dall’apporre la firma di condanna alla risoluzione che verrà
presentata al Palazzo di Vetro.
Come andò a finire nel 2004? A favore di Cuba votarono per l’appunto
179 paesi (tra cui quelli dell’Unione europea, Italia compresa).
Insieme agli Stati uniti rimasero solo Israele, Isole Marshall e
Repubblica di Palau.